Ai domiciliari l'oncologo Rizzi. «900 euro per ogni iniezione farmaco»
Emergono nuovi particolari sul caso del medico di Bitonto arrestato dai Carabinieri per concussione
domenica 30 maggio 2021
20.44
Emergono nuovi particolari sul caso di Giuseppe Rizzi, l'oncologo di Bitonto già in servizio nell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari arrestato dai Carabinieri di Bari per il reato di concussione aggravata e continuata, in concorso con la compagna Maria Antonietta Sancipriani, avvocato, anche lei indagata a piede libero.
Nei confronti del medico, che si trova ai domiciliari, i militari hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo per equivalente del valore di 136mila euro. In sede di perquisizione, nella sua abitazione, i Carabinieri hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole. I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L'indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, dopo la morte.
Rizzi è stato licenziato circa due mesi fa dall'Oncologico di Bari, che lo ha denunciato dopo la segnalazione del figlio di Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di banca di Foggia morto per cancro nel febbraio 2020. È emerso che il medico si sarebbe fatto pagare fino a 2.500 euro per ogni somministrazione di un farmaco che è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e che il medico di Bitonto, oncologo noto in città, ritirava gratuitamente dalla farmacia ospedaliera a nome del paziente.
Dal 22 dicembre 2018 al 15 giugno 2019 sarebbero state consegnate a Rizzi 54 mazzette per complessivi 127.600 euro, corrispondenti a 103 somministrazioni di un farmaco che il medico definiva "miracoloso": 900 euro ad iniezione più il compenso per il professionista da 400 a 700 euro a visita. Le consegne del denaro avvenivano quasi sempre nella stanza del medico, presso l'ospedale a Bari, con la porta chiusa a chiave e le tapparelle abbassate per evitare sguardi indiscreti.
Quando - secondo la denuncia della famiglia del malato, che ha anche fornito registrazioni dei colloqui con l'oncologo - dopo avergli dato quasi 130.000 euro, l'uomo ha finito i soldi, Rizzi gli avrebbe chiesto in cambio lavori edili in casa. Dopo la prima denuncia sono emersi anche altri episodi analoghi che hanno portato l'ospedale a decidere il licenziamento del medico già nei mesi scorsi: Rizzi si è difeso spiegando che soldi e lavori in casa erano "liberalità" da parte dei pazienti.
Il medico Rizzi, arrestato per concussione per aver preteso denaro, regali ed altre utilità da un suo paziente oncologico in cambio di cure salvavita gratuite, «non provava alcun tipo di pietà nel chiedere ad un malato terminale di effettuare personalmente sforzi fisici per soddisfare le sue richieste».
Nelle circa cento pagine di ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari Giovanni Anglana, c'è il racconto dei lavori di ristrutturazione pretesi dal medico nella sua villa di Palese, per compensare i mancati pagamenti da parte di un paziente, ormai sul lastrico dopo avergli già consegnato quasi 130mila euro. A quei lavori il malato partecipava attivamente, aiutato da amici artigiani che «lavoravano gratis per senso di solidarietà», nella convinzione che quel medico stesse salvando la vita al loro amico.
«Il povero Ottavio - ha raccontato un operaio agli inquirenti - , che fisicamente era davvero molto deperito, ad un certo punto prese un martello e iniziò a demolire con fatica le piastrelle da un muro. Resomi subito conto della sofferenza fisica, lo fermai, gli dissi di sedersi e riposarsi al fresco».
E quando il medico non era soddisfatto di come procedevano i lavori, diceva alle maestranze che «dovevano essere fatti a regola d'arte, altrimenti l'amico sarebbe morto». «I lavori devono essere fatti bene - ha detto un altro operaio riferendo le parole del professionista - perché io ho dato e sto dando tanto a Ottavio, sennò da mò che se ne sarebbe andato».
Nei confronti del medico, che si trova ai domiciliari, i militari hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo per equivalente del valore di 136mila euro. In sede di perquisizione, nella sua abitazione, i Carabinieri hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole. I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L'indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, dopo la morte.
Rizzi è stato licenziato circa due mesi fa dall'Oncologico di Bari, che lo ha denunciato dopo la segnalazione del figlio di Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di banca di Foggia morto per cancro nel febbraio 2020. È emerso che il medico si sarebbe fatto pagare fino a 2.500 euro per ogni somministrazione di un farmaco che è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e che il medico di Bitonto, oncologo noto in città, ritirava gratuitamente dalla farmacia ospedaliera a nome del paziente.
Dal 22 dicembre 2018 al 15 giugno 2019 sarebbero state consegnate a Rizzi 54 mazzette per complessivi 127.600 euro, corrispondenti a 103 somministrazioni di un farmaco che il medico definiva "miracoloso": 900 euro ad iniezione più il compenso per il professionista da 400 a 700 euro a visita. Le consegne del denaro avvenivano quasi sempre nella stanza del medico, presso l'ospedale a Bari, con la porta chiusa a chiave e le tapparelle abbassate per evitare sguardi indiscreti.
Quando - secondo la denuncia della famiglia del malato, che ha anche fornito registrazioni dei colloqui con l'oncologo - dopo avergli dato quasi 130.000 euro, l'uomo ha finito i soldi, Rizzi gli avrebbe chiesto in cambio lavori edili in casa. Dopo la prima denuncia sono emersi anche altri episodi analoghi che hanno portato l'ospedale a decidere il licenziamento del medico già nei mesi scorsi: Rizzi si è difeso spiegando che soldi e lavori in casa erano "liberalità" da parte dei pazienti.
Il medico Rizzi, arrestato per concussione per aver preteso denaro, regali ed altre utilità da un suo paziente oncologico in cambio di cure salvavita gratuite, «non provava alcun tipo di pietà nel chiedere ad un malato terminale di effettuare personalmente sforzi fisici per soddisfare le sue richieste».
Nelle circa cento pagine di ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari Giovanni Anglana, c'è il racconto dei lavori di ristrutturazione pretesi dal medico nella sua villa di Palese, per compensare i mancati pagamenti da parte di un paziente, ormai sul lastrico dopo avergli già consegnato quasi 130mila euro. A quei lavori il malato partecipava attivamente, aiutato da amici artigiani che «lavoravano gratis per senso di solidarietà», nella convinzione che quel medico stesse salvando la vita al loro amico.
«Il povero Ottavio - ha raccontato un operaio agli inquirenti - , che fisicamente era davvero molto deperito, ad un certo punto prese un martello e iniziò a demolire con fatica le piastrelle da un muro. Resomi subito conto della sofferenza fisica, lo fermai, gli dissi di sedersi e riposarsi al fresco».
E quando il medico non era soddisfatto di come procedevano i lavori, diceva alle maestranze che «dovevano essere fatti a regola d'arte, altrimenti l'amico sarebbe morto». «I lavori devono essere fatti bene - ha detto un altro operaio riferendo le parole del professionista - perché io ho dato e sto dando tanto a Ottavio, sennò da mò che se ne sarebbe andato».