«Aveva già sparato per uccidere Conte»: i dettagli choc sull'arma di Noicattaro
Un 39enne e un 29enne, nel 2022, hanno sparato con un revolver usato nel 2003 per tentare di ammazzare il boss del rione 167
mercoledì 22 maggio 2024
20.45
La pistola che due persone hanno utilizzato a Noicattaro contro la casa di una 14enne per vendicare un presunto tradimento, aveva già sparato ventuno anni fa a Bitonto, in un agguato in cui rimase ferito Domenico Conte. Sullo sfondo, tensioni sentimentali che hanno poi assunto la deriva della vendetta a suon di piombo.
Due i colpi esplosi l'11 settembre 2022 contro l'abitazione di una 14enne, in via Arco delle Monache, di cui era innamorata la figlia di uno dei due arrestati, di 39 e di 29 anni: i Carabinieri non trovarono alcun bossolo, a dimostrazione «che la pistola che ha sparato è una a tamburo». E difatti «la relazione ha evidenziato che i proiettili appartenevano ad una cartuccia per arma da fuoco in calibro 38 speciali-357 magnum ed erano stati esplosi da un'arma del tipo a rotazione revolver».
Un'arma «già in passato utilizzata in un precedente episodio criminoso» verificatosi a Bitonto il 23 febbraio di ventuno anni fa: il ferimento di Conte, a quel tempo in lotta con i Valentini-Semiraro. In quel preciso anno, il 2003, contro il boss, furono numerosi gli agguati che lo videro coinvolto, restandone più o meno sempre indenne. Cercarono di farlo fuori Giuseppe Leccese e Michele Pazienza. Avere mancato l'obiettivo prefissato li condannò per sempre. Li attese la lupara bianca.
Insomma, infuriava la guerra tra i clan, mentre gli inquirenti fronteggiarono con difficoltà questo fenomeno gravissimo, perché riscontrarono un clima di omertà e di scarsa collaborazione dei familiari, i quali nutrirono fondati sospetti su cosa possa essere successo, ma nulla spifferarono, confidando in una riapparizione.
Due i colpi esplosi l'11 settembre 2022 contro l'abitazione di una 14enne, in via Arco delle Monache, di cui era innamorata la figlia di uno dei due arrestati, di 39 e di 29 anni: i Carabinieri non trovarono alcun bossolo, a dimostrazione «che la pistola che ha sparato è una a tamburo». E difatti «la relazione ha evidenziato che i proiettili appartenevano ad una cartuccia per arma da fuoco in calibro 38 speciali-357 magnum ed erano stati esplosi da un'arma del tipo a rotazione revolver».
Un'arma «già in passato utilizzata in un precedente episodio criminoso» verificatosi a Bitonto il 23 febbraio di ventuno anni fa: il ferimento di Conte, a quel tempo in lotta con i Valentini-Semiraro. In quel preciso anno, il 2003, contro il boss, furono numerosi gli agguati che lo videro coinvolto, restandone più o meno sempre indenne. Cercarono di farlo fuori Giuseppe Leccese e Michele Pazienza. Avere mancato l'obiettivo prefissato li condannò per sempre. Li attese la lupara bianca.
Insomma, infuriava la guerra tra i clan, mentre gli inquirenti fronteggiarono con difficoltà questo fenomeno gravissimo, perché riscontrarono un clima di omertà e di scarsa collaborazione dei familiari, i quali nutrirono fondati sospetti su cosa possa essere successo, ma nulla spifferarono, confidando in una riapparizione.