Bandi regionali per l'agricoltura fermi, Forza Italia: «Disastro continuo»
Damascelli: «Il sistema ha creato solo ingiustizia e disparità»
venerdì 23 marzo 2018
10.32
«Fino a poche settimane fa, dalla Giunta regionale definivano i nostri appelli e le nostre denunce come faziose e strumentali. Oggi, dopo mesi di distrazione colpevole perché li abbiamo quotidianamente avvisati, mettono il piede sull'acceleratore del Piano di Sviluppo Rurale, ma non si rendono conto di essere fuori tempo massimo». È il presidente del Gruppo consiliare di Forza Italia, Nino Marmo, a formulare nuove accuse sullo stallo del Piano di Sviluppo Rurale, il programma di finanziamenti europei che dovrebbero servire a rilanciare l'agricoltura pugliese, ma che resta in realtà fermo nei cassetti della Regione.
Secondo Marmo, al di là degli «annunci mediatici» di Emiliano, «il dato vero è che i bandi sono fermi e non si erogano i fondi, che la macchina amministrativa è inefficiente con i dipendenti abbandonati a se stessi».
«Il mondo agricolo – rincara il vicepresidente della IV Commissione, Domenico Damascelli - è ostaggio del blocco del Psr: i richiedenti sono vittime di algoritmi di un sistema informatico che ha creato solo ingiustizie e disparità. Un danno che si esplica con una mancata opportunità di sviluppo, non erogando le somme, e addirittura con il rischio di mettere in ginocchio il sistema economico sia delle aziende agricole sia delle imprese dell'indotto. Con tanto di ricorsi al Tar, cosa mai accaduta per il Psr, a causa di criteri 'scriteriati'. Infatti, commercianti e fabbriche che hanno acquistato e prodotto macchinari ed attrezzature hanno un notevole invenduto e lottano contro il fallimento».
«Oggi Emiliano chiede scusa e Di Gioia mette pezze a colori. Nel frattempo – conclude Damascelli - abbiamo solo perso tempo prezioso per una Regione a trazione fortemente agricola».
«Il caso clamoroso del Piano di Sviluppo Rurale – ha detto invece la consigliera Francesca Franzoso - è l'esempio tangibile dell'incapacità di governo della Giunta Emiliano, alacremente impegnata a non valorizzare le occasioni per promuovere e sostenere la nostra agricoltura. Una inettitudine, quella del governatore e della sua squadra, che uno dei settori primari dell'economia pugliese davvero non merita».
«Ci sono poche, pochissime 'maschere dell'ossigeno' per l'agricoltura pugliese - ha aggiunto il vicepresidente del Consiglio regionale, Giandiego Gatta - già schiacciata e duramente provata non solo dal fenomeno delle contraffazioni, ma anche dalla concorrenza straniera di grandi imprese che operano in regimi molto più leggeri di quelli su cui insistono oneri e restrizioni come quello dell'Unione Europea».
«La tanto declamata riorganizzazione dei settori della Regione con il Modello MAIA – ha detto Marmo - ha di fatto bloccato tutto come accadde con il modello GAIA nei primi anni d'implementazione. Oggi l'assessorato all'Agricoltura è sguarnito di tecnici, dirigenti e funzionari e chi lì vi lavora vive in una grave situazione di disagio».
«Le risorse finanziarie indicativamente appostate su ogni misura – ha spiegato il forzista - e poi sui relativi bandi non sono ancora "impegnati" e quindi non sono giuridicamente vincolanti. Nel senso che se su un bando possono essere appostati per esempio 100 milioni di euro utili a finanziare duecento aziende su trecento che hanno fatto domanda, non vi è l'impegno giuridicamente vincolante per tutte fino a quando non è redatta la graduatoria "DEFINITIVA" con l'individuazione dei beneficiari finanziati e la conseguente comunicazione del finanziamento che dà il via agli investimenti. Le graduatorie, quindi, sebbene approntate, non hanno ancora determinato l'impegno giuridico in capo alla Regione e in favore dei richiedenti, per cui le somme sono ancora rimodulabili».
«Di quanto è possibile rimodulare? - si chiede Marmo - Non certo di quanto chiedono talune organizzazioni agricole, cioè tanto quanto basta per soddisfare tutte le richieste per il Primo Insediamento dei giovani in agricoltura e le domande per il biologico. Non è praticabile! Per il semplice motivo che non siamo innanzi a un Programma di Sviluppo dell'Agricoltura o di un settore in particolare; siamo invece alla presenza del PSR, in altre parole un Programma di Sviluppo Rurale, che è calibrato in modo equilibrato su varie misure (investimenti innovativi in macchine e tecnologia, giovani imprenditori, biologico, misure agroambientali ecc). Pertanto l'eventuale rimodulazione deve essere altrettanto "equilibrata", essendo impossibile caricare tutto su talune misure a discapito di altre».
«Si rivendicano allora nuovi stanziamenti dal bilancio regionale – prosegue il consigliere di Forza Italia - A favore di chi? E per fare che cosa? Ammesso, e non concesso, che ci siano disponibilità finanziarie autonome della Regione, non è possibile erogare direttamente tali fondi perché incorreremmo nei cosiddetti "aiuti di stato", che sono vietati, se non prima notificati tramite il Mipaaf ed eventualmente autorizzati da Bruxelles, dopo che le competenti DG dell'UE abbiano verificato la straordinarietà della situazione. Ma certamente non è questo il nostro caso».
«L'unica possibilità – conclude Marmo - è data da una rapidissima "rimodulazione" tra le misure, compiuta con il Comitato di Sorveglianza e con il consenso del Partenariato. Fermo restando che alla fine l'ultima parola spetta sempre a Bruxelles, questa è la procedura. Grave, invece, è attribuire al Consiglio Regionale la competenza e la responsabilità della "riprogrammazione": significa buttarla in politica e far credere che tutti sono colpevoli, cercando di attenuare le responsabilità che ricadono interamente sul governo regionale».
Secondo Marmo, al di là degli «annunci mediatici» di Emiliano, «il dato vero è che i bandi sono fermi e non si erogano i fondi, che la macchina amministrativa è inefficiente con i dipendenti abbandonati a se stessi».
«Il mondo agricolo – rincara il vicepresidente della IV Commissione, Domenico Damascelli - è ostaggio del blocco del Psr: i richiedenti sono vittime di algoritmi di un sistema informatico che ha creato solo ingiustizie e disparità. Un danno che si esplica con una mancata opportunità di sviluppo, non erogando le somme, e addirittura con il rischio di mettere in ginocchio il sistema economico sia delle aziende agricole sia delle imprese dell'indotto. Con tanto di ricorsi al Tar, cosa mai accaduta per il Psr, a causa di criteri 'scriteriati'. Infatti, commercianti e fabbriche che hanno acquistato e prodotto macchinari ed attrezzature hanno un notevole invenduto e lottano contro il fallimento».
«Oggi Emiliano chiede scusa e Di Gioia mette pezze a colori. Nel frattempo – conclude Damascelli - abbiamo solo perso tempo prezioso per una Regione a trazione fortemente agricola».
«Il caso clamoroso del Piano di Sviluppo Rurale – ha detto invece la consigliera Francesca Franzoso - è l'esempio tangibile dell'incapacità di governo della Giunta Emiliano, alacremente impegnata a non valorizzare le occasioni per promuovere e sostenere la nostra agricoltura. Una inettitudine, quella del governatore e della sua squadra, che uno dei settori primari dell'economia pugliese davvero non merita».
«Ci sono poche, pochissime 'maschere dell'ossigeno' per l'agricoltura pugliese - ha aggiunto il vicepresidente del Consiglio regionale, Giandiego Gatta - già schiacciata e duramente provata non solo dal fenomeno delle contraffazioni, ma anche dalla concorrenza straniera di grandi imprese che operano in regimi molto più leggeri di quelli su cui insistono oneri e restrizioni come quello dell'Unione Europea».
«La tanto declamata riorganizzazione dei settori della Regione con il Modello MAIA – ha detto Marmo - ha di fatto bloccato tutto come accadde con il modello GAIA nei primi anni d'implementazione. Oggi l'assessorato all'Agricoltura è sguarnito di tecnici, dirigenti e funzionari e chi lì vi lavora vive in una grave situazione di disagio».
«Le risorse finanziarie indicativamente appostate su ogni misura – ha spiegato il forzista - e poi sui relativi bandi non sono ancora "impegnati" e quindi non sono giuridicamente vincolanti. Nel senso che se su un bando possono essere appostati per esempio 100 milioni di euro utili a finanziare duecento aziende su trecento che hanno fatto domanda, non vi è l'impegno giuridicamente vincolante per tutte fino a quando non è redatta la graduatoria "DEFINITIVA" con l'individuazione dei beneficiari finanziati e la conseguente comunicazione del finanziamento che dà il via agli investimenti. Le graduatorie, quindi, sebbene approntate, non hanno ancora determinato l'impegno giuridico in capo alla Regione e in favore dei richiedenti, per cui le somme sono ancora rimodulabili».
«Di quanto è possibile rimodulare? - si chiede Marmo - Non certo di quanto chiedono talune organizzazioni agricole, cioè tanto quanto basta per soddisfare tutte le richieste per il Primo Insediamento dei giovani in agricoltura e le domande per il biologico. Non è praticabile! Per il semplice motivo che non siamo innanzi a un Programma di Sviluppo dell'Agricoltura o di un settore in particolare; siamo invece alla presenza del PSR, in altre parole un Programma di Sviluppo Rurale, che è calibrato in modo equilibrato su varie misure (investimenti innovativi in macchine e tecnologia, giovani imprenditori, biologico, misure agroambientali ecc). Pertanto l'eventuale rimodulazione deve essere altrettanto "equilibrata", essendo impossibile caricare tutto su talune misure a discapito di altre».
«Si rivendicano allora nuovi stanziamenti dal bilancio regionale – prosegue il consigliere di Forza Italia - A favore di chi? E per fare che cosa? Ammesso, e non concesso, che ci siano disponibilità finanziarie autonome della Regione, non è possibile erogare direttamente tali fondi perché incorreremmo nei cosiddetti "aiuti di stato", che sono vietati, se non prima notificati tramite il Mipaaf ed eventualmente autorizzati da Bruxelles, dopo che le competenti DG dell'UE abbiano verificato la straordinarietà della situazione. Ma certamente non è questo il nostro caso».
«L'unica possibilità – conclude Marmo - è data da una rapidissima "rimodulazione" tra le misure, compiuta con il Comitato di Sorveglianza e con il consenso del Partenariato. Fermo restando che alla fine l'ultima parola spetta sempre a Bruxelles, questa è la procedura. Grave, invece, è attribuire al Consiglio Regionale la competenza e la responsabilità della "riprogrammazione": significa buttarla in politica e far credere che tutti sono colpevoli, cercando di attenuare le responsabilità che ricadono interamente sul governo regionale».