Chiusura Lilò. Il prefetto di Bari, Bellomo: «Non accetto che si parli di resa»
«Gli autori dell'episodio del 13 agosto sono stati individuati», ha annunciato. Intanto sono aumentati i controlli
giovedì 8 settembre 2022
12.58
«Io comprendo il disagio, le difficoltà e la delusione ma voglio far presente che la risposta dello Stato c'è stata. Non accetto che si parli di una resa perché semplicemente non è vero».
È il commento, rilasciato al Corriere del Mezzogiorno, dal prefetto di Bari, Antonella Bellomo, in merito alla decisione di Cosimo e Nunzia di chiudere Lilò. I titolari della norcineria in piazza Cattedrale avrebbero maturato questa scelta settimane dopo la rissa del 13 agosto, che li ha visti coinvolti. Dopo le manifestazioni di solidarietà e gli incoraggiamenti, a loro dire, tutto sarebbe tornato come prima: i ragazzini che li avrebbero picchiati sono tornati in piazza ad intimidirli e nessun aiuto sarebbe arrivato dalle forze dell'ordine.
Falso però per il prefetto. «Hanno preso una decisione che potrebbe avere altre motivazioni. Per quell'episodio sono state fatte le indagini e la magistratura sta procedendo nei confronti di una decina di ragazzi tra maggiorenni e minorenni. I controlli sul territorio sono aumentati e ci sono stati anche tanti sequestri di mezzi elettrici. È stata dedicata tanta attenzione».
«È chiaro - ha continuato Bellomo - che il momento è difficile, ma la risposta dello Stato con le forze di polizia e la magistratura c'è stata perché gli autori di quell'episodio sono stati individuati. Se ci si scoraggia, lo capisco, ma di qui a dire che lo Stato si è arreso difronte all'intemperanza di dieci ragazzi non mi pare sia vero».
«Tra l'altro - ha detto ancora - è stato lo stesso imprenditore che sin da subito ha avuto fiducia nelle forze di polizia. È chiaro che chi subisce ha una visione diversa delle cose, ma i cittadini possono confermare che in queste ultime settimane i servizi delle forze di polizia ci sono stati e torno a ripetere che la magistratura sta procedendo».
«È chiaro - è la chiosa del prefetto Bellomo - che se ci sono alla base altri motivi di disagio e l'imprenditore è particolarmente deluso dal punto di vista umano lo comprendo, ma di qui a farne un fatto sintomatico della città e del territorio non penso sia corretto».
È il commento, rilasciato al Corriere del Mezzogiorno, dal prefetto di Bari, Antonella Bellomo, in merito alla decisione di Cosimo e Nunzia di chiudere Lilò. I titolari della norcineria in piazza Cattedrale avrebbero maturato questa scelta settimane dopo la rissa del 13 agosto, che li ha visti coinvolti. Dopo le manifestazioni di solidarietà e gli incoraggiamenti, a loro dire, tutto sarebbe tornato come prima: i ragazzini che li avrebbero picchiati sono tornati in piazza ad intimidirli e nessun aiuto sarebbe arrivato dalle forze dell'ordine.
Falso però per il prefetto. «Hanno preso una decisione che potrebbe avere altre motivazioni. Per quell'episodio sono state fatte le indagini e la magistratura sta procedendo nei confronti di una decina di ragazzi tra maggiorenni e minorenni. I controlli sul territorio sono aumentati e ci sono stati anche tanti sequestri di mezzi elettrici. È stata dedicata tanta attenzione».
«È chiaro - ha continuato Bellomo - che il momento è difficile, ma la risposta dello Stato con le forze di polizia e la magistratura c'è stata perché gli autori di quell'episodio sono stati individuati. Se ci si scoraggia, lo capisco, ma di qui a dire che lo Stato si è arreso difronte all'intemperanza di dieci ragazzi non mi pare sia vero».
«Tra l'altro - ha detto ancora - è stato lo stesso imprenditore che sin da subito ha avuto fiducia nelle forze di polizia. È chiaro che chi subisce ha una visione diversa delle cose, ma i cittadini possono confermare che in queste ultime settimane i servizi delle forze di polizia ci sono stati e torno a ripetere che la magistratura sta procedendo».
«È chiaro - è la chiosa del prefetto Bellomo - che se ci sono alla base altri motivi di disagio e l'imprenditore è particolarmente deluso dal punto di vista umano lo comprendo, ma di qui a farne un fatto sintomatico della città e del territorio non penso sia corretto».