Cibo col veleno ai randagi di Bitonto

A trovarlo una volontaria in perlustrazione nella zona artigianale

domenica 31 gennaio 2021 10.12
Un chiaro tentativo di sbarazzarsi di animali randagi ritenuti molesti, come se non fossero vere vite da rispettare e salvaguardare. È quanto accaduto nei giorni scorsi nella zona artigianale di Bitonto, nei pressi del maneggio, dove mani ignote hanno avvelenato il cibo a disposizione dei cani che circolano liberi e mansueti in quella zona con delle esche topicide. Non è ancora chiaro se qualcuno degli animali lo abbia ingerito, anche se, al momento, all'appello non ci sarebbero tutti. Forse anche per il passaggio, fra loro, di un grosso esemplare, non si sa ancora se randagio o di proprietà, che ha aggredito gli altri randagi amati e conosciuti da tutti nella zona, presenti da anni. Il bilancio è pesante: due di loro - Miele e Aria come venivano chiamati dai volontari che se ne occupavano - trovati agonizzanti, sono morti a causa delle conseguenze delle ferite, nonostante i tentativi disperati di salvarli di chi li aveva trovati. Un terzo randagio, Foxy, al momento è "disperso": la speranza è che si sia solo spaventato allontanandosi da una zona ritenuta a rischio, piuttosto che impossibilitato a ritornare perchè ferito o sfibrato dall'avvelenamento. Fortunatamente gli altri esemplari che fanno parte dello stesso gruppo sembrano godere di buona salute: quasi certamente hanno fiutato il pericolo e sono riusciti a tenersi al sicuro
Miele e Aria

«Lasciate in pace i cani!», è il grido di dolore che si leva dalle associazioni ambientaliste, che hanno parlato di «avvenimento increscioso», chiedendo l'intervento del sindaco di Bitono, Michele Abbaticchio.

«L'uccisione di animali domestici e non – minacciano i volontari - è un reato e l'autore di questi gesti, se individuato, subisce una condanna. Il codice penale (art. 544-bis) punisce infatti l'uccisione di animali "per crudeltà o senza necessità" e spargere polpette avvelenate allo scopo di uccidere animali rientra perfettamente tra le fattispecie penalmente rilevanti. Anche se l'animale si salva, a causa delle forti sofferenze inflitte dal veleno si configura comunque il reato di maltrattamento (art. 544-ter), punibile con la pena della reclusione».