Colpo al clan Conte di Bitonto: 1,5 milioni. È il sequestro più ingente

Erano in un'abitazione di via Aspromonte, «frutto delle attività illecite del clan» egemone nella zona 167

martedì 8 marzo 2022 18.50
A cura di Nicola Miccione
È il sequestro di denaro contante più ingente nella storia della città di Bitonto durante la quotidiana attività di contrasto alla criminalità organizzata: quasi 1,5 milioni di euro celati all'interno di 14 pacchi sigillati e nascosti in un armadio nell'abitazione di un 40enne del posto, marito della cugina della moglie del boss Domenico Conte, «capo indiscusso della contestata associazione a delinquere» che ha eletto la zona 167, e in particolare via Pertini, il suo quartier generale.

A scovare la montagna di denaro, nella mattinata di sabato, sono stati i poliziotti della Squadra Mobile di Bari, coadiuvati da personale del Servizio di Polizia Scientifica di Roma, che permettono la scansione e la ricerca di eventuali vani occultati all'interno delle mura: coordinati dalla Procura della Repubblica di Bari, gli investigatori, diretti sul campo dal primo dirigente Filippo Portoghese, hanno eseguito una serie di perquisizioni domiciliari finalizzate alla ricerca di armi, droga e denaro, provento di attività illecite riconducibili al clan Conte, da sempre in guerra con i Cipriano, attivi nel centro storico.

E proprio nell'abitazione dell'uomo, uno stabile di via Aspromonte, gli inquirenti vi sono andati probabilmente a colpo sicuro dopo una serie di accertamenti. E l'hanno fatto con una perquisizione minuziosa. Così, occultati all'interno di un doppio fondo di un armadio, erano nascosti i soldi: esattamente 1.465.500 euro in contanti in banconote di tutti i tagli, dai 50 sino ai 500 euro. Il 40enne custode delle finanze, muratore di professione, non è stato in grado di giustificare il possesso del denaro e, per questo motivo, è stato denunciato in stato di libertà per il reato di favoreggiamento reale.

L'ingente somma di denaro, invece, considerata presumibilmente «frutto delle attività illecite del clan» Conte che «permetteva un indotto d'affari d'indubbio rilievo - dicono gli investigatori in una nota - consentendo, attraverso gli stipendi il mantenimento degli affiliati», è stata sottoposta ad un sequestro preventivo d'urgenza, eseguito ancora nella fase delle indagini preliminari e che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa.

Soltanto pochi giorni fa, all'alba del 21 febbraio scorso, 43 presunti affiliati al clan Conte, compreso il boss, in carcere dal 2018, sono stati arrestati dalla Polizia di Stato nell'ambito della maxi operazione Market Drugs perché ritenuti promotori e partecipi dell'organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso.

Un collaboratore di giustizia, Vito Antonio Tarullo, non ha esitato un attimo a definirla «un'azienda, una ditta». Dai gravi indizi raccolti è emerso che, grazie ad una accorta strategia commerciale - che prevedeva, rispetto alla concorrenza, migliore qualità e quantità - il clan, che controllava due piazze di spaccio, sarebbe riuscito a smerciare, mensilmente, circa 40 chilogrammi di sostanze stupefacenti tra cocaina, hashish e marijuana, ma anche amnesia («un'erba che ti fulmina il cervello», secondo lo stesso pentito).

Il provento di tutta l'attività illecita gestita da Conte, sempre secondo quanto dichiarato da Tarullo, era abbastanza cospicuo: «Conte prende dai 20 ai 30mila euro al giorno!».

Secondo la Polizia di Stato «l'odierno sequestro - si legge in una nota diramata dalla Questura del capoluogo - che colpisce il presumibile frutto di attività illecita si colloca nel contrasto ai capitali illeciti, promosso dalle istituzioni statali, volto a sottrarre linfa economica alle organizzazioni criminali operanti sul territorio».