Conte in fuga, le forze dell'ordine: «Attenzione, è pericoloso»
Il boss è munito di passaporto ma, per gli investigatori, il 48enne non sarebbe lontano
giovedì 26 aprile 2018
0.13
È riuscito a fuggire prima che arrivassero gli uomini della Polizia di Stato ed i Carabinieri i quali avrebbero dovuto notificargli l'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari Giovanni Anglana. E dal 20 aprile scorso, quindi, è caccia al boss.
Domenico Conte, 48 anni, a capo dell'omonimo clan attivo nella zona 167, è accusato dell'omicidio dell'84enne Anna Rosa Tarantino, la passante rimasta uccisa il 30 dicembre dello scorso anno durante un regolamento di conti nella città vecchia, e del tentato omicidio di Giuseppe Casadibari, 20enne affiliato al clan rivale dei Cipriano, egemone nel centro storico, che sarebbe stato il vero obiettivo dell'agguato, con l'aggravante del metodo mafioso.
Queste le accuse contestate a «Mimm u' negr», arrestato nel 2004, nel corso dell'operazione "Harvest", e da allora, dopo un periodo di detenzione, tornato libero nel 2007, forte di una sentenza di assoluzione per associazione mafiosa, e ad uno dei suoi sodali, il 27enne bitontino Alessandro D'Elia, ritenuto dagli inquirenti il messaggero dell'ordine dato dal boss di «sparare a chiunque fosse capitato a tiro» del gruppo dei Cipriano.
Secondo i pm Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, sulla base soprattutto delle dichiarazioni dei due presunti esecutori materiali dell'omicidio, Rocco Papaleo e Michele Sabba, da alcune settimane collaboratori di giustizia, Conte (sfuggito alla cattura e attualmente ricercato) sarebbe stato il mandante del delitto e D'Elia il messaggero dell'ordine. Ricostruzione che il 27enne ha negato.
Stando all'imputazione formulata dai pm baresi, i due presunti killer Sabba e Papaleo avrebbero agito «su espresso mandato di Conte e avvisati da d'Elia, il quale aveva riferito che il boss aveva ordinato, per reagire alla sparatoria subita qualche minuto prima, di sparare a chiunque avessero incontrato dei Cipriano», in una faida cominciata per i furti di ferro e poi proseguita con i contrasti per la gestione delle piazze di spaccio.
E se D'Elia è stato arrestato il 20 aprile, quando è scattato il blitz congiunto di Polizia di Stato e Carabinieri, Conte non è stato trovato nella sua abitazione di via Isonzo: alle forze dell'ordine ha aperto la moglie, incinta, mostrando il letto vuoto e la stanza in cui dormivano i due figli della donna. Lui, avendo evidentemente sentito puzza di bruciato dopo i pentimenti di Vito Antonio Tarullo, oltre a quelli di Papaleo e Sabba, era scappato e adesso si nasconde.
Polizia di Stato e Carabinieri lo stanno cercando a Bitonto e nell'hinterland barese ma le ricerche sono estese ovunque, mentre la manovalanza del clan è tenuta sotto controllo: il boss è munito di passaporto ma, per gli investigatori, il 48enne non sarebbe lontano.
Domenico Conte, 48 anni, a capo dell'omonimo clan attivo nella zona 167, è accusato dell'omicidio dell'84enne Anna Rosa Tarantino, la passante rimasta uccisa il 30 dicembre dello scorso anno durante un regolamento di conti nella città vecchia, e del tentato omicidio di Giuseppe Casadibari, 20enne affiliato al clan rivale dei Cipriano, egemone nel centro storico, che sarebbe stato il vero obiettivo dell'agguato, con l'aggravante del metodo mafioso.
Queste le accuse contestate a «Mimm u' negr», arrestato nel 2004, nel corso dell'operazione "Harvest", e da allora, dopo un periodo di detenzione, tornato libero nel 2007, forte di una sentenza di assoluzione per associazione mafiosa, e ad uno dei suoi sodali, il 27enne bitontino Alessandro D'Elia, ritenuto dagli inquirenti il messaggero dell'ordine dato dal boss di «sparare a chiunque fosse capitato a tiro» del gruppo dei Cipriano.
Secondo i pm Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, sulla base soprattutto delle dichiarazioni dei due presunti esecutori materiali dell'omicidio, Rocco Papaleo e Michele Sabba, da alcune settimane collaboratori di giustizia, Conte (sfuggito alla cattura e attualmente ricercato) sarebbe stato il mandante del delitto e D'Elia il messaggero dell'ordine. Ricostruzione che il 27enne ha negato.
Stando all'imputazione formulata dai pm baresi, i due presunti killer Sabba e Papaleo avrebbero agito «su espresso mandato di Conte e avvisati da d'Elia, il quale aveva riferito che il boss aveva ordinato, per reagire alla sparatoria subita qualche minuto prima, di sparare a chiunque avessero incontrato dei Cipriano», in una faida cominciata per i furti di ferro e poi proseguita con i contrasti per la gestione delle piazze di spaccio.
E se D'Elia è stato arrestato il 20 aprile, quando è scattato il blitz congiunto di Polizia di Stato e Carabinieri, Conte non è stato trovato nella sua abitazione di via Isonzo: alle forze dell'ordine ha aperto la moglie, incinta, mostrando il letto vuoto e la stanza in cui dormivano i due figli della donna. Lui, avendo evidentemente sentito puzza di bruciato dopo i pentimenti di Vito Antonio Tarullo, oltre a quelli di Papaleo e Sabba, era scappato e adesso si nasconde.
Polizia di Stato e Carabinieri lo stanno cercando a Bitonto e nell'hinterland barese ma le ricerche sono estese ovunque, mentre la manovalanza del clan è tenuta sotto controllo: il boss è munito di passaporto ma, per gli investigatori, il 48enne non sarebbe lontano.