Dall'Italia al Messico con Bitonto nel cuore
La storia di Rosanna Bonasia, ricercatrice pugliese diventata docente universitaria in America Centrale
lunedì 29 giugno 2020
10.38
Cambiare continente, avere tra la famiglia e gli affetti un intero oceano, ricominciare da sé in una terra più pronta a raccogliere i talenti e le ambizioni dei giovani. È la storia di Rosanna Bonasia, ricercatrice di Bitonto che ha trovato la sua strada a oltre 10mila chilometri dalla città dell'olio, in Messico.
«Al momento di scegliere a quale università andare – racconta alla rivista scientifica "i - 404" Rosanna - mi sarebbe piaciuto studiare fisica o chimica. Per i miei genitori, entrambi professori, non sembrava la scelta giusta. Non volevano che l'unica alternativa per il mio futuro fosse l'insegnamento. Già 20 anni fa prevedevano che le cose sarebbero state più difficili per la mia generazione, di quanto lo fossero state per loro. Decisi di iscrivermi a Scienze Geologiche a Bari. Un po' di matematica, fisica e chimica c'erano, ma la geologia in sé mi sembrava a volte poco stimolante. Fintanto che mi avvicinai alla vulcanologia e alla sua relazione con la meccanica dei fluidi. Cominciai a sentire interesse per l'aspetto sociale di questa materia: lo studio del rischio vulcanico e l'implicazione che ha nella prevenzione dei danni che può provocare. Tutto ciò basato nell'applicazione della matematica per il calcolo della probabilità che si verifichino determinati eventi vulcanici».
Al termine del percorso accademico, Rosanna riceve le prime soddisfazioni in Italia, diventando assegnista di ricerca a Napoli, all'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Ma la gioia non è duratura e al termine di 8 anni di impegno e studio l'unica possibilità - in un'Italia che sembra poco attenta alle sue risorse – è quella di guardare oltre confine, al Messico.
Anche qui la strada, certo, non è in discesa e il precariato caratterizza le sue prime esperienze. Fino al 2013 quando Rosanna non riceve «una cattedra nell'Istituto Politecnico Nazionale di Città del Messico, nella facoltà di ingegneria civile. Cattedra pagata dal CONACYT, una specie di CNR italiano. Una grande opportunità per me: potevo continuare a lavorare. Mi trasferii a Città del Messico: nuovo lavoro e nuovo campo di ricerca. Dovetti abbandonare un po' la vulcanologia. Anche se ho continuato a lavorarci quando avevo tempo, rinunciando a vacanze e fine settimana. All'inizio ho dovuto farmi strada in un mondo ostile. Il 90% del personale accademico maschile e un po' "machista", un campo di ricerca che non era il mio. Ma lavorando duro sono riuscita a farcela; ora sono abbastanza riconosciuta qui nel campo della valutazione del rischio di inondazione fluviale. Sono entrata nella Società Messicana di Fisica (io non sono fisica, però ho coronato il mio sogno da ragazzina) e da un anno sono il presidente della Divisione di Meccanica dei Fluidi della stessa società».
Certo la giovane bitontina non ha dimenticato la sua terra: «Mi manca il mare della Puglia, la cucina di mia madre, parlare in italiano, litigare in dialetto bitontino, che è tanto liberatorio. Ma non mi manca il pressapochismo, la visione limitata dell'italiano che non è mai uscito dal paesello. E non mi manca dovermi affermare scientificamente a forza di sgomitate. Qui in Messico le mie pubblicazioni sono sufficienti per fare di me un buon ricercatore».
«L'Italia deve investire nella ricerca! Deve tornare ad essere un posto di eccellenza a livello mondiale. In Italia non ci va più nessuno dall'estero a fare ricerca, al contrario i ricercatori italiani se ne vanno. Questo perché non ci sono condizioni decenti di contrattazione. I laboratori non funzionano più come prima e non ci sono fondi per finanziare nuovi e innovativi progetti di ricerca».
Adesso, a 43 anni, Rosanna si vuole continuare a dedicarsi al suo lavoro «come ho sempre fatto sperando sempre di raggiungere buoni traguardi. Ho fatto scelte forti nella mia vita. Credo che nel futuro continuerò a fare quello che ho sempre fatto, se me ne daranno ancora la possibilità e magari un giorno spero di farlo in Italia, però con condizioni adeguate per una professoressa universitaria. E da vecchia, mi vedo a coltivare il giardino di casa dei miei e a sedermi sul lungomare di Santo Spirito».
«Al momento di scegliere a quale università andare – racconta alla rivista scientifica "i - 404" Rosanna - mi sarebbe piaciuto studiare fisica o chimica. Per i miei genitori, entrambi professori, non sembrava la scelta giusta. Non volevano che l'unica alternativa per il mio futuro fosse l'insegnamento. Già 20 anni fa prevedevano che le cose sarebbero state più difficili per la mia generazione, di quanto lo fossero state per loro. Decisi di iscrivermi a Scienze Geologiche a Bari. Un po' di matematica, fisica e chimica c'erano, ma la geologia in sé mi sembrava a volte poco stimolante. Fintanto che mi avvicinai alla vulcanologia e alla sua relazione con la meccanica dei fluidi. Cominciai a sentire interesse per l'aspetto sociale di questa materia: lo studio del rischio vulcanico e l'implicazione che ha nella prevenzione dei danni che può provocare. Tutto ciò basato nell'applicazione della matematica per il calcolo della probabilità che si verifichino determinati eventi vulcanici».
Al termine del percorso accademico, Rosanna riceve le prime soddisfazioni in Italia, diventando assegnista di ricerca a Napoli, all'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Ma la gioia non è duratura e al termine di 8 anni di impegno e studio l'unica possibilità - in un'Italia che sembra poco attenta alle sue risorse – è quella di guardare oltre confine, al Messico.
Anche qui la strada, certo, non è in discesa e il precariato caratterizza le sue prime esperienze. Fino al 2013 quando Rosanna non riceve «una cattedra nell'Istituto Politecnico Nazionale di Città del Messico, nella facoltà di ingegneria civile. Cattedra pagata dal CONACYT, una specie di CNR italiano. Una grande opportunità per me: potevo continuare a lavorare. Mi trasferii a Città del Messico: nuovo lavoro e nuovo campo di ricerca. Dovetti abbandonare un po' la vulcanologia. Anche se ho continuato a lavorarci quando avevo tempo, rinunciando a vacanze e fine settimana. All'inizio ho dovuto farmi strada in un mondo ostile. Il 90% del personale accademico maschile e un po' "machista", un campo di ricerca che non era il mio. Ma lavorando duro sono riuscita a farcela; ora sono abbastanza riconosciuta qui nel campo della valutazione del rischio di inondazione fluviale. Sono entrata nella Società Messicana di Fisica (io non sono fisica, però ho coronato il mio sogno da ragazzina) e da un anno sono il presidente della Divisione di Meccanica dei Fluidi della stessa società».
Certo la giovane bitontina non ha dimenticato la sua terra: «Mi manca il mare della Puglia, la cucina di mia madre, parlare in italiano, litigare in dialetto bitontino, che è tanto liberatorio. Ma non mi manca il pressapochismo, la visione limitata dell'italiano che non è mai uscito dal paesello. E non mi manca dovermi affermare scientificamente a forza di sgomitate. Qui in Messico le mie pubblicazioni sono sufficienti per fare di me un buon ricercatore».
«L'Italia deve investire nella ricerca! Deve tornare ad essere un posto di eccellenza a livello mondiale. In Italia non ci va più nessuno dall'estero a fare ricerca, al contrario i ricercatori italiani se ne vanno. Questo perché non ci sono condizioni decenti di contrattazione. I laboratori non funzionano più come prima e non ci sono fondi per finanziare nuovi e innovativi progetti di ricerca».
Adesso, a 43 anni, Rosanna si vuole continuare a dedicarsi al suo lavoro «come ho sempre fatto sperando sempre di raggiungere buoni traguardi. Ho fatto scelte forti nella mia vita. Credo che nel futuro continuerò a fare quello che ho sempre fatto, se me ne daranno ancora la possibilità e magari un giorno spero di farlo in Italia, però con condizioni adeguate per una professoressa universitaria. E da vecchia, mi vedo a coltivare il giardino di casa dei miei e a sedermi sul lungomare di Santo Spirito».