«È Domenico Conte il mandante della sparatoria»
Sabba e Papaleo avrebbero agito «su espresso mandato di Conte e avvisati da D'Elia». Che però ha negato
mercoledì 25 aprile 2018
10.48
Ha negato di aver ricevuto da Domenico Conte l'ordine di uccidere e di aver conseguentemente portato quel messaggio ai killer di Anna Rosa Tarantino il 27enne Alessandro D'Elia, arrestato il 20 aprile scorso nell'ambito dell'indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari sull'agguato commesso a Bitonto il 30 dicembre scorso che costò la vita, per errore, all'anziana donna.
Dinanzi al gip che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, Giovanni Anglana, D'Elia ha risposto alle domande contestando tutti gli addebiti.
Secondo i pm Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, sulla base soprattutto delle dichiarazioni dei due presunti esecutori materiali dell'omicidio, Rocco Papaleo e Michele Sabba, da alcune settimane collaboratori di giustizia, Conte (sfuggito alla cattura e attualmente ricercato) sarebbe stato il mandante del delitto e D'Elia il messaggero dell'ordine. Ricostruzione che il 27enne ha negato.
Stando all'imputazione formulata dai pubblici ministeri baresi, i presunti killer Sabba e Papaleo avrebbero agito «su espresso mandato di Conte e avvisati da D'Elia, il quale aveva riferito che il boss aveva ordinato, per reagire alla sparatoria subita qualche minuto prima, di sparare a chiunque avessero incontrato dei Cipriano».
Quella mattina, infatti, a Bitonto si susseguirono quattro agguati armati, botta e risposta fra i due gruppi criminali rivali, Conte e Cipriano, in conflitto per la gestione dello spaccio della droga.
Ai due indagati la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari contesta i reati di omicidio volontario e tentato omicidio (nell'agguato rimase ferito il vero bersaglio dei sicari, Giuseppe Casadibari, anche lui divenuto collaboratore di giustizia) aggravati dal metodo mafioso.
Dinanzi al gip che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, Giovanni Anglana, D'Elia ha risposto alle domande contestando tutti gli addebiti.
Secondo i pm Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, sulla base soprattutto delle dichiarazioni dei due presunti esecutori materiali dell'omicidio, Rocco Papaleo e Michele Sabba, da alcune settimane collaboratori di giustizia, Conte (sfuggito alla cattura e attualmente ricercato) sarebbe stato il mandante del delitto e D'Elia il messaggero dell'ordine. Ricostruzione che il 27enne ha negato.
Stando all'imputazione formulata dai pubblici ministeri baresi, i presunti killer Sabba e Papaleo avrebbero agito «su espresso mandato di Conte e avvisati da D'Elia, il quale aveva riferito che il boss aveva ordinato, per reagire alla sparatoria subita qualche minuto prima, di sparare a chiunque avessero incontrato dei Cipriano».
Quella mattina, infatti, a Bitonto si susseguirono quattro agguati armati, botta e risposta fra i due gruppi criminali rivali, Conte e Cipriano, in conflitto per la gestione dello spaccio della droga.
Ai due indagati la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari contesta i reati di omicidio volontario e tentato omicidio (nell'agguato rimase ferito il vero bersaglio dei sicari, Giuseppe Casadibari, anche lui divenuto collaboratore di giustizia) aggravati dal metodo mafioso.