Don Vito Piccinonna: «Aspetteremo un altro mese per celebrare col popolo»
Il rettore della Basilica dei Ss Medici di Bitonto non è con la CEI: «Improvvisare può far male più del non celebrare»
lunedì 27 aprile 2020
16.25
Mentre la Conferenza Episcopale Italiana protesta contro il Governo che non ha aperto al popolo le celebrazioni religiose, l'universo dei parroci in prima linea non sembra avere una posizione esattamente in linea con l'organo che raccoglie i vescovi della nazione. È il caso di don Vito Piccinonna, rettore della Basilica dei Santi Medici di Bitonto, ma anche direttore della Caritas Diocesana di Bari-Bitonto che sulla questione ha un punto di vista abbastanza diverso.
«Lungi da me non sapere quanto manca la celebrazione a molti fedeli – dice don Vito - ma in questo momento preferisco più evitare le distrazioni che aumentare le distruzioni. Se penso ai 117 preti morti per coronavirus, a istituti di suore contagiati, se penso a volte a quel pressapochismo che a volte accompagna i nostri ambienti ecclesiali forse meglio così. È messa in discussione la libertà di culto? Mah. Spero di no. Se ascolto soprattutto testimonianze di chi lavora in ambito sanitario specie al nord, se ascolto i tanti impegnati anche dalle nostre parti e vedo con i miei occhi la fatica che si fa in strutture caritative e di terzo settore per essere attenti ai più fragili capisco che le attenzioni non sono mai poche. Aspetteremo un altro mese per celebrare col popolo e spero anche che questo sia fatto in maniera sensata e oculata. Le improvvisazioni possono far male. Più del non poter celebrare».
Certo non si può dire che al parroco bitontino le considerazioni del presidente del consiglio, Giuseppe Conte, siano andate particolarmente a genio.
«Per conto mio – spiega infatti il rettore della Basilica dei Santi Medici - resto impressionato dal discorso di Conte soprattutto per non aver parlato dei più piccoli e degli adolescenti. E della scuola. E delle persone con disabilità, e dunque delle loro famiglie costrette a un semi inferno. E come sempre non viene citato l'aspetto caritativo e di volontariato laico presente. E lo dico non perché ne sono impegnato personalmente ma perché so che impegno la Chiesa ci sta mettendo a fianco dei più poveri e se non ci fosse altro che guerriglie!».
«Torneranno le celebrazioni – rassicura don Vito - non abbiate fretta. Ma non ci è tolta la libertà di essere credenti anche oltre il culto. Ho sentito troppe persone che hanno ingoiato l'odore acre della morte. Troppe. E da queste parti abbiamo visto anche poche bare. La fatica piu grossa è consolare. La più grande per me. Quella nota CEI l'avrei evitata per non dividere ulteriormente il Paese già molto frammentato, ma immagino la buona fede con cui è stato fatto e immagino i tanti che avranno spinto "per farsi sentire". Pazienza».
«Speriamo – conclude il parroco - di saper alzare la voce in cose più gravi. Che pur ci sono. Anche a costo di non essere ascoltati».
«Lungi da me non sapere quanto manca la celebrazione a molti fedeli – dice don Vito - ma in questo momento preferisco più evitare le distrazioni che aumentare le distruzioni. Se penso ai 117 preti morti per coronavirus, a istituti di suore contagiati, se penso a volte a quel pressapochismo che a volte accompagna i nostri ambienti ecclesiali forse meglio così. È messa in discussione la libertà di culto? Mah. Spero di no. Se ascolto soprattutto testimonianze di chi lavora in ambito sanitario specie al nord, se ascolto i tanti impegnati anche dalle nostre parti e vedo con i miei occhi la fatica che si fa in strutture caritative e di terzo settore per essere attenti ai più fragili capisco che le attenzioni non sono mai poche. Aspetteremo un altro mese per celebrare col popolo e spero anche che questo sia fatto in maniera sensata e oculata. Le improvvisazioni possono far male. Più del non poter celebrare».
Certo non si può dire che al parroco bitontino le considerazioni del presidente del consiglio, Giuseppe Conte, siano andate particolarmente a genio.
«Per conto mio – spiega infatti il rettore della Basilica dei Santi Medici - resto impressionato dal discorso di Conte soprattutto per non aver parlato dei più piccoli e degli adolescenti. E della scuola. E delle persone con disabilità, e dunque delle loro famiglie costrette a un semi inferno. E come sempre non viene citato l'aspetto caritativo e di volontariato laico presente. E lo dico non perché ne sono impegnato personalmente ma perché so che impegno la Chiesa ci sta mettendo a fianco dei più poveri e se non ci fosse altro che guerriglie!».
«Torneranno le celebrazioni – rassicura don Vito - non abbiate fretta. Ma non ci è tolta la libertà di essere credenti anche oltre il culto. Ho sentito troppe persone che hanno ingoiato l'odore acre della morte. Troppe. E da queste parti abbiamo visto anche poche bare. La fatica piu grossa è consolare. La più grande per me. Quella nota CEI l'avrei evitata per non dividere ulteriormente il Paese già molto frammentato, ma immagino la buona fede con cui è stato fatto e immagino i tanti che avranno spinto "per farsi sentire". Pazienza».
«Speriamo – conclude il parroco - di saper alzare la voce in cose più gravi. Che pur ci sono. Anche a costo di non essere ascoltati».