Fipe-Confcommercio: «Settore al collasso»
Manifesto su scala nazionale: «Chiediamo rispetto. Agli italiani chiediamo di esserci vicini e continuare a sceglierci»
martedì 22 dicembre 2020
17.57
«Basta! Questo diciamo a un Governo che apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Il settore dei pubblici esercizi (bar, ristoranti, pub, pizzerie, cateringe discoteche) è al collasso. Siamo esausti e increduli». È l'incipit del manifesto diffuso su scala nazionale dalla Fipe (federazione italiana pubblici esercizi) aderente a Confcommercio.
«Chiusi, aperti con precauzioni, aperti a metà, poi a tratti, minacce di chiudere, promesse di aprire, chiusi a singhiozzo, infine, costretti all'offensivo gioco dell'oca delle festività 2020.
In un imbarazzante cortocircuito politico tra centro e periferia, scaricato sulla pelle delle imprese di questa filiera. 22 Dpcm, 36 Decreti Legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato.
Chiediamo rispetto. E il rispetto non si traduce in ristori inadeguati e non calcolati sul fatturato delle festività natalizie, periodo fondamentale per i bilanci delle imprese della ristorazione. E non vengono affrontati né tantomeno risolti i problemi delle locazioni, dell'indebitamento e del sostentamento di imprenditori che non hanno garanzie, se non il proprio lavoro.
Nonostante tutto, non ci arrendiamo. La salute è sicuramente la priorità ma riaprire è necessario. Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza, garantendo la salute dei nostri dipendenti e dei nostri clienti. Chiediamo interventi urgenti e strutturali che diano alle nostre imprese un orizzonte chiaro e certo. Non sappiamo più come dire alla politica che molti di noi rischiano di chiudere per sempre.
Ci rivolgiamo quindi agli italiani: vi chiediamo di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La vostra gratificazione è la nostra forza ed il nostro futuro. Soprattutto a voi va il nostro augurio di Buon Natale».
«Chiusi, aperti con precauzioni, aperti a metà, poi a tratti, minacce di chiudere, promesse di aprire, chiusi a singhiozzo, infine, costretti all'offensivo gioco dell'oca delle festività 2020.
In un imbarazzante cortocircuito politico tra centro e periferia, scaricato sulla pelle delle imprese di questa filiera. 22 Dpcm, 36 Decreti Legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato.
Chiediamo rispetto. E il rispetto non si traduce in ristori inadeguati e non calcolati sul fatturato delle festività natalizie, periodo fondamentale per i bilanci delle imprese della ristorazione. E non vengono affrontati né tantomeno risolti i problemi delle locazioni, dell'indebitamento e del sostentamento di imprenditori che non hanno garanzie, se non il proprio lavoro.
Nonostante tutto, non ci arrendiamo. La salute è sicuramente la priorità ma riaprire è necessario. Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza, garantendo la salute dei nostri dipendenti e dei nostri clienti. Chiediamo interventi urgenti e strutturali che diano alle nostre imprese un orizzonte chiaro e certo. Non sappiamo più come dire alla politica che molti di noi rischiano di chiudere per sempre.
Ci rivolgiamo quindi agli italiani: vi chiediamo di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La vostra gratificazione è la nostra forza ed il nostro futuro. Soprattutto a voi va il nostro augurio di Buon Natale».