Il fine vita in Hospice, don Piccinonna: «Qui l'umanità vince il dolore»
Il presidente della Fondazione Ss Medici interviene nel documento della CEI: «Fondamentale non sentirsi soli»
giovedì 17 dicembre 2020
17.38
Una risposta di umanità e vicinanza in un momento in cui si è alla disperata e rabbiosa ricerca di senso. È questo, secondo il presidente della Fondazione Ss Medici di Bitonto, don Vito Piccinonna, uno dei compiti principali delle strutture che accolgono i pazienti che si avvicinano al termine della loro esistenza terrena. Lo ha detto durante la presentazione del documento della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) "Alla sera della vita. Riflessioni sulla fase terminale della vita terrena", sottolineando l'importanza e l'essenzialità dell'accompagnamento al fine vita. Un'esperienza, quella di don Vito, doppiamente significativa perchè oltre a essere il rettore della Basilica dei Santi Medici e di tutte le attività ad essa connessa, è anche presidente della Fondazione che ha dato vita all'Hospice Aurelio Marena di Bitonto.
Attivo ormai da 13 anni, l'Hospice Aurelio Marena, accoglie 30 malati e altri ancora vengono seguiti in assistenza domiciliare. «Quando la malattia irrompe nella vita – spiega don Vito - si scopre drammaticamente di non bastare a se stessi e inizia un cammino alla ricerca delle risorse con cui si vorrebbe fronteggiare un evento inatteso. È fondamentale per il malato e per i familiari non sentirsi soli».
Senza distinzioni tra cattolici e non «la dimensione trascendente è essenziale e costitutiva in tutti gli ospiti, perché appartiene alla persona umana nella quale, fragile e disarmata si fa strada una domanda di senso. Dobbiamo essere come una comunità sanante, ascoltando domande, inquietudini e anche tutta la rabbia che la persona sperimenta in quel momento, evitando atteggiamenti sbrigativi e retorici», ammonisce don Vito.
"«Per tutti noi – dice ancora – è sempre una carezza sapere che le tante famiglie che hanno perso un loro caro in hospice ricordano questa realtà anzitutto per l'amorevolezza con cui questa persona ha vissuto l'ultimo periodo della sua esistenza terrena».
«Solo un lavoro sinergico – conclude il rettore della Basilica - e condotto con grande umanità può essere una risposta adeguata alle persone giunte alla fine della vita terrena».
Attivo ormai da 13 anni, l'Hospice Aurelio Marena, accoglie 30 malati e altri ancora vengono seguiti in assistenza domiciliare. «Quando la malattia irrompe nella vita – spiega don Vito - si scopre drammaticamente di non bastare a se stessi e inizia un cammino alla ricerca delle risorse con cui si vorrebbe fronteggiare un evento inatteso. È fondamentale per il malato e per i familiari non sentirsi soli».
Senza distinzioni tra cattolici e non «la dimensione trascendente è essenziale e costitutiva in tutti gli ospiti, perché appartiene alla persona umana nella quale, fragile e disarmata si fa strada una domanda di senso. Dobbiamo essere come una comunità sanante, ascoltando domande, inquietudini e anche tutta la rabbia che la persona sperimenta in quel momento, evitando atteggiamenti sbrigativi e retorici», ammonisce don Vito.
"«Per tutti noi – dice ancora – è sempre una carezza sapere che le tante famiglie che hanno perso un loro caro in hospice ricordano questa realtà anzitutto per l'amorevolezza con cui questa persona ha vissuto l'ultimo periodo della sua esistenza terrena».
«Solo un lavoro sinergico – conclude il rettore della Basilica - e condotto con grande umanità può essere una risposta adeguata alle persone giunte alla fine della vita terrena».