Il titolare del bar chiuso a Bitonto: «Mai nessun asporto. Era una consegna e faremo ricorso»
Per il gestore «è un'assurda vessazione che attacca un settore già in ginocchio per la chiusura improvvisa»
venerdì 10 aprile 2020
11.49
«Non c'è stata alcuna flagranza, non c'è stato alcun reato e nemmeno la violazione delle leggi. È stato un sopruso e faremo ricorso». A parlare è il titolare di una delle due attività sanzionate e chiuse dalla Polizia nei giorni scorsi a causa di alcune violazioni alle norme anticontagio in vigore che sono state contestate ai titolari dei due esercizi commerciali.
«Abbiamo ricevuto una chiamata per consegnare un espressino in via Ragni, distante un centinaio di metri dal nostro bar - ha raccontato il gestore - ed il mio collaboratore mi ma riferito di essersi recato sul luogo indicato dal cliente e di averlo trovato in strada ad aspettarlo dove gli era stato indicato, ha effettuato la consegna ed è andato a fare un'altra consegna.
Solo una volta tornato indietro ha trovato la Polizia di Stato ferma davanti al bar per chiedere chiarimenti che, peraltro, sono stati dettagliatamente riferiti. E tutto è documentato sia dal nostro foglio di chiamate con gli indirizzi a cui consegnare, sia soprattutto, dal video delle nostre telecamere in cui si vede chiaramente che la pattuglia era ferma davanti al mio locale e che quindi non può esserci nessuna flagranza, smentendo clamorosamente quanto contestato».
«Noi non sappiamo se davvero il cliente abiti in via Ragni dove ci aveva indicato - ha proseguito il titolare - né possiamo metterci a verificare le loro generalità visto che non siamo di certo pubblici ufficiali. Ma è evidente che si sia trattato di una consegna effettuata come consentito da un nostro collaboratore. Parlare di "asporto" è assurdo, per questo faremo ricorso.
Abbiamo accettato con grande spirito di responsabilità le norme imposte dal Governo e dal Comune di Bitonto. Ci siamo organizzati con il domicilio, rispettando tutte le indicazioni igieniche possibili, attrezzandoci con i Dispositivi di Protezione Individuali e aumentando le attenzioni già altissime che avevamo nei confronti della sanificazione dei nostri apparati.
Ma la vessazione davvero non la comprendiamo, anche perché abbiamo aperto non certo per arricchirci, ma per consentire ai nostri collaboratori di continuare a mantenersi in qualche modo. Non è certo così che si fanno gli interessi di una comunità già devastata dal blocco imposto da questa epidemia».
«Abbiamo ricevuto una chiamata per consegnare un espressino in via Ragni, distante un centinaio di metri dal nostro bar - ha raccontato il gestore - ed il mio collaboratore mi ma riferito di essersi recato sul luogo indicato dal cliente e di averlo trovato in strada ad aspettarlo dove gli era stato indicato, ha effettuato la consegna ed è andato a fare un'altra consegna.
Solo una volta tornato indietro ha trovato la Polizia di Stato ferma davanti al bar per chiedere chiarimenti che, peraltro, sono stati dettagliatamente riferiti. E tutto è documentato sia dal nostro foglio di chiamate con gli indirizzi a cui consegnare, sia soprattutto, dal video delle nostre telecamere in cui si vede chiaramente che la pattuglia era ferma davanti al mio locale e che quindi non può esserci nessuna flagranza, smentendo clamorosamente quanto contestato».
«Noi non sappiamo se davvero il cliente abiti in via Ragni dove ci aveva indicato - ha proseguito il titolare - né possiamo metterci a verificare le loro generalità visto che non siamo di certo pubblici ufficiali. Ma è evidente che si sia trattato di una consegna effettuata come consentito da un nostro collaboratore. Parlare di "asporto" è assurdo, per questo faremo ricorso.
Abbiamo accettato con grande spirito di responsabilità le norme imposte dal Governo e dal Comune di Bitonto. Ci siamo organizzati con il domicilio, rispettando tutte le indicazioni igieniche possibili, attrezzandoci con i Dispositivi di Protezione Individuali e aumentando le attenzioni già altissime che avevamo nei confronti della sanificazione dei nostri apparati.
Ma la vessazione davvero non la comprendiamo, anche perché abbiamo aperto non certo per arricchirci, ma per consentire ai nostri collaboratori di continuare a mantenersi in qualche modo. Non è certo così che si fanno gli interessi di una comunità già devastata dal blocco imposto da questa epidemia».