Imprenditore sequestrato e minacciato a Bitonto: la Fai parte civile nel processo
Lodi ai militari della Guardia di Finanza che hanno arrestato il 30enne pregiudicato
sabato 25 gennaio 2020
18.55
Sequestrato e minacciato per ritirare una denuncia, non si è piegato alla prepotenza e adesso, dopo aver fatto arrestare l'estorsore, dalla sua parte si è schierata anche la Federazione Antiracket Italiana.
Si costituirà parte civile durante il processo ai presunti responsabili di un'estorsione la FAI, la Federazione Antiracket Italiana, che ha deciso di sostenere l'imprenditore di Bitonto taglieggiato da alcuni esponenti del clan Cipriano, in lotta per la supremazia sulle piazze di spaccio del territorio.
L'associazione ha voluto esprimere «lodi ai militari del Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bari che hanno dato, con grande successo, esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura della Repubblica di Bari – Direzione Distrettuale Antimafia, con la quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di un noto pregiudicato per l'estorsione, commessa ai danni di un imprenditore edile bitontino, aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall'uso delle armi».
L'imprenditore, secondo il quadro probatorio dell'accusa, sarebbe stato costretto a ritirare una denuncia effettuata per tentare di entrare in possesso di una somma di oltre un milione di euro che avrebbe dovuto essere il corrispettivo per l'ingresso nella sua azienda edile in qualità di socio di un altro soggetto, suo zio, che dopo un primo irrisorio acconto si sarebbe rifiutato di consegnargli la restante parte.
Di qui l'ingresso nella "trattativa" del pregiudicato che, dopo aver convocato nella sua abitazione il malcapitato, lo avrebbe sequestrato e portato, con l'ausilio di due complici rimasti ignoti, in cantina con mani e piedi legati, dove l'uomo sarebbe stato minacciato anche con le armi dietro un monito che non ammetteva molte interpretazioni: «Tu da qui non esci vivo».
Secondo quanto appurato dalle indagini, l'imprenditore avrebbe finto di accettare il ricatto, salvo poi riferire tutto alle forze dell'ordine. A seguito dell'inchiesta sarebbe arrivato poi l'arresto del 30enne pregiudicato, Roberto Lovero, detto "U can".
Proprio l'operazione portata a termine dai militari su disposizione dell'autorità giudiziaria competente, ha persuaso la FAI, per voce del vice presidente nazionale, Renato de Scisciolo e dell'associazione FAI di Bitonto con la presidente Angela Castellano, a preannunciare «che si costituirà parte civile nel procedimento penale a carico del detto pregiudicato».
«L'estorsione nella nostra Città non ha raggiunto livelli di "sistema" - ha commentato il sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio - perché i bitontini da sempre odiano, profondamente, i vigliacchi e i miserabili. Gli estorsori sono tali. Sono zecche che ricercano sangue, parassiti che si nutrono del sudore altrui. È per questo che l'imprenditore sequestrato e minacciato dal clan dei mafiosi di turno va protetto, lodato e messo dallo Stato in vetrina come esempio nazionale.
Non solo perché non si è piegato alle minacce ma ha fatto quello che in tanti rinunciano a fare per la sola paura di uno schiaffo. Lui ha denunciato agli organi competenti quello che gli era successo dopo una concreta promessa di morte. E lo Stato non lo ha tradito. Lo Stato non ci ha tradito. Perché, sia chiaro, quel concittadino siamo Noi tutti. L'amministrazione comunale chiederà alla avvocatura se ci sono gli estremi per costituirsi parte lesa anche in questo processo».
Si costituirà parte civile durante il processo ai presunti responsabili di un'estorsione la FAI, la Federazione Antiracket Italiana, che ha deciso di sostenere l'imprenditore di Bitonto taglieggiato da alcuni esponenti del clan Cipriano, in lotta per la supremazia sulle piazze di spaccio del territorio.
L'associazione ha voluto esprimere «lodi ai militari del Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bari che hanno dato, con grande successo, esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura della Repubblica di Bari – Direzione Distrettuale Antimafia, con la quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di un noto pregiudicato per l'estorsione, commessa ai danni di un imprenditore edile bitontino, aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall'uso delle armi».
L'imprenditore, secondo il quadro probatorio dell'accusa, sarebbe stato costretto a ritirare una denuncia effettuata per tentare di entrare in possesso di una somma di oltre un milione di euro che avrebbe dovuto essere il corrispettivo per l'ingresso nella sua azienda edile in qualità di socio di un altro soggetto, suo zio, che dopo un primo irrisorio acconto si sarebbe rifiutato di consegnargli la restante parte.
Di qui l'ingresso nella "trattativa" del pregiudicato che, dopo aver convocato nella sua abitazione il malcapitato, lo avrebbe sequestrato e portato, con l'ausilio di due complici rimasti ignoti, in cantina con mani e piedi legati, dove l'uomo sarebbe stato minacciato anche con le armi dietro un monito che non ammetteva molte interpretazioni: «Tu da qui non esci vivo».
Secondo quanto appurato dalle indagini, l'imprenditore avrebbe finto di accettare il ricatto, salvo poi riferire tutto alle forze dell'ordine. A seguito dell'inchiesta sarebbe arrivato poi l'arresto del 30enne pregiudicato, Roberto Lovero, detto "U can".
Proprio l'operazione portata a termine dai militari su disposizione dell'autorità giudiziaria competente, ha persuaso la FAI, per voce del vice presidente nazionale, Renato de Scisciolo e dell'associazione FAI di Bitonto con la presidente Angela Castellano, a preannunciare «che si costituirà parte civile nel procedimento penale a carico del detto pregiudicato».
«L'estorsione nella nostra Città non ha raggiunto livelli di "sistema" - ha commentato il sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio - perché i bitontini da sempre odiano, profondamente, i vigliacchi e i miserabili. Gli estorsori sono tali. Sono zecche che ricercano sangue, parassiti che si nutrono del sudore altrui. È per questo che l'imprenditore sequestrato e minacciato dal clan dei mafiosi di turno va protetto, lodato e messo dallo Stato in vetrina come esempio nazionale.
Non solo perché non si è piegato alle minacce ma ha fatto quello che in tanti rinunciano a fare per la sola paura di uno schiaffo. Lui ha denunciato agli organi competenti quello che gli era successo dopo una concreta promessa di morte. E lo Stato non lo ha tradito. Lo Stato non ci ha tradito. Perché, sia chiaro, quel concittadino siamo Noi tutti. L'amministrazione comunale chiederà alla avvocatura se ci sono gli estremi per costituirsi parte lesa anche in questo processo».