L'estate della memoria di Valentino Losito
Ieri sera la presentazione del suo libro a Villa degli Arcieri
sabato 16 dicembre 2017
8.38
Ci sono luoghi fisici che finiscono per divenire luoghi della memoria, di quella memoria viva, che non si tramuta solo in nostalgia del tempo che fu. Sono luoghi da cui non andiamo mai via. Possono essere lontani da un punto di vista spaziale, ma non possono mai esserlo da quello emotivo.
Valentino Losito ne ha uno che risponde al nome di Santo Spirito, il borgo un tempo frazione di Bitonto e da alcuni decenni marina nord di Bari che si congiunge, grazie ad un litorale lunghissimo, alla vicina Giovinazzo, quasi abbracciandola.
Un luogo-non luogo, schiacciato dal suo essere divenuto periferia spesso dimenticata, un posto in cui l'ex presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Puglia ha trascorso gli anni felicissimi e sereni dell'infanzia e dell'adoloscenza che ritrae in trentotto acquerelli nel suo "E la chiamano estate - Quando andavamo in villeggiatura", presentato ieri sera presso Villa degli Arcieri del giovinazzese Mimmo Arcieri, già Villa Cioffrese, nel popoloso quartiere barese.
Con lui Raffaella Leone della SECOP Edizioni, Giovanni Procacci, ex Senatore della Repubblica, Vincenzo Colonna, presidente della "Pro Loco" di Santo Spirito e la giornalista Enrica Simonetti, gli interventi dei quali sono stati intervallati dai reading di Franco Leccese accompagnato alla chitarra dalle note leggere del Maestro Leonardo Lospalluti. A chiudere, un graditissimo intervento di un'altra nota firma del giornalismo pugliese, Lino Patruno.
"E la chiamano estate", come ha sottolineato Procacci, è un insieme di affreschi che non rispondono necessariamente a storie, fatti e persone di una località specifica, poiché Losito non nomina mai Santo Spirito. Essi rappresentano invece spunto, ne fanno base per portare a riflessioni profonde sul senso della vita, sul tempo che abbiamo vissuto e che vivremo, sulle necessità dell'anima di riannodare i fili del passato per farne un ponte per capire il presente ed immaginare il futuro.
La canicola, il verso delle cicale, l'odore dei ciclamini in fiore, la risacca, le notti stellate. Santo Spirito è tutto questo nei ricordi dell'autore, ma è anche umanità varia, vita scorsa e che non tornerà, sorrisi pieni e lacrime di nostalgia.
Un luogo del cuore, il centro del mondo, il piccolissimo (un tempo) centro del mondo di Valentino Losito, che non lo ha scordato, che non può e non vuole scordarlo, facendone un posto unico, ma al contempo parametro in cui possano ritrovarsi tutti coloro i quali hanno un paese in cui affondano le loro radici. «C'è sempre bisogno di un paese», scriveva Cesare Pavese, perché nei piccoli borghi si concentrano storie di cui gli esseri umani in prima battuta e la letteratura poi, hanno necessità di cibarsi.
Sarebbe contento suo padre Lorenzo nel sapere che quel libro, solo apparentemente poco voluminoso, è capace di risvegliare emozioni che in tanti pensavano sopite. E sorriderebbe benevolo nel vedere suo figlio Valentino, quello a cui teneva la mano per i vicoli assolati di quel borgo durante i mesi della "villeggiatura", schermirsi e continuare a ripetere di essere solo un giornalista e giammai uno scrittore.
Valentino Losito ne ha uno che risponde al nome di Santo Spirito, il borgo un tempo frazione di Bitonto e da alcuni decenni marina nord di Bari che si congiunge, grazie ad un litorale lunghissimo, alla vicina Giovinazzo, quasi abbracciandola.
Un luogo-non luogo, schiacciato dal suo essere divenuto periferia spesso dimenticata, un posto in cui l'ex presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Puglia ha trascorso gli anni felicissimi e sereni dell'infanzia e dell'adoloscenza che ritrae in trentotto acquerelli nel suo "E la chiamano estate - Quando andavamo in villeggiatura", presentato ieri sera presso Villa degli Arcieri del giovinazzese Mimmo Arcieri, già Villa Cioffrese, nel popoloso quartiere barese.
Con lui Raffaella Leone della SECOP Edizioni, Giovanni Procacci, ex Senatore della Repubblica, Vincenzo Colonna, presidente della "Pro Loco" di Santo Spirito e la giornalista Enrica Simonetti, gli interventi dei quali sono stati intervallati dai reading di Franco Leccese accompagnato alla chitarra dalle note leggere del Maestro Leonardo Lospalluti. A chiudere, un graditissimo intervento di un'altra nota firma del giornalismo pugliese, Lino Patruno.
"E la chiamano estate", come ha sottolineato Procacci, è un insieme di affreschi che non rispondono necessariamente a storie, fatti e persone di una località specifica, poiché Losito non nomina mai Santo Spirito. Essi rappresentano invece spunto, ne fanno base per portare a riflessioni profonde sul senso della vita, sul tempo che abbiamo vissuto e che vivremo, sulle necessità dell'anima di riannodare i fili del passato per farne un ponte per capire il presente ed immaginare il futuro.
La canicola, il verso delle cicale, l'odore dei ciclamini in fiore, la risacca, le notti stellate. Santo Spirito è tutto questo nei ricordi dell'autore, ma è anche umanità varia, vita scorsa e che non tornerà, sorrisi pieni e lacrime di nostalgia.
Un luogo del cuore, il centro del mondo, il piccolissimo (un tempo) centro del mondo di Valentino Losito, che non lo ha scordato, che non può e non vuole scordarlo, facendone un posto unico, ma al contempo parametro in cui possano ritrovarsi tutti coloro i quali hanno un paese in cui affondano le loro radici. «C'è sempre bisogno di un paese», scriveva Cesare Pavese, perché nei piccoli borghi si concentrano storie di cui gli esseri umani in prima battuta e la letteratura poi, hanno necessità di cibarsi.
Sarebbe contento suo padre Lorenzo nel sapere che quel libro, solo apparentemente poco voluminoso, è capace di risvegliare emozioni che in tanti pensavano sopite. E sorriderebbe benevolo nel vedere suo figlio Valentino, quello a cui teneva la mano per i vicoli assolati di quel borgo durante i mesi della "villeggiatura", schermirsi e continuare a ripetere di essere solo un giornalista e giammai uno scrittore.