«La memoria è verità»
Un pensiero di Daniela Marcone. Intanto a Foggia sarà letto anche il nome di Anna Rosa Tarantino
venerdì 16 marzo 2018
11.28
«Ci apprestiamo di nuovo al 21 marzo, che si terrà a Foggia, in ogni luogo d'Italia e oltre l'Italia. Capita in ogni percorso di avvicinamento al 21 marzo di riflettere in modo più costante sul numero delle persone vittime innocenti delle mafie».
Lo scrive Daniela Marcone, vice presidente di Libera, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, e che quest'anno nel momento della lettura di tutte le vittime, scandirà anche il nome di Anna Rosa Tarantino, l'84enne uccisa a colpi di pistola il 30 dicembre 2017 nel borgo antico durante un conflitto a fuoco tra clan rivali.
«È il 30 dicembre 2017. Bitonto, cittadina alle porte di Bari. Una donna, Anna Rosa Tarantino, - continua la Marcone - una anziana sarta ottantaquattrenne, sta andando a messa. Un commando di corsa, un uomo di corsa. Spari, ancora spari. Alla fine, è lei che viene crivellata di colpi. Come nel 1995, come nel 1999, i giornali scrivono ancora: uccisa per errore. Le pallottole, destinate a un affiliato, la ammazzano.
In Puglia, però, la percezione è cambiata. Ci sono voluti anni, decenni. Ma in pochi, nella comunità, oggi direbbero che è stata uccisa semplicemente per sbaglio. Anna Rosa è vittima della logica di potere della mafia. Le organizzazioni criminali sparano non solo per uccidere. Sì, anche. Sparano per affermare il loro potere, esercitando così il controllo sul territorio. Spargendo terrore ed insicurezza.
Come testimone e come familiare, da molto vado riflettendo intorno alla narrazione del fare memoria: a come raccontare la memoria. Lo faccio perché la memoria ha un modo giusto di essere raccontata. Va individuato e utilizzato. Per esempio, raccontare le vittime di mafie non come vittime, ma come persone, non è solo un espediente: è un dovere.
Così, ho e abbiamo provato ad anteporre alla parola 'vittime' la parola 'persone'. Non più 'vittime', ma 'persone vittime'. Questo perché abbiamo riflettuto sul fatto che, se cominciamo a parlare di questi nostri cari come persone rese vittime, riavvieremmo il passato, rendendolo vivo e in qualche modo presente.
Libera da tanti anni ha scelto il suo modo di fare memoria. Per noi - conclude la Marcone - è un'attività fusa con l'impegno e che dall'impegno non si separa mai. Non è semplicemente un'opportunità: è l'unico modo».
Lo scrive Daniela Marcone, vice presidente di Libera, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, e che quest'anno nel momento della lettura di tutte le vittime, scandirà anche il nome di Anna Rosa Tarantino, l'84enne uccisa a colpi di pistola il 30 dicembre 2017 nel borgo antico durante un conflitto a fuoco tra clan rivali.
«È il 30 dicembre 2017. Bitonto, cittadina alle porte di Bari. Una donna, Anna Rosa Tarantino, - continua la Marcone - una anziana sarta ottantaquattrenne, sta andando a messa. Un commando di corsa, un uomo di corsa. Spari, ancora spari. Alla fine, è lei che viene crivellata di colpi. Come nel 1995, come nel 1999, i giornali scrivono ancora: uccisa per errore. Le pallottole, destinate a un affiliato, la ammazzano.
In Puglia, però, la percezione è cambiata. Ci sono voluti anni, decenni. Ma in pochi, nella comunità, oggi direbbero che è stata uccisa semplicemente per sbaglio. Anna Rosa è vittima della logica di potere della mafia. Le organizzazioni criminali sparano non solo per uccidere. Sì, anche. Sparano per affermare il loro potere, esercitando così il controllo sul territorio. Spargendo terrore ed insicurezza.
Come testimone e come familiare, da molto vado riflettendo intorno alla narrazione del fare memoria: a come raccontare la memoria. Lo faccio perché la memoria ha un modo giusto di essere raccontata. Va individuato e utilizzato. Per esempio, raccontare le vittime di mafie non come vittime, ma come persone, non è solo un espediente: è un dovere.
Così, ho e abbiamo provato ad anteporre alla parola 'vittime' la parola 'persone'. Non più 'vittime', ma 'persone vittime'. Questo perché abbiamo riflettuto sul fatto che, se cominciamo a parlare di questi nostri cari come persone rese vittime, riavvieremmo il passato, rendendolo vivo e in qualche modo presente.
Libera da tanti anni ha scelto il suo modo di fare memoria. Per noi - conclude la Marcone - è un'attività fusa con l'impegno e che dall'impegno non si separa mai. Non è semplicemente un'opportunità: è l'unico modo».