"Levante", nell'operazione rispunta il nome del commercialista Noviello
L'uomo è da ieri rinchiuso in carcere. Sarebbe anche intervenuto «per favorire» un'operazione di «riciclaggio di 30 milioni di euro»
mercoledì 16 febbraio 2022
11.52
Era il loro commercialista di fiducia. 63 anni, originario e residente a Bitonto, Francesco Paolo Noviello, da ieri rinchiuso in cella e con procedimenti in corso per reati tributari e falsità ideologica, è ritenuto dagli inquirenti che gli hanno stretto le manette ai polsi il «capo e l'organizzatore dell'associazione per delinquere».
L'uomo, che per vari anni ha rappresentato l'unica scialuppa di salvataggio del calcio bitontino e già finito agli arresti il 5 luglio 2018 con l'imprenditore Francesco Giordano, nell'ambito di un'inchiesta su una frode fiscale da quasi 300 milioni di euro messa in atto da un'associazione per delinquere, attraverso un consorzio di ditte operanti nel settore della macellazione, «avrebbe curato - è scritto -, quale professionista di fiducia di Giordano la contabilità ufficiale» di alcune società.
Avrebbe «asseverato i crediti Iva inesistenti in capo alle società, inviato le dichiarazioni Iva e quelle integrative, provvedendo all'invio telematico all'Agenzia delle Entrate dei modelli F24 contenenti le compensazioni indebite». Avrebbe «messo a disposizione del sodalizio la Levante s.r.l.», da lui costituita, «nell'ambito del disegno criminoso finalizzato all'acquisizione del compendio aziendale sottoposto a sequestro della Bel Ami s.r.l., società riconducibile a Emanuele Sicolo».
Di Sicolo si è già scritto: condannato per associazione di stampo mafioso e noto per una lunga serie di reati, era stato arrestato dalla Polizia di Stato il 17 marzo 2016, nell'ambito dell'operazione "Do ut des" sul clan Parisi. Noviello, invece, per gli inquirenti, si sarebbe adoperato «con altri sodali per la continuità del sistema illecito, finalizzato alla creazione di ingenti capitali, costituendo quattro nuove società a responsabilità limitata, facendo sistematico ricorso a prestanome».
Infine sarebbe intervenuto, quale intermediario fra Francesco Leone e Francesco Giordano «per favorire l'operazione di riciclaggio di 30 milioni di euro, custoditi all'interno di un caveau ubicato in un'imprecisata località della Confederazione Elvetica» e «provenienti da un sequestro di persona a scopo di estorsione», per il cui trasferimento, in parte in Italia e all'estero, lo stesso Giordano, con i due capi del sodalizio, Antonio Paolo Zefferino e Luigi Spinelli, s'era reso disponibile.
«L'operazione non andava a buon fine - si legge agli atti dell'inchiesta - per cause indipendenti dalla volontà dei soggetti coinvolti nell'illecita operazione». Una curiosità: il commercialista Noviello avrebbe anche «messo a disposizione del sodalizio criminale la società Levante s.r.l.», da cui prende il nome l'operazione.
L'uomo, che per vari anni ha rappresentato l'unica scialuppa di salvataggio del calcio bitontino e già finito agli arresti il 5 luglio 2018 con l'imprenditore Francesco Giordano, nell'ambito di un'inchiesta su una frode fiscale da quasi 300 milioni di euro messa in atto da un'associazione per delinquere, attraverso un consorzio di ditte operanti nel settore della macellazione, «avrebbe curato - è scritto -, quale professionista di fiducia di Giordano la contabilità ufficiale» di alcune società.
Avrebbe «asseverato i crediti Iva inesistenti in capo alle società, inviato le dichiarazioni Iva e quelle integrative, provvedendo all'invio telematico all'Agenzia delle Entrate dei modelli F24 contenenti le compensazioni indebite». Avrebbe «messo a disposizione del sodalizio la Levante s.r.l.», da lui costituita, «nell'ambito del disegno criminoso finalizzato all'acquisizione del compendio aziendale sottoposto a sequestro della Bel Ami s.r.l., società riconducibile a Emanuele Sicolo».
Di Sicolo si è già scritto: condannato per associazione di stampo mafioso e noto per una lunga serie di reati, era stato arrestato dalla Polizia di Stato il 17 marzo 2016, nell'ambito dell'operazione "Do ut des" sul clan Parisi. Noviello, invece, per gli inquirenti, si sarebbe adoperato «con altri sodali per la continuità del sistema illecito, finalizzato alla creazione di ingenti capitali, costituendo quattro nuove società a responsabilità limitata, facendo sistematico ricorso a prestanome».
Infine sarebbe intervenuto, quale intermediario fra Francesco Leone e Francesco Giordano «per favorire l'operazione di riciclaggio di 30 milioni di euro, custoditi all'interno di un caveau ubicato in un'imprecisata località della Confederazione Elvetica» e «provenienti da un sequestro di persona a scopo di estorsione», per il cui trasferimento, in parte in Italia e all'estero, lo stesso Giordano, con i due capi del sodalizio, Antonio Paolo Zefferino e Luigi Spinelli, s'era reso disponibile.
«L'operazione non andava a buon fine - si legge agli atti dell'inchiesta - per cause indipendenti dalla volontà dei soggetti coinvolti nell'illecita operazione». Una curiosità: il commercialista Noviello avrebbe anche «messo a disposizione del sodalizio criminale la società Levante s.r.l.», da cui prende il nome l'operazione.