Mascherine taroccate vendute a Bitonto col 500% di ricarico

La GdF sequestra migliaia di prodotti a un bitontino che le vendeva on-line e ai tre cittadini cinesi che gliele fornivano

venerdì 15 maggio 2020 11.38
Approfittando dell'emergenza sanitaria e della necessità di Dispositivi di Protezione Individuale aveva avviato a Bitonto una remunerativa attività di vendita on-line di mascherine filtranti, tutte taroccate e con un ricarico del 500% sul prezzo di acquisto, ma è stato scoperto e segnalato.

A identificare l'uomo sono stati i militari della Guardia di Finanza della Tenenza di Bitonto, diretti dal luogotenente Mario Perillo, che nell'ambito dell'operazione "Repetita Iuvant", estesa su tutta l'area metropolitana di Bari, hanno effettuato una perquisizione presso l'abitazione del rivenditore, delegata dalla Procura della Repubblica di Bari.

«La perquisizione - spiegano le Fiamme Gialle in una nota - ha consentito di sequestrare 130 mascherine FFP2, ma soprattutto di risalire ai fornitori della merce, due grossisti, nonché ad un altro soggetto privato, tutti di nazionalità cinese, presso i cui depositi ubicati a Modugno i finanzieri bitontini hanno sottoposto a sequestro penale 105.000 mascherine tra chirurgiche e FFP2 con istruzioni scritte esclusivamente in lingua cinese».

«Nello specifico - prosegue il comunicato stampa - le mascherine di tipo chirurgico sono risultate non regolari in quanto prive dei prescritti requisiti di sicurezza, ovvero della certificazione dell'Istituto Superiore di Sanità, mentre le mascherine FFP2 riportavano il marchio "CE" impresso illegalmente, posto che la relativa attestazione di conformità era stata rilasciata da un organismo non autorizzato».

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Nel complesso, l'operazione della Guardia di Finanza contro le manovre speculative sui prezzi al pubblico dei prodotti anti-contagio (mascherine, igienizzanti e disinfettanti) e alle pratiche commerciali illecite e fraudolente, ha consentito di effettuare il sequestro, per violazioni di natura amministrativa e penale, di circa 171.500 prodotti, in massima parte mascherine di varia tipologia.

Ma non solo: anche visiere e occhiali protettivi, gel e salviettine igienizzanti, per un valore complessivo di mercato pari ad oltre 430mila euro. Inoltre sono stati denunciati 20 soggetti ritenuti responsabili di pratiche commerciali illecite e fraudolente e segnalate alle Autorità Amministrative competenti 19 persone per non avere rispettato la normativa in materia di sicurezza dei prodotti e di disciplina dei prezzi.

Mascherine taroccate vendute a Bitonto col 500% di ricarico
Mascherine taroccate vendute a Bitonto col 500% di ricarico
Mascherine taroccate vendute a Bitonto col 500% di ricarico

I 100 militari dei Reparti dipendenti dal I Gruppo Bari impieganti nell'operazione hanno eseguito controlli di polizia economico-finanziaria e perquisizioni in tutta la provincia di Bari, con 41 interventi nei confronti di supermercati, ferramenta, commercio al dettaglio di articoli medicali ed ortopedici, prodotti per la casa, saponi e detersivi, articoli di profumeria, parti e accessori di autoveicoli e giocattoli.

«In più - spiegano i militari - sono state sottoposte a sequestro amministrativo oltre 30mila mascherine di varie tipologie prive delle necessarie indicazioni che, secondo le prescrizioni della normativa di settore, devono essere fornite al consumatore a garanzia della relativa sicurezza. Quindi, sono stati segnalati 16 titolari di imprese alla competente Camera di Commercio che ora rischiano sanzioni pecuniarie che possono raggiungere, a seconda dei casi, anche oltre 25mila euro».

«Si tratta - prosegue la nota ufficiale - di prodotti che dovrebbero assicurare rigorosi standard di sicurezza e che, invece, vengono importati senza alcuna idonea certificazione da imprenditori senza scrupoli che li reperiscono nei modi più disparati, per poi distribuirli sul territorio grazie a commercianti altrettanto improvvisati, operanti nei settori più variegati».

Questi ultimi, infatti, «allettati dai facili guadagni, si sono avventurati in tale business, così mettendo potenzialmente a rischio la salute dei cittadini e ponendo in essere una concorrenza sleale ai danni degli imprenditori che operano onestamente sul mercato».