Maxi inchiesta "Levante": chiesti 80 rinvii a giudizio

L'Antimafia vuole mandare a processo, fra gli altri, i bitontini Sicolo, Giordano e Noviello. Udienza fissata per il 13 maggio

venerdì 22 aprile 2022 8.24
A cura di La redazione
Tre avvocati del Foro di Bari (Pierdomenico Bisceglie, Massimo Roberto Chiusolo e Fabio Mesto), un commercialista (Francesco Paolo Noviello, tuttora agli arresti domiciliari), e numerosi imprenditori, oltre a esponenti del clan mafioso Parisi di Bari.

La Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo ha chiesto il rinvio a giudizio di 80 persone - l'udienza preliminare è fissata per il 13 maggio - coinvolte nella maxi inchiesta "Levante" sul presunto riciclaggio, anche oltre confine, di denaro derivante da attività illecite, di evasione fiscale e frode nelle forniture di carburante.

Le accuse, contestate a vario titolo, sono di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all'autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al contrabbando di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di stupefacenti e alla detenzione illegale di armi. L'inchiesta, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia e dalla Guardia di Finanza, lo scorso 15 febbraio, ha portato all'esecuzione di 75 misure cautelari, tra arresti (14 in carcere e 45 ai domiciliari), obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria (14) e misure interdittive (2), 58 delle quali tuttora in corso.

L'indagine, diretta dai pubblici ministeri antimafia Fabio Buquicchio e Bruna Manganelli con il coordinamento del procuratore aggiunto Francesco Giannella, che ha permesso di sgominare due differenti gruppi criminali e di riportare dietro le sbarre Emanuele Sicolo, ritenuto nell'orbita del clan Parisi, a cui risulta affiliato e riconosciuto come il «capo e l'organizzatore dell'associazione per delinquere», ha consentito di descrivere la figura di Francesco Giordano, imprenditore di Bitonto.

L'uomo, operante nel settore della somministrazione di manodopera alle più importanti aziende per la lavorazione delle carni, secondo le indagini era «al centro di una complessa organizzazione di mezzi e persone» che nel corso degli anni, attraverso una rete di società e prestanome, sarebbe riuscito a «conseguire un risparmio di spesa, con corrispondente danno erariale, per circa 31 milioni di euro, che "drenava" in parte, così oscurandone la provenienza delittuosa, facendo affluire denaro nelle casse di altre società riconducibili al sodalizio criminale, dietro lo schermo di false transazioni commerciali».

I proventi così illecitamente realizzati - gli inquirenti hanno accertato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro - sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico con operazioni di riciclaggio attraverso un sistema di aziende consorziate, società cartiere e frodi fiscali nel settore della commercializzazione di carne e idrocarburi, con la complicità di professionisti compiacenti.

Proprio nella fase della "monetizzazione" dei proventi illeciti, sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosissimi "fiduciari" a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste illecitamente conseguite dal sodalizio per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico.

L'altro gruppo criminale, invece, di carattere transnazionale e con base operativa nell'area metropolitana di Bari, era attivo nell'illecita commercializzazione di oli lubrificanti, in evasione delle accise dovute all'erario, e ruotava intorno alle figure verticistiche dei fratelli Marotta, Giuseppe e Domenico, entrambi originari di Bari.

«Trasporti internazionali» e «successive vendite in Italia di prodotti petroliferi», sarebbero stati sottratti al pagamento dell'accisa, fissata a 617 euro ogni 1.000 litri, e sarebbero stati qualificati «in maniera fraudolenta - quali "oli lubrificanti" e "preparazioni lubrificanti" -, sottoposti invece al solo pagamento dell'imposta di consumo, nonostante si trattasse di preparazioni chimiche con caratteristiche analoghe a quelle del gasolio».

Sarà ora il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Ilaria Casu, a decidere se disporre o meno il processo per gli imputati nel corso dell'udienza preliminare che inizierà il prossimo 13 maggio nell'aula bunker di Bitonto.