«Non gli bastava avvelenare i ragazzi con la droga, dovevano sparare fino ad ammazzare un innocente»
Nel corso della requisitoria, i pubblici ministeri hanno ricostruito la storia dei due clan in guerra, i Conte e i Cipriano
giovedì 17 gennaio 2019
8.50
«Non gli bastava avvelenare ogni giorno intere generazioni di ragazzi con la droga che vendevano - hanno detto i pubblici ministeri nella requisitoria -, dovevano mostrare i muscoli e sparare fino ad ammazzare una persona innocente».
I magistrati baresi hanno evidenziato anche il contributo fornito alle indagini dalle dichiarazioni di due ragazze, imparentate con alcuni degli imputati, che pochi giorni dopo i fatti «con le lacrime agli occhi - hanno detto i pubblici ministeri al giudice dell'udienza preliminare - hanno raccontato quello che avevano visto e che sapevano, rompendo finalmente il muro di omertà».
Stando alle indagini degli agenti della Polizia di Stato e dei militari dell'Arma dei Carabinieri, all'origine dello scontro ci sarebbe stata la gestione delle piazze di spaccio e il tradimento di alcuni sodali passati al clan rivale. Cosimo Liso aveva iniziato a spacciare nella piazza dei rivali, nel centro storico, e per questo gli era stato intimato di abbandonare la propria casa.
All'indomani mattina la sua reazione, con alcuni colpi di pistola su un portone a Porta Robustina, piazza di spaccio nella città vecchia del clan Cipriano, quindi la risposta con due spedizioni punitive: una a casa di Liso, sfondando il portone d'ingresso, l'altra in via Pertini, alla periferia di Bitonto, con 31 colpi sul portone della palazzina dove ha sede la piazza di spaccio controllata dal clan Conte (ritenuti responsabili Francesco Colasuonno, Benito Ruggiero e Rocco Mena).
I Conte avrebbero aspettato solo dieci minuti: due uomini con i volti coperti, Michele Sabba e Rocco Papaleo (ora pentiti), cercarono un bersaglio, uno qualunque del clan rivale, e inseguendo lo spacciatore Giuseppe Casadibari (anche lui ora collaboratore di giustizia) uccisero Anna Rosa Tarantino. Ad ordinare il delitto sarebbe stato il boss Domenico Conte e a portare il suo messaggio ai sicari il pregiudicato Alessandro D'Elia.
Nel processo sono costituiti parti civili il Comune di Bitonto, l'associazione Antiracket e i familiari di Anna Rosa Tarantino. Si tornerà in aula per le arringhe il prossimo 15 marzo. La sentenza è prevista per il 30 aprile.
I magistrati baresi hanno evidenziato anche il contributo fornito alle indagini dalle dichiarazioni di due ragazze, imparentate con alcuni degli imputati, che pochi giorni dopo i fatti «con le lacrime agli occhi - hanno detto i pubblici ministeri al giudice dell'udienza preliminare - hanno raccontato quello che avevano visto e che sapevano, rompendo finalmente il muro di omertà».
Stando alle indagini degli agenti della Polizia di Stato e dei militari dell'Arma dei Carabinieri, all'origine dello scontro ci sarebbe stata la gestione delle piazze di spaccio e il tradimento di alcuni sodali passati al clan rivale. Cosimo Liso aveva iniziato a spacciare nella piazza dei rivali, nel centro storico, e per questo gli era stato intimato di abbandonare la propria casa.
All'indomani mattina la sua reazione, con alcuni colpi di pistola su un portone a Porta Robustina, piazza di spaccio nella città vecchia del clan Cipriano, quindi la risposta con due spedizioni punitive: una a casa di Liso, sfondando il portone d'ingresso, l'altra in via Pertini, alla periferia di Bitonto, con 31 colpi sul portone della palazzina dove ha sede la piazza di spaccio controllata dal clan Conte (ritenuti responsabili Francesco Colasuonno, Benito Ruggiero e Rocco Mena).
I Conte avrebbero aspettato solo dieci minuti: due uomini con i volti coperti, Michele Sabba e Rocco Papaleo (ora pentiti), cercarono un bersaglio, uno qualunque del clan rivale, e inseguendo lo spacciatore Giuseppe Casadibari (anche lui ora collaboratore di giustizia) uccisero Anna Rosa Tarantino. Ad ordinare il delitto sarebbe stato il boss Domenico Conte e a portare il suo messaggio ai sicari il pregiudicato Alessandro D'Elia.
Nel processo sono costituiti parti civili il Comune di Bitonto, l'associazione Antiracket e i familiari di Anna Rosa Tarantino. Si tornerà in aula per le arringhe il prossimo 15 marzo. La sentenza è prevista per il 30 aprile.