«Paolo Caprio ucciso con tre pugni al volto». Chiesto il processo
Lo ha chiesto la Procura della Repubblica di Bari per Fabio Giampalmo. Il 3 maggio l'udienza preliminare
lunedì 18 aprile 2022
Avrà inizio il prossimo 3 maggio l'udienza preliminare per l'omicidio di Paolo Caprio, il 41enne che perse la vita nella notte tra il 4 e il 5 settembre all'esterno della stazione di servizio Dill's di Bitonto. Rischia il processo il 20enne Fabio Giampalmo, adesso in carcere, ritenuto responsabile dell'atroce pestaggio della vittima.
«Un'aggressione unilaterale, di inaudita violenza e su un avversario ormai inerme», la definì il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Marco Galesi, convalidando il fermo. Come proverebbero le immagini di videosorveglianza della stazione di servizio, il 20enne, reo confesso e già noto per piccoli reati, avrebbe infatti colpito Caprio con cinque pugni in appena 26 secondi, in seguito ai quali la vittima sarebbe caduta e avrebbe poi sbattuto violentemente la testa a terra.
Nessun tentativo di reazione sarebbe stato compiuto dal 41enne che, come confermato pure dall'autopsia eseguita presso l'Istituto di Medicina Legale, sarebbe morto sul colpo a causa del trauma cranico. A scatenare l'ira di Giampalmo, stando alla versione fornita ai Carabinieri della locale Stazione dallo stesso presunto aggressore, sarebbero stati degli sguardi indiscreti lanciati dal 41enne, conosciuto soltanto di vista, a sua moglie e alle compagne dei suoi amici lì presenti.
Il ragazzo, assistito dall'avvocato Nicola Capaldi, si consegnò in caserma la mattina seguente all'omicidio, dopo aver saputo del decesso dell'imbianchino, padre di una bambina di soli 5 anni. Dopo l'aggressione, infatti, Giampalmo, un esperto di boxe e di arti marziali, si allontanò dalla scena del crimine e si rifugiò nelle vie del centro storico di Bitonto, non preoccupandosi «di verificare le condizioni del suo avversario». In mattinata. infine, decise di consegnarsi agli investigatori.
«Non ha manifestato segni di agitazione, ravvedimento o pentimento» sono state le parole del giudice, che l'8 settembre scorso convalidò il suo fermo in carcere, dove si trova tuttora detenuto, disposto dal pubblico ministero Ignazio Abadessa. La scomparsa di Paolo Caprio, considerato da tutti un brav'uomo, ha scosso la città di Bitonto, che, a quasi un anno di distanza, chiede giustizia e si è stretta attorno alla sua famiglia, lacerata dal dolore eppure esempio di grande dignità.
«Non riesco ad odiare la persona che ha colpito mio figlio, perché evidentemente a differenza sua non ha altri strumenti» fu il pensiero, toccante e sorprendente, della mamma Renata all'indomani dell'omicidio. Parole ferite poi dal sindaco Michele Abbaticchio in occasione dei funerali.
«Un'aggressione unilaterale, di inaudita violenza e su un avversario ormai inerme», la definì il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Marco Galesi, convalidando il fermo. Come proverebbero le immagini di videosorveglianza della stazione di servizio, il 20enne, reo confesso e già noto per piccoli reati, avrebbe infatti colpito Caprio con cinque pugni in appena 26 secondi, in seguito ai quali la vittima sarebbe caduta e avrebbe poi sbattuto violentemente la testa a terra.
Nessun tentativo di reazione sarebbe stato compiuto dal 41enne che, come confermato pure dall'autopsia eseguita presso l'Istituto di Medicina Legale, sarebbe morto sul colpo a causa del trauma cranico. A scatenare l'ira di Giampalmo, stando alla versione fornita ai Carabinieri della locale Stazione dallo stesso presunto aggressore, sarebbero stati degli sguardi indiscreti lanciati dal 41enne, conosciuto soltanto di vista, a sua moglie e alle compagne dei suoi amici lì presenti.
Il ragazzo, assistito dall'avvocato Nicola Capaldi, si consegnò in caserma la mattina seguente all'omicidio, dopo aver saputo del decesso dell'imbianchino, padre di una bambina di soli 5 anni. Dopo l'aggressione, infatti, Giampalmo, un esperto di boxe e di arti marziali, si allontanò dalla scena del crimine e si rifugiò nelle vie del centro storico di Bitonto, non preoccupandosi «di verificare le condizioni del suo avversario». In mattinata. infine, decise di consegnarsi agli investigatori.
«Non ha manifestato segni di agitazione, ravvedimento o pentimento» sono state le parole del giudice, che l'8 settembre scorso convalidò il suo fermo in carcere, dove si trova tuttora detenuto, disposto dal pubblico ministero Ignazio Abadessa. La scomparsa di Paolo Caprio, considerato da tutti un brav'uomo, ha scosso la città di Bitonto, che, a quasi un anno di distanza, chiede giustizia e si è stretta attorno alla sua famiglia, lacerata dal dolore eppure esempio di grande dignità.
«Non riesco ad odiare la persona che ha colpito mio figlio, perché evidentemente a differenza sua non ha altri strumenti» fu il pensiero, toccante e sorprendente, della mamma Renata all'indomani dell'omicidio. Parole ferite poi dal sindaco Michele Abbaticchio in occasione dei funerali.