Prima la rapina, poi l'omicidio: arrestato il boss del clan Cipriano
I fatti nel 2017: la vittima, un 33enne, fu uccisa in un agguato. Il boss Colasuonno temeva potesse collaborare con la giustizia
domenica 1 dicembre 2024
10.19
Francesco Colasuonno avrebbe ucciso Edvin Sadiku «per scongiurare il rischio che potesse collaborare con la giustizia». Ecco il movente del delitto del 33enne albanese, per il quale giovedì, a quasi 8 anni, è stato arrestato dai Carabinieri del Comando Provinciale di Bari il 37enne boss bitontino, alias «Ciccio Cipriano».
All'uomo, già recluso nel penitenziario di Voghera, è stata notificata una misura cautelare custodiale, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Gabriella Pede, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, con le accuse di omicidio volontario premeditato, detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall'agevolazione mafiosa. Sadiku, con vari precedenti, fu ritrovato morto nell'agro di Binetto il 3 febbraio 2017.
Dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero antimafia Marco D'Agostino, è emerso che quella sera l'uomo, appartenente al clan Cipriano, aveva commesso col boss una violenta rapina. Erano le ore 19.00, quando a Toritto, lungo la strada statale 96, Sadiku, 33enne, era stato coinvolto da Colasuonno in una rapina a mano armata ai danni di un uomo, il quale fu «tamponato da un'auto e, sceso dal mezzo, colpito col calcio di una pistola alla testa e privato della propria auto».
Subito dopo, i rapinatori si allontanarono «con entrambe le auto raggiungendo l'agro di Binetto, dove l'indagato sceso dall'auto e, cogliendolo di sorpresa, esplose nei confronti del complice almeno 12 colpi di arma da fuoco calibro 7.62, raggiungendolo in sei punti diversi al collo e alla testa». Gli esiti dell'esame autoptico e dei conseguenti accertamenti balistici hanno permesso di accertare che nei confronti della vittima, riversa a terra, «erano stati esplosi ulteriori colpi di pistola».
La decisione di uccidere Sadiku era stata assunta da Colasuonno «per scongiurare il rischio che lo stesso potesse collaborare con la giustizia e, dunque, rendere dichiarazioni anche sui fatti di sangue commessi dai vertici del sodalizio». Il rischio sarebbe stato di «ricevere condanne a pene perpetue, se non l'estinzione del clan» Cipriano. Per questa ragione, la gip ha ritenuto «sussistente la circostanza aggravante del metodo mafioso e del fine di agevolare un sodalizio mafioso».
Sabato, intanto, si è svolto l'interrogatorio di garanzia nel Tribunale di Pavia: il 37enne, assistito dall'avvocato Damiano Somma, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'attività investigativa, che ha condotto all'arresto di Colasuonno, «si collega ad un contesto d'indagine più ampio che ha riguardato l'intera Bitonto».
All'uomo, già recluso nel penitenziario di Voghera, è stata notificata una misura cautelare custodiale, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Gabriella Pede, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, con le accuse di omicidio volontario premeditato, detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall'agevolazione mafiosa. Sadiku, con vari precedenti, fu ritrovato morto nell'agro di Binetto il 3 febbraio 2017.
Dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero antimafia Marco D'Agostino, è emerso che quella sera l'uomo, appartenente al clan Cipriano, aveva commesso col boss una violenta rapina. Erano le ore 19.00, quando a Toritto, lungo la strada statale 96, Sadiku, 33enne, era stato coinvolto da Colasuonno in una rapina a mano armata ai danni di un uomo, il quale fu «tamponato da un'auto e, sceso dal mezzo, colpito col calcio di una pistola alla testa e privato della propria auto».
Subito dopo, i rapinatori si allontanarono «con entrambe le auto raggiungendo l'agro di Binetto, dove l'indagato sceso dall'auto e, cogliendolo di sorpresa, esplose nei confronti del complice almeno 12 colpi di arma da fuoco calibro 7.62, raggiungendolo in sei punti diversi al collo e alla testa». Gli esiti dell'esame autoptico e dei conseguenti accertamenti balistici hanno permesso di accertare che nei confronti della vittima, riversa a terra, «erano stati esplosi ulteriori colpi di pistola».
La decisione di uccidere Sadiku era stata assunta da Colasuonno «per scongiurare il rischio che lo stesso potesse collaborare con la giustizia e, dunque, rendere dichiarazioni anche sui fatti di sangue commessi dai vertici del sodalizio». Il rischio sarebbe stato di «ricevere condanne a pene perpetue, se non l'estinzione del clan» Cipriano. Per questa ragione, la gip ha ritenuto «sussistente la circostanza aggravante del metodo mafioso e del fine di agevolare un sodalizio mafioso».
Sabato, intanto, si è svolto l'interrogatorio di garanzia nel Tribunale di Pavia: il 37enne, assistito dall'avvocato Damiano Somma, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'attività investigativa, che ha condotto all'arresto di Colasuonno, «si collega ad un contesto d'indagine più ampio che ha riguardato l'intera Bitonto».