Soldi dai malati terminali, chiesti 10 anni all'oncologo Rizzi
Il professionista, originario di Bitonto, è ai domiciliari da maggio 2021. Secondo la Procura avrebbe raggirato 16 persone
giovedì 21 luglio 2022
8.39
Rischia una condanna in primo grado a 10 anni di reclusione l'oncologo barese (attualmente sospeso dal servizio) Giuseppe Rizzi, 66enne originario di Bitonto, ex dirigente medico dell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, imputato con l'accusa di concussione aggravata e continuata in concorso per aver raggirato 16 pazienti terminali.
Ieri, nel Tribunale del capoluogo, davanti al giudice dell'udienza preliminare Francesco Vittorio Rinaldi, il pubblico ministero Marcello Quercia ha formulato la sua richiesta. Il professionista - secondo l'ipotesi accusatoria - si sarebbe fatto pagare fino 7mila euro per ogni iniezione di un farmaco che definiva miracoloso, dando così ai malati false speranze di guarigione e costringendoli a pagare centinaia di migliaia di euro (oltre 2,5 milioni in totale, secondo gli accertamenti degli inquirenti, in dieci anni) per prestazioni sanitarie alle quali i pazienti avevano invece diritto gratuitamente.
Rizzi, agli arresti domiciliari da maggio 2021, avrebbe agito con la complicità della compagna co-imputata, l'avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani che gestiva un Caf a Bari adibito all'occorrenza abusivamente ad ambulatorio medico. Per la donna, invece, il pm, che ha coordinato le indagini di Carabinieri e Guardia di Finanza, ha chiesto una condanna a 4 anni di reclusione.
L'inchiesta partì dalla denuncia dei familiari di un paziente, Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di un istituto bancario di Foggia morto per cancro nel febbraio 2020, che avrebbe consegnato al medico 127mila euro in un anno fino ad essere costretto, quando ormai era in fin di vita e senza più soldi, a ripagare le prestazioni sanitarie lavorando come operaio edile nella villa al mare nel quartiere Palese di Bari, finita sotto sequestro con vari terreni a Bitonto e i saldi attivi di alcuni rapporti bancari, che Rizzi stava ristrutturando.
Il medico è indagato per alcuni casi di presunta concussione aggravata per aver eseguito su pazienti oncologici dell'istituto di viale Flacco, dove Rizzi lavorava, prestazioni mediche e in particolare le iniezioni di un farmaco, la cui somministrazione era a titolo gratuito, facendosi pagare denaro o altre utilità. Al medico è contestato anche di aver truffato l'ospedale perché percepiva una indennità aggiuntiva sullo stipendio di oltre mille euro mensili per non svolgere attività privata, e invece con quei pazienti terminali faceva visite private a pagamento.
Nel processo, che si celebra con il rito abbreviato, si sono costituiti parti civili i familiari di alcuni pazienti deceduti, l'ospedale e l'Ordine dei Medici di Bari, che ha chiesto un risarcimento simbolico di 1 euro per ogni medico iscritto all'Ordine. Si tornerà in aula il prossimo 28 settembre per l'arringa della difesa, rappresentata dall'avvocato Mario Malcangi, e la sentenza.
Ieri, nel Tribunale del capoluogo, davanti al giudice dell'udienza preliminare Francesco Vittorio Rinaldi, il pubblico ministero Marcello Quercia ha formulato la sua richiesta. Il professionista - secondo l'ipotesi accusatoria - si sarebbe fatto pagare fino 7mila euro per ogni iniezione di un farmaco che definiva miracoloso, dando così ai malati false speranze di guarigione e costringendoli a pagare centinaia di migliaia di euro (oltre 2,5 milioni in totale, secondo gli accertamenti degli inquirenti, in dieci anni) per prestazioni sanitarie alle quali i pazienti avevano invece diritto gratuitamente.
Rizzi, agli arresti domiciliari da maggio 2021, avrebbe agito con la complicità della compagna co-imputata, l'avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani che gestiva un Caf a Bari adibito all'occorrenza abusivamente ad ambulatorio medico. Per la donna, invece, il pm, che ha coordinato le indagini di Carabinieri e Guardia di Finanza, ha chiesto una condanna a 4 anni di reclusione.
L'inchiesta partì dalla denuncia dei familiari di un paziente, Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di un istituto bancario di Foggia morto per cancro nel febbraio 2020, che avrebbe consegnato al medico 127mila euro in un anno fino ad essere costretto, quando ormai era in fin di vita e senza più soldi, a ripagare le prestazioni sanitarie lavorando come operaio edile nella villa al mare nel quartiere Palese di Bari, finita sotto sequestro con vari terreni a Bitonto e i saldi attivi di alcuni rapporti bancari, che Rizzi stava ristrutturando.
Il medico è indagato per alcuni casi di presunta concussione aggravata per aver eseguito su pazienti oncologici dell'istituto di viale Flacco, dove Rizzi lavorava, prestazioni mediche e in particolare le iniezioni di un farmaco, la cui somministrazione era a titolo gratuito, facendosi pagare denaro o altre utilità. Al medico è contestato anche di aver truffato l'ospedale perché percepiva una indennità aggiuntiva sullo stipendio di oltre mille euro mensili per non svolgere attività privata, e invece con quei pazienti terminali faceva visite private a pagamento.
Nel processo, che si celebra con il rito abbreviato, si sono costituiti parti civili i familiari di alcuni pazienti deceduti, l'ospedale e l'Ordine dei Medici di Bari, che ha chiesto un risarcimento simbolico di 1 euro per ogni medico iscritto all'Ordine. Si tornerà in aula il prossimo 28 settembre per l'arringa della difesa, rappresentata dall'avvocato Mario Malcangi, e la sentenza.