Sottrae 130mila euro ad un paziente: arrestato oncologo di Bitonto
Giuseppe Rizzi avrebbe approfittato delle gravi condizioni psico-fisiche del malato per somministrargli i farmaci
sabato 29 maggio 2021
13.09
Si sarebbe fatto pagare oltre 130mila euro da un paziente, poi deceduto, per somministrargli farmaci oncologici salvavita gratuiti. I Carabinieri di Bari, nella giornata di ieri hanno arrestato il 65enne Giuseppe Rizzi, medico oncologo di Bitonto in servizio fino a circa un anno fa all'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari.
Al medico, che si trova agli arresti domiciliari in esecuzione di un'ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Giovanni Anglana, il pubblico ministero Marcello Quercia contesta il reato di concussione aggravata e continuata in concorso con la propria compagna, l'avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani. Oltre alla misura cautelare, i militari hanno anche eseguito un decreto di sequestro preventivo del valore di 136mila euro.
In sede di perquisizione, inoltre, nella sua abitazione, i militari hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole per calzature. I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L'indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di una banca di Foggia, deceduto per cancro, dopo la sua morte, avvenuta nel febbraio 2020. Da lì sono scattate le indagini.
Secondo gli inquirenti, il medico, abusando della qualità e dei poteri di pubblico ufficiale, dirigente medico presso il Dipartimento di Oncologia dell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, durante lo svolgimento della sua attività professionale sia in orario di servizio che fuori turno (e comunque non in regime di attività intra od extramoenia), avrebbe eseguito prestazioni mediche sul suo paziente oncologico, affetto da una accertata e grave patologia.
Inoltre, in trattamento presso l'istituto barese, avrebbe eseguito prestazioni mediche ed in particolare iniezioni di un farmaco per la cui somministrazione, benché prevista a titolo gratuito in quanto a totale carico del S.S.N., costringendo il paziente al pagamento in suo favore di ingenti somme di denaro nonché di altre utilità sia presso la struttura ospedaliera che presso il patronato CAF in uso alla compagna, adibito nell'occasione ad un ambulatorio medico di natura illegale.
«Le condotte venivano poste in essere dalla coppia approfittando delle condizioni psico-fisiche della vittima che versava in uno stato psicologico di soggezione e di reverenza oltre che di totale fiducia nel suo medico, al punto (quest'ultimo) di indurre la vittima a riconoscerlo quale unico referente in grado di garantirgli la sopravvivenza e così ottenendo illecitamente la somma di denaro contante di circa 130mila euro, regalie di ingente valore, lavori edili ed altre utilità».
L'Autorità Giudiziaria ha emesso a carico dello stesso Rizzi uno specifico decreto di sequestro preventivo d'urgenza per equivalente della somma di denaro pari a 136mila euro quale profitto del reato ai fini della confisca per equivalente presso un istituto bancario locale.
Le articolate e complesse indagini, avviate a seguito di specifiche segnalazioni pervenute ai Carabinieri dai familiari del paziente, nel frattempo deceduto per la grave patologia tumorale di cui era affetto, e dallo stesso Istituto Tumori di Bari, hanno consentito di acclarare, anche attraverso mirati accertamenti di natura tecnico-patrimoniale, il disegno criminoso ideato e posto in essere dalla coppia al fine di ottenere enormi ed indebiti vantaggi economico e patrimoniali ai danni della vittima.
Inoltre lo stesso Rizzi avrebbe ribadito le proprie abilità e capacità mediche, fornendo allo stesso tempo false speranze di sopravvivenza al paziente che, pur di restare in vita, continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti.
Durante la perquisizione gli operanti hanno rinvenuto reperti archeologici in ordine ai quali è stato chiesto l'intervento e la consulenza di personale specializzato del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico che ha proceduto al successivo sequestro nonché ben occultate all'interno di buste e scatole per calzature ingenti somme di denaro in contante (circa 1,9 milioni di euro) anch'esse sequestrate.
L'odierno risultato investigativo pone in risalto ancora una volta l'importanza della fiducia che il cittadino deve porre nelle Istituzioni, denunciando all'Autorità Giudiziaria o alle forze dell'ordine qualsiasi pratica o comportamento ritenuto illegale, nella convinzione che il riparo nella giustizia è l'unica strada per la legalità.
Al medico, che si trova agli arresti domiciliari in esecuzione di un'ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Giovanni Anglana, il pubblico ministero Marcello Quercia contesta il reato di concussione aggravata e continuata in concorso con la propria compagna, l'avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani. Oltre alla misura cautelare, i militari hanno anche eseguito un decreto di sequestro preventivo del valore di 136mila euro.
In sede di perquisizione, inoltre, nella sua abitazione, i militari hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole per calzature. I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L'indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, Ottavio Gaggiotti, ex dipendente di una banca di Foggia, deceduto per cancro, dopo la sua morte, avvenuta nel febbraio 2020. Da lì sono scattate le indagini.
Secondo gli inquirenti, il medico, abusando della qualità e dei poteri di pubblico ufficiale, dirigente medico presso il Dipartimento di Oncologia dell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, durante lo svolgimento della sua attività professionale sia in orario di servizio che fuori turno (e comunque non in regime di attività intra od extramoenia), avrebbe eseguito prestazioni mediche sul suo paziente oncologico, affetto da una accertata e grave patologia.
Inoltre, in trattamento presso l'istituto barese, avrebbe eseguito prestazioni mediche ed in particolare iniezioni di un farmaco per la cui somministrazione, benché prevista a titolo gratuito in quanto a totale carico del S.S.N., costringendo il paziente al pagamento in suo favore di ingenti somme di denaro nonché di altre utilità sia presso la struttura ospedaliera che presso il patronato CAF in uso alla compagna, adibito nell'occasione ad un ambulatorio medico di natura illegale.
«Le condotte venivano poste in essere dalla coppia approfittando delle condizioni psico-fisiche della vittima che versava in uno stato psicologico di soggezione e di reverenza oltre che di totale fiducia nel suo medico, al punto (quest'ultimo) di indurre la vittima a riconoscerlo quale unico referente in grado di garantirgli la sopravvivenza e così ottenendo illecitamente la somma di denaro contante di circa 130mila euro, regalie di ingente valore, lavori edili ed altre utilità».
L'Autorità Giudiziaria ha emesso a carico dello stesso Rizzi uno specifico decreto di sequestro preventivo d'urgenza per equivalente della somma di denaro pari a 136mila euro quale profitto del reato ai fini della confisca per equivalente presso un istituto bancario locale.
Le articolate e complesse indagini, avviate a seguito di specifiche segnalazioni pervenute ai Carabinieri dai familiari del paziente, nel frattempo deceduto per la grave patologia tumorale di cui era affetto, e dallo stesso Istituto Tumori di Bari, hanno consentito di acclarare, anche attraverso mirati accertamenti di natura tecnico-patrimoniale, il disegno criminoso ideato e posto in essere dalla coppia al fine di ottenere enormi ed indebiti vantaggi economico e patrimoniali ai danni della vittima.
Inoltre lo stesso Rizzi avrebbe ribadito le proprie abilità e capacità mediche, fornendo allo stesso tempo false speranze di sopravvivenza al paziente che, pur di restare in vita, continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti.
Durante la perquisizione gli operanti hanno rinvenuto reperti archeologici in ordine ai quali è stato chiesto l'intervento e la consulenza di personale specializzato del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico che ha proceduto al successivo sequestro nonché ben occultate all'interno di buste e scatole per calzature ingenti somme di denaro in contante (circa 1,9 milioni di euro) anch'esse sequestrate.
L'odierno risultato investigativo pone in risalto ancora una volta l'importanza della fiducia che il cittadino deve porre nelle Istituzioni, denunciando all'Autorità Giudiziaria o alle forze dell'ordine qualsiasi pratica o comportamento ritenuto illegale, nella convinzione che il riparo nella giustizia è l'unica strada per la legalità.