Tentata estorsione, ieri gli interrogatori di garanzia: rispondono i Monte
Tre dei quattro arrestati hanno anche fornito «una adeguata documentazione che dimostra la loro estraneità ai fatti contestati»
venerdì 22 settembre 2023
13.28
Si aspetta la decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Nicola Bonante, sulla revoca della ordinanza cautelare per i bitontini accusati di tentata estorsione. Questi avrebbero voluto riprendersi un capannone, acquistato dalla vittima, al termine di un'asta giudiziaria e una espropriazione immobiliare.
Gli indagati, i fratelli Cosimo e Francesco Monte, di 53 e 57 anni, il figlio del primo, Dario, 26enne, e Antonio Lavacca, di 47 anni, hanno risposto all'interrogatorio di garanzia nel carcere di Bari. «I miei assistiti hanno risposto alle domande, fornendo la documentazione che dimostra la loro estraneità ai fatti contestati - ha spiegato il legale Michele Cianci -. Dalle prove documentali si evince come l'acquisto dell'immobile, già di proprietà della famiglia, è avvenuto tramite vie legali».
«A gennaio 2023 è stata inviata una pec alla presunta vittima, in cui veniva spiegato come si fosse costituita una società ad hoc per l'acquisto del capannone. La cifra proposta era di 560mila euro, maggiore di 60mila euro rispetto» al prezzo di asta. In mancanza di un riscontro, un legale «ha inviato una seconda missiva - ha continuato Cianci -: la risposta è stata di una indisponibilità, in quel momento, alla vendita». Per questo «abbiamo richiesto la revoca della misura cautelare».
Tra i fatti contestati ci sarebbe un pestaggio, ai danni di un collaboratore del denunciante, da parte di Lavacca che sarebbe stato l'esecutore di un ordine ricevuto. «Il mio cliente ha negato gli addebiti - ha detto il legale Giuseppe Galliani -. E ora faremo richiesta di riesame contro il provvedimento al Tribunale della Libertà».
Gli indagati, i fratelli Cosimo e Francesco Monte, di 53 e 57 anni, il figlio del primo, Dario, 26enne, e Antonio Lavacca, di 47 anni, hanno risposto all'interrogatorio di garanzia nel carcere di Bari. «I miei assistiti hanno risposto alle domande, fornendo la documentazione che dimostra la loro estraneità ai fatti contestati - ha spiegato il legale Michele Cianci -. Dalle prove documentali si evince come l'acquisto dell'immobile, già di proprietà della famiglia, è avvenuto tramite vie legali».
«A gennaio 2023 è stata inviata una pec alla presunta vittima, in cui veniva spiegato come si fosse costituita una società ad hoc per l'acquisto del capannone. La cifra proposta era di 560mila euro, maggiore di 60mila euro rispetto» al prezzo di asta. In mancanza di un riscontro, un legale «ha inviato una seconda missiva - ha continuato Cianci -: la risposta è stata di una indisponibilità, in quel momento, alla vendita». Per questo «abbiamo richiesto la revoca della misura cautelare».
Tra i fatti contestati ci sarebbe un pestaggio, ai danni di un collaboratore del denunciante, da parte di Lavacca che sarebbe stato l'esecutore di un ordine ricevuto. «Il mio cliente ha negato gli addebiti - ha detto il legale Giuseppe Galliani -. E ora faremo richiesta di riesame contro il provvedimento al Tribunale della Libertà».