Tre anni fa il lockdown che cambiò le nostre vite
Ripercorriamo quelle ore terribili che ci hanno portato ad una fase della nostra storia senza precedenti negli ultimi 100 anni
giovedì 9 marzo 2023
10.51
Era il 9 marzo 2020, quando intorno alle 20.30, l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte apparve in tv per comunicare agli italiani che i contagi da Sars CoV2 erano un pericolo non solo per la popolazione di una ristretta zona della Lombardia, ma per tutta la nazione. Tutti rinchiusi, con regole da "disaster movie" che avevamo solo immaginato nei nostri incubi. Ed un nemico invisibile che ci ha falcidiato, senza troppe difese. Stop al cinema, alle partite di calcio (ultima squadra professionistica in campo, quella sera, fu il Bari con il Catanzaro), ai concerti, alle discoteche, ai gruppi di amici, alle cene. Stop alla vita. Ce ne dovemmo inventare una, spiando via social "le vite degli altri".
Un pericolo fattosi concreto coi mesi, quei mesi che hanno cambiato le nostre esistenze e che ancora oggi, 1095 giorni dopo fanno paura.
Morirono decine di migliaia di persone, oltre 150mila secondo alcune stime, ed in tantissimi portano le conseguenze di quella terribile polmonite bilaterale superata a fatica. I vaccini, il distanziamento fisico, hanno poi arginato un'epidemia che non è ancora del tutto sopita, ma che oggi si combatte con maggiore efficacia.
Furono silenzi nelle nostre strade, riscoprimmo il senso di comunità quando ci allontanammo, sentimmo il senso patrio finalmente come un valore e ci promettemmo di essere migliori, quasi come fosse una preghiera laica da recitare per scacciare quella angoscia di un male ignoto che ci soffocava.
Di quella Italia paralizzata, con animali e natura che si ripresero spazi occupati da noi esseri umani, è rimasto, per fortuna visti i risvolti, ben poco. Oggi viviamo una inchiesta sull'origine di quella pandemia che non toglierà nulla né aggiungerà nulla alle nostre esistenze, profondamente cambiate in ogni caso.
Ripartiamo e ricordiamo, soprattutto per onorare chi non c'è più. Ed un giorno speriamo che la nostra politica pensi a quanto sarebbe giusto riabbracciare simbolicamente, con una giornata dedicata, tutti quei morti che non salutammo nemmeno.
Un pericolo fattosi concreto coi mesi, quei mesi che hanno cambiato le nostre esistenze e che ancora oggi, 1095 giorni dopo fanno paura.
Morirono decine di migliaia di persone, oltre 150mila secondo alcune stime, ed in tantissimi portano le conseguenze di quella terribile polmonite bilaterale superata a fatica. I vaccini, il distanziamento fisico, hanno poi arginato un'epidemia che non è ancora del tutto sopita, ma che oggi si combatte con maggiore efficacia.
Furono silenzi nelle nostre strade, riscoprimmo il senso di comunità quando ci allontanammo, sentimmo il senso patrio finalmente come un valore e ci promettemmo di essere migliori, quasi come fosse una preghiera laica da recitare per scacciare quella angoscia di un male ignoto che ci soffocava.
Di quella Italia paralizzata, con animali e natura che si ripresero spazi occupati da noi esseri umani, è rimasto, per fortuna visti i risvolti, ben poco. Oggi viviamo una inchiesta sull'origine di quella pandemia che non toglierà nulla né aggiungerà nulla alle nostre esistenze, profondamente cambiate in ogni caso.
Ripartiamo e ricordiamo, soprattutto per onorare chi non c'è più. Ed un giorno speriamo che la nostra politica pensi a quanto sarebbe giusto riabbracciare simbolicamente, con una giornata dedicata, tutti quei morti che non salutammo nemmeno.