Cronaca
Anche da Bitonto solidarietà a Zaky, l'attivista arrestato in Egitto
Sui muri della città un manifesto che ne chiede la liberazione
Bitonto - giovedì 20 febbraio 2020
19.58
«Bitonto è con Zaky». È questo il messaggio apparso nelle scorse ore sui muri della città in segno di vicinanza all'attivista arrestato nella notte tra il 6 e il 7 febbraio in Egitto e da allora ancora in carcere.
In questi giorni numerose sono state in tutto il Paese le iniziative in favore del 27enne, arrestato, secondo i suoi sostenitori, solo perchè attivista.
Così anche Bitonto si inserisce nella scia di quanti richiedono "Libertà per Patrick Zaky", scrivendolo su un manifesto su sfondo giallo con un fumetto del giovane arrestato, circondato da un filo spinato, come simbolo della prigionia cui è attualmente costretto.
Il giovane ricercatore dell'Università di Bologna è accusato dalle autorità di Mansura di aver diffuso materiale sovversivo e dannoso per lo Stato.
«Mi hanno tenuto bendato per 12 ore – aveva detto Zaky ai suoi avvocati - picchiato in viso. Mi hanno torturato con l'elettricità. Mi hanno fatto spogliare e chiesto della mia ong e di alcuni post su Facebook: ma io non ho fatto nulla». Secondo la Procura di Mansura, invece, «l'imputato non ha fatto nessuna menzione di maltrattamenti fino a quando non è comparso di fronte al magistrato. È stato interrogato alla presenza di un avvocato».
In questi giorni numerose sono state in tutto il Paese le iniziative in favore del 27enne, arrestato, secondo i suoi sostenitori, solo perchè attivista.
Così anche Bitonto si inserisce nella scia di quanti richiedono "Libertà per Patrick Zaky", scrivendolo su un manifesto su sfondo giallo con un fumetto del giovane arrestato, circondato da un filo spinato, come simbolo della prigionia cui è attualmente costretto.
Il giovane ricercatore dell'Università di Bologna è accusato dalle autorità di Mansura di aver diffuso materiale sovversivo e dannoso per lo Stato.
«Mi hanno tenuto bendato per 12 ore – aveva detto Zaky ai suoi avvocati - picchiato in viso. Mi hanno torturato con l'elettricità. Mi hanno fatto spogliare e chiesto della mia ong e di alcuni post su Facebook: ma io non ho fatto nulla». Secondo la Procura di Mansura, invece, «l'imputato non ha fatto nessuna menzione di maltrattamenti fino a quando non è comparso di fronte al magistrato. È stato interrogato alla presenza di un avvocato».