Attualità
Anche Terlizzi dice 'NO' alla discarica Fer.live
Il consiglio comunale promette battaglia sul sito che potrebbe sorgere sul territorio di Bitonto
Bitonto - martedì 7 novembre 2017
10.13
Terlizzi si oppone fermamente alla discarica di materiali ferrosi della Fer.Live s.r.l. che potrebbe sorgere in località Coalianni, in agro di Bitonto, a 7 chilometri dalla stessa Terlizzi nonché a 3 chilometri da Sovereto. È quanto emerso nel consiglio comunale monotematico tenutosi a partire da ieri pomeriggio fino a sera inoltrata, durante il quale le realtà istituzionali e associative del paese hanno sollecitato il comune a costituirsi come parte civile nel giudizio pendente dinanzi al Consiglio di Stato.
È ancora troppo vivo il doloroso ricordo della Fantini Scianatico, l'impresa di laterizi e materiali edili, che per anni ha inquinato il territorio terlizzese, causando l'insorgenza con tutta probabilità di neoplasie di vario tipo, tanto da costarle la condanna per disastro colposo. Solo lo scorso 7 ottobre un'assemblea pubblica nel Borgo di Sovereto ha denunciato i pericoli altamente nocivi che potrebbero derivare dal nuovo insediamento.
Il sito individuato è una ex cava di pietra calcarea attraversata dal torrente Marisabella all'interno della lama Balice. Per non parlare del fatto che si tratta di un'area non solo a prevalente vocazione agricola, circondata da uliveti, da cui si ricava l'olio extra vergine di oliva a denominazione protetta (DOP) "Terra di Bari", ma anche a ridosso di un centro abitato che preserva beni storico-artistici di straordinaria importanza.
Le realtà associative intervenute, tra le quali Legambiente, Puliamo Terlizzi e il Comitato di Quartiere Borgo di Sovereto, precisano tra l'altro che sarebbe semplicistico ricondurre l'impianto della Fer.Live a una mera discarica ferrosa, trattandosi piuttosto di una piattaforma integrata per il trattamento e recupero di metalli da rifiuti con bacino energetico secondario: in altre parole, essa sarebbe volta al recupero di materia, alla stabilizzazione dei rifiuti in ingresso, al recupero energetico, nonché alla chiusura del ciclo mediante stoccaggio su suolo.
Nello stesso documento della Fer.Live si legge però che l'impianto avrebbe sul territorio ben trentatré impatti ambientali tra percolato, fluff, biogas, varie emissioni gassose, emissioni sonore, acque meteoriche da trattare ed energia. Il rischio di inquinamento è altissimo, considerato anche che si tratta di una zona caratterizzata da solchi erosivi che rendono instabile la sicurezza idraulica del sito e da un basamento calcareo-dolomitico ad "alta permeabilità" localmente interessato da sistemi di fratture ad altro rischio di infiltrazione.
Alquanto tortuoso è l'iter per la costruzione della discarica, dal momento che si trascina dal lontano 2011 e, nonostante i reiterati blocchi nel corso degli anni, lo scorso giugno viene sorprendentemente rinnovato alla Fer.live, da parte della Città Metropolitana di Bari, il termine di scadenza del giudizio di compatibilità ambientale per altri cinque anni.
Tuttavia, le posizioni avanzate dalla Città Metropolitana, nella persona del funzionario Armando Diamanti, non convincono minimamente l'uditorio dal momento che giustificherebbe l'orientamento intrapreso come «atto di natura gestionale e non politica». Ma si chiede Domenico Damascelli, consigliere regionale di Forza Italia, a fronte del sacrificio pubblico e del danno economico e ambientale, «A cosa è dovuto il silenzio della Città Metropolitana? Sono seriamente preoccupato perché non ho capito la sua volontà».
Ad oggi, comunque, c'è un barlume di speranza. Ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del PPTR, infatti, nell'area individuata non sono proprio ammissibili piani, progetti e interventi che comportano la realizzazione e l'ampliamento di impianti per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti nonché per la produzione di energia. I vincoli paesaggistici attualmente presenti non ne consentirebbero, dunque, affatto la realizzazione.
È ancora troppo vivo il doloroso ricordo della Fantini Scianatico, l'impresa di laterizi e materiali edili, che per anni ha inquinato il territorio terlizzese, causando l'insorgenza con tutta probabilità di neoplasie di vario tipo, tanto da costarle la condanna per disastro colposo. Solo lo scorso 7 ottobre un'assemblea pubblica nel Borgo di Sovereto ha denunciato i pericoli altamente nocivi che potrebbero derivare dal nuovo insediamento.
Il sito individuato è una ex cava di pietra calcarea attraversata dal torrente Marisabella all'interno della lama Balice. Per non parlare del fatto che si tratta di un'area non solo a prevalente vocazione agricola, circondata da uliveti, da cui si ricava l'olio extra vergine di oliva a denominazione protetta (DOP) "Terra di Bari", ma anche a ridosso di un centro abitato che preserva beni storico-artistici di straordinaria importanza.
Le realtà associative intervenute, tra le quali Legambiente, Puliamo Terlizzi e il Comitato di Quartiere Borgo di Sovereto, precisano tra l'altro che sarebbe semplicistico ricondurre l'impianto della Fer.Live a una mera discarica ferrosa, trattandosi piuttosto di una piattaforma integrata per il trattamento e recupero di metalli da rifiuti con bacino energetico secondario: in altre parole, essa sarebbe volta al recupero di materia, alla stabilizzazione dei rifiuti in ingresso, al recupero energetico, nonché alla chiusura del ciclo mediante stoccaggio su suolo.
Nello stesso documento della Fer.Live si legge però che l'impianto avrebbe sul territorio ben trentatré impatti ambientali tra percolato, fluff, biogas, varie emissioni gassose, emissioni sonore, acque meteoriche da trattare ed energia. Il rischio di inquinamento è altissimo, considerato anche che si tratta di una zona caratterizzata da solchi erosivi che rendono instabile la sicurezza idraulica del sito e da un basamento calcareo-dolomitico ad "alta permeabilità" localmente interessato da sistemi di fratture ad altro rischio di infiltrazione.
Alquanto tortuoso è l'iter per la costruzione della discarica, dal momento che si trascina dal lontano 2011 e, nonostante i reiterati blocchi nel corso degli anni, lo scorso giugno viene sorprendentemente rinnovato alla Fer.live, da parte della Città Metropolitana di Bari, il termine di scadenza del giudizio di compatibilità ambientale per altri cinque anni.
Tuttavia, le posizioni avanzate dalla Città Metropolitana, nella persona del funzionario Armando Diamanti, non convincono minimamente l'uditorio dal momento che giustificherebbe l'orientamento intrapreso come «atto di natura gestionale e non politica». Ma si chiede Domenico Damascelli, consigliere regionale di Forza Italia, a fronte del sacrificio pubblico e del danno economico e ambientale, «A cosa è dovuto il silenzio della Città Metropolitana? Sono seriamente preoccupato perché non ho capito la sua volontà».
Ad oggi, comunque, c'è un barlume di speranza. Ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del PPTR, infatti, nell'area individuata non sono proprio ammissibili piani, progetti e interventi che comportano la realizzazione e l'ampliamento di impianti per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti nonché per la produzione di energia. I vincoli paesaggistici attualmente presenti non ne consentirebbero, dunque, affatto la realizzazione.