Monsignor Giuseppe Satriano
Monsignor Giuseppe Satriano
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Arcivescovo Satriano scrive a Bitonto. «Adoperiamoci per una città fatta di pietre vive»

Mons. Satriano scrive alla città dopo i recenti episodi di cronaca

«Il clima da Far West che negli ultimi giorni si respira tra le strade di Bitonto, caratterizzato da alcune recenti rapine e culminato negli "spari al cielo" della sera del 2 luglio, esige da parte di tutti, istituzioni civili, religiose e cittadini comuni, una seria riflessione dalla quale nessuno ha il diritto di esimersi. Desidero innanzitutto esprimere solidarietà e vicinanza al Sindaco, dott. Francesco Paolo Ricci, alle donne e agli uomini delle Forze dell'ordine e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà che quotidianamente si adoperano per una città migliore. Insieme a loro, la comunità cristiana non vuole arrendersi e consegnare la città alle logiche distruttive della criminalità». Comincia così la lettera di mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto.

«Invocare un rafforzamento della sicurezza è legittimo, necessario e quanto mai urgente, eppure la storia ci insegna che la repressione non è mai una soluzione e può illudere di trovare rimedi facili e veloci per risolvere problemi radicati e complessi, che riguardano il 'tessuto' della società. Le soluzioni, quando sono 'a tampone', non solo non servono a molto, ma col tempo non fanno altro che acuire i problemi. Urge un risveglio delle coscienze che coinvolga la città di Bitonto in una profonda conversione dei cuori di ciascuno e delle strutture di garanzia.
Se allo Stato compete quanto deve per la sicurezza dei suoi cittadini, tutti abbiamo responsabilità che non possiamo delegare a nessuno. Parlavo di un risveglio delle coscienze: noi 'Chiesa' abbiamo il compito di ripresentare all'uomo smarrito la mano tesa di Dio, unica vera protezione e garanzia di vita. Finché confidiamo solo nelle strutture dell'uomo non possiamo essere liberi dalla paura e dalla cattiveria, rimanendo incapaci di edificare una città veramente nuova».

«La comunità ecclesiale, oggi più che mai, è chiamata a ricordare che gli spazi dell'umano e del quotidiano si costruiscono in dialogo con il divino e con l'eterno. Chi ha "sparato al cielo" l'altra sera, ci consegna un'immagine eloquente di un umano sprezzante della vita, che ha perso ogni riferimento valoriale al rispetto della dignità dell'uomo e un vuoto esistenziale che denuncia la perdita di Dio. Non dimentichiamo: tutto quello che scagliamo verso il cielo ricade su di noi. È il momento di rimettere mano alla carità civile, alla prossimità che si vive sull'uscio di casa, alla partecipazione che si esercita abitando con cura e attenzione le strade e le piazze (piazza dell'Orologio sembra essere una delle piazze di spaccio più grosse del territorio). I nostri padri hanno sognato questi luoghi, li hanno progettati e realizzati come spazi dell'incontro, mentre noi abbiamo lasciato che, progressivamente, si trasformassero in arene dell'illegalità. In modo attivo o passivo, siamo tutti coinvolti.
C'è bisogno di unirsi e adoperarsi per una Bitonto che sia nuova, fatta di persone belle e di "pietre" vive, di luoghi e spazi sottratti alla malavita e restituiti alla cittadinanza, nonché di un impegno corale per recuperare ad una vita dignitosa tutte quelle sacche di marginalità che offrono manodopera a buon mercato alla criminalità. Riappropriamoci di quanto ci appartiene, edificando percorsi ricchi di alleanze educative, prendiamoci cura di noi stessi avendo a cuore il bene comune; torniamo ad un rapporto significativo con Dio per ritrovare il volto del fratello: una Bitonto capace di attestare la sua unica bellezza è possibile».
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