Politica
Dalla sconfitta elettorale al congresso per ricostruire il futuro del PD
La situazione della sezione bitontina del partito dopo le dimissioni di Vaccaro
Bitonto - martedì 1 agosto 2017
17.04
Alla fine il segretario del PD, Biagio Vaccaro, ha annunciato quello che tutti si aspettavano: si è dimesso dalla carica assumendosi tutte le responsabilità dell'ennesima batosta del Partito Democratico di Bitonto alle amministrative. I vertici regionali, per evitare di commissariare la sezione per la seconda volta in 5 anni (Vaccaro è arrivato subito dopo il commissario Vito Antonacci), gli hanno chiesto di restare in carica fino all'autunno in attesa della celebrazione del congresso.
Tuttavia la situazione che lascia Vaccaro è ben peggiore di quella che trovò Antonacci all'indomani delle burrascose dimissioni di Francesco Fallacara, peraltro in piena campagna elettorale. In quel momento infatti il Partito Democratico bitontino era, di fatto, tenuto in piedi dall'iniziativa del gruppo giovanile guidato dai fratelli Vaccaro (Biagio, Antonella e soprattutto Michele) e da un gruppo di ragazzi ben organizzati con speranze, sogni e ambizioni, capaci di trascinare gli "adulti". Certo scontava ancora la rovinosa sconfitta di Giovanni Rossiello alle amministrative del 2008 e il progressivo disimpegno diretto del gruppo che ruotava intorno all'onorevole Pinuccio Rossiello (ad eccezione del fedelissimo Bratta). In pratica il fallimento annunciato del tentativo di fondere a freddo gli schieramenti politici dei centristi (guidati da Giovanni Procacci e con Nicola Pice alla guida della città) e quello dei DS guidati dai Rossiello, Colasanto & Co. Nel frattempo un'intera generazione (quella tra i 40 e i 50 anni) aveva abbandonato il PD e, seguendo la moda del "civismo", aveva dato vita ad associazioni che hanno poi portato alla nascita di formazioni politiche come "Città democratica" o a circoli PD alternativi, come quello creato dal gruppo facente capo a Lillino Sannicandro e altri personaggi confluiti poi nella lista Progetto Comune alle amministrative del 2012.
Una lacuna nella quale, appunto, Vito Antonacci ha dovuto gestire il commissariamento e che ha portato alla scelta di far guidare il partito agli unici che avevano dimostrato di crederci veramente: i giovani! Una battaglia congressuale caratterizzata dalla presentazione di un'unica mozione che ovviamente alla fine è stata votata alla unanimità dei presenti (ad eccezione di Emanuele e Domenico Pinto, quest'ultimo, poi, puntualmente candidatosi in queste amministrative tra le fila di Città Democratica). Erano i tempi in cui l'ex avversario Coletti veniva presentato a D'Alema come la punta di diamante della campagna elettorale e muoveva i suoi primi passi nel partito Franco Natilla, reduce dalla sconfitta da 'indipendente' con Forza Italia, ma diventato neo consigliere nel gruppo dei 'Riformisti', una lista stilata dal Pd 'attingendo' due candidati dalla lista del PSI un'ora prima della scadenza ultima per la presentazione delle nomenclature (vale la pena ricordare che in quella occasione il PSI si presentò sui manifesti con una lista che partiva dal numero '3', per protesta).
Il disimpegno di Biaggio Vaccaro, adesso, lascia una situazione diversa. Il gruppo dei giovani del 2012 è nel frattempo cresciuto e chi è rimasto non sembra avere lo stesso passo. Intanto altri pezzi da novanta hanno lasciato il partito. Si pensi a Francesco Paolo Ricci e Gaetano De Palma, che nel 2012 avevano portato quasi 1000 voti in due alle amministrative e che, in maniera diversa, si sono defilati prima della campagna elettorale.
Restano saldamente ancorati alla sezione bitontina alcuni fedelissimi dei Rossiello, alcuni giovani rampanti (si pensi a Marco Tribuzio, responsabile comunicazione, attualmente vice presidente confcooperative Bari e in consigli d'amministrazione di GAL di paesi vicini, oltre che direttore barese del Banco delle Opere di carità) e alcuni centristi che in questi anni sono riusciti a ritagliarsi uno spazio importante nel partito, come Emanuele Pagone, da sempre vicino a Nicola Pice.
Sulla situazione locale pesano fortemente, però, anche le incertezze del partito a livello nazionale con i rischi di scissione tra i dirigenti più lontani da Renzi. Si pensi ai militanti legati al presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo, che seguirà le sorti di Bersani o anche di quanti sono allineati alle posizioni del Ministro Orlando, anche lui sul punto di lasciare il partito.
Su tutto questo si staglia sempre l'ombra del sindaco Abbaticchio, che potrebbe avviare una vera e propria OPA sulla sezione bitontina per aprire la strada al rientro di tanti transfughi presenti nella coalizione che lo sostiene. Così come resta da vedere la posizione del candidato sindaco, Lillino Sannicandro, uscito dal partito locale 2 anni fa, ma diventatone poi candidato sindaco senza tuttavia annunciare mai il rientro totale.
Insomma una grande confusione. In questo momento nessuno è in grado di pronosticare chi sarà in grado di reggere un partito che, senza le divisioni - fondamentalmente di carattere personale - che ne hanno eroso il consenso dell'80%, sarebbe adesso in grado di amministrare la città da solo con la maggioranza assoluta dei voti.
Probabilmente il punto di partenza dovrebbe essere proprio la risposta a questo quesito: perché il partito potenzialmente preferito dagli elettori bitontini è stato ridotto, in termini di consenso elettorale, al rango di lista civica? Perché in 10 anni così tanti personaggi ne hanno preso, anche clamorosamente, le distanze?
Ecco, prima di procedere con qualsiasi progettazione o programmazione per il futuro, bisognerebbe fare chiarezza sul passato e su cosa non ha funzionato. Diversamente sarebbe l'ennesimo fallimento.
Tuttavia la situazione che lascia Vaccaro è ben peggiore di quella che trovò Antonacci all'indomani delle burrascose dimissioni di Francesco Fallacara, peraltro in piena campagna elettorale. In quel momento infatti il Partito Democratico bitontino era, di fatto, tenuto in piedi dall'iniziativa del gruppo giovanile guidato dai fratelli Vaccaro (Biagio, Antonella e soprattutto Michele) e da un gruppo di ragazzi ben organizzati con speranze, sogni e ambizioni, capaci di trascinare gli "adulti". Certo scontava ancora la rovinosa sconfitta di Giovanni Rossiello alle amministrative del 2008 e il progressivo disimpegno diretto del gruppo che ruotava intorno all'onorevole Pinuccio Rossiello (ad eccezione del fedelissimo Bratta). In pratica il fallimento annunciato del tentativo di fondere a freddo gli schieramenti politici dei centristi (guidati da Giovanni Procacci e con Nicola Pice alla guida della città) e quello dei DS guidati dai Rossiello, Colasanto & Co. Nel frattempo un'intera generazione (quella tra i 40 e i 50 anni) aveva abbandonato il PD e, seguendo la moda del "civismo", aveva dato vita ad associazioni che hanno poi portato alla nascita di formazioni politiche come "Città democratica" o a circoli PD alternativi, come quello creato dal gruppo facente capo a Lillino Sannicandro e altri personaggi confluiti poi nella lista Progetto Comune alle amministrative del 2012.
Una lacuna nella quale, appunto, Vito Antonacci ha dovuto gestire il commissariamento e che ha portato alla scelta di far guidare il partito agli unici che avevano dimostrato di crederci veramente: i giovani! Una battaglia congressuale caratterizzata dalla presentazione di un'unica mozione che ovviamente alla fine è stata votata alla unanimità dei presenti (ad eccezione di Emanuele e Domenico Pinto, quest'ultimo, poi, puntualmente candidatosi in queste amministrative tra le fila di Città Democratica). Erano i tempi in cui l'ex avversario Coletti veniva presentato a D'Alema come la punta di diamante della campagna elettorale e muoveva i suoi primi passi nel partito Franco Natilla, reduce dalla sconfitta da 'indipendente' con Forza Italia, ma diventato neo consigliere nel gruppo dei 'Riformisti', una lista stilata dal Pd 'attingendo' due candidati dalla lista del PSI un'ora prima della scadenza ultima per la presentazione delle nomenclature (vale la pena ricordare che in quella occasione il PSI si presentò sui manifesti con una lista che partiva dal numero '3', per protesta).
Il disimpegno di Biaggio Vaccaro, adesso, lascia una situazione diversa. Il gruppo dei giovani del 2012 è nel frattempo cresciuto e chi è rimasto non sembra avere lo stesso passo. Intanto altri pezzi da novanta hanno lasciato il partito. Si pensi a Francesco Paolo Ricci e Gaetano De Palma, che nel 2012 avevano portato quasi 1000 voti in due alle amministrative e che, in maniera diversa, si sono defilati prima della campagna elettorale.
Restano saldamente ancorati alla sezione bitontina alcuni fedelissimi dei Rossiello, alcuni giovani rampanti (si pensi a Marco Tribuzio, responsabile comunicazione, attualmente vice presidente confcooperative Bari e in consigli d'amministrazione di GAL di paesi vicini, oltre che direttore barese del Banco delle Opere di carità) e alcuni centristi che in questi anni sono riusciti a ritagliarsi uno spazio importante nel partito, come Emanuele Pagone, da sempre vicino a Nicola Pice.
Sulla situazione locale pesano fortemente, però, anche le incertezze del partito a livello nazionale con i rischi di scissione tra i dirigenti più lontani da Renzi. Si pensi ai militanti legati al presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo, che seguirà le sorti di Bersani o anche di quanti sono allineati alle posizioni del Ministro Orlando, anche lui sul punto di lasciare il partito.
Su tutto questo si staglia sempre l'ombra del sindaco Abbaticchio, che potrebbe avviare una vera e propria OPA sulla sezione bitontina per aprire la strada al rientro di tanti transfughi presenti nella coalizione che lo sostiene. Così come resta da vedere la posizione del candidato sindaco, Lillino Sannicandro, uscito dal partito locale 2 anni fa, ma diventatone poi candidato sindaco senza tuttavia annunciare mai il rientro totale.
Insomma una grande confusione. In questo momento nessuno è in grado di pronosticare chi sarà in grado di reggere un partito che, senza le divisioni - fondamentalmente di carattere personale - che ne hanno eroso il consenso dell'80%, sarebbe adesso in grado di amministrare la città da solo con la maggioranza assoluta dei voti.
Probabilmente il punto di partenza dovrebbe essere proprio la risposta a questo quesito: perché il partito potenzialmente preferito dagli elettori bitontini è stato ridotto, in termini di consenso elettorale, al rango di lista civica? Perché in 10 anni così tanti personaggi ne hanno preso, anche clamorosamente, le distanze?
Ecco, prima di procedere con qualsiasi progettazione o programmazione per il futuro, bisognerebbe fare chiarezza sul passato e su cosa non ha funzionato. Diversamente sarebbe l'ennesimo fallimento.