Cronaca
Daspo urbano, le precisazioni del sindaco Ricci
«Confermo la piena disponibilità ad avviare un confronto aperto e onesto» ha affermato il primo cittadino
Bitonto - martedì 13 settembre 2022
Comunicato Stampa
Il Sindaco di Bitonto ha rilasciato una dichiarazione a proposito dell'adozione dello strumento del divieto di accesso urbano (D.Ac.Ur.), misura di prevenzione decisa nei giorni scorsi dal Questore di Bari nei confronti di sette minori coinvolti nell'aggressione di un ristoratore nel centro storico della città. Ecco il testo integrale:
«La recente decisione del Questore di Bari di comminare il D.Ac.Ur. (divieto d'accesso urbano) ai giovani protagonisti della vile aggressione ai danni del titolare di un locale di ristorazione in piazza Cattedrale riapre il dibattito sull'approvazione di tale strumento da parte dell'Amministrazione comunale.
Personalmente sono convinto che il punto centrale della questione non sia se dichiararsi a favore o contro il cosiddetto "D.A.Spo. urbano" quanto, invece, interrogarsi sulla reale efficacia/applicabilità e, soprattutto, sulla esaustività di uno strumento di prevenzione personale pensato dal legislatore per integrare le ordinarie misure preventive a tutela della sicurezza urbana.
Di sicuro si tratta di uno strumento aggiuntivo per contrastare microcriminalità e comportamenti che incidono negativamente su decoro urbano, fruibilità e vivibilità degli spazi pubblici, deteriorando il senso di sicurezza percepito dai cittadini. Ma sarebbe sbagliato considerare il "D.A.Spo. urbano", isolandolo dal contesto della norma che lo ha introdotto nel nostro Paese (decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14).
Il provvedimento legislativo, infatti, affida ai patti per l'attuazione della sicurezza urbana, sottoscritti tra Prefetto e Sindaco ("anche tenendo conto di eventuali indicazioni o osservazioni acquisite da associazioni di categoria comparativamente più rappresentative"), l'individuazione degli interventi più idonei, in relazione alla specificità dei contesti, per la sicurezza urbana.
Tra gli obiettivi assegnati ai suddetti patti centrale, a mio giudizio, è la "promozione dell'inclusione, della protezione e della solidarietà sociale mediante azioni e progetti per l'eliminazione di fattori di marginalità, anche valorizzando la collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato sociale, in coerenza con le finalità del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale".
Obiettivo pienamente coerente con le competenze amministrative comunali, che opportunamente va ad integrare quelli relativi alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, alla promozione e alla tutela della legalità, alla promozione del rispetto del decoro urbano, che sono obiettivi più pertinenti all'operatività delle forze dell'ordine con una strumentazione che comprende anche il "D.A.Spo. urbano".
Ed è in questo contesto che va inquadrata la mia dichiarazione rilasciata al quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno", con la quale ho dato atto che il D.Ac.Ur. è un segnale della presenza su questo terreno da parte dello Stato. In termini conclusivi, pertanto, confermo la piena disponibilità personale e dei partiti che mi sostengono ad avviare un confronto aperto e onesto su queste delicate tematiche, partendo dalla oggettiva prospettiva che non esistono ricette semplici e strumenti in grado da soli di risolvere i problemi della sicurezza urbana, che rischiano di rimanere tali se non si interviene in modo integrato alle radici del disagio sociale nelle sue molteplici accezioni».
«La recente decisione del Questore di Bari di comminare il D.Ac.Ur. (divieto d'accesso urbano) ai giovani protagonisti della vile aggressione ai danni del titolare di un locale di ristorazione in piazza Cattedrale riapre il dibattito sull'approvazione di tale strumento da parte dell'Amministrazione comunale.
Personalmente sono convinto che il punto centrale della questione non sia se dichiararsi a favore o contro il cosiddetto "D.A.Spo. urbano" quanto, invece, interrogarsi sulla reale efficacia/applicabilità e, soprattutto, sulla esaustività di uno strumento di prevenzione personale pensato dal legislatore per integrare le ordinarie misure preventive a tutela della sicurezza urbana.
Di sicuro si tratta di uno strumento aggiuntivo per contrastare microcriminalità e comportamenti che incidono negativamente su decoro urbano, fruibilità e vivibilità degli spazi pubblici, deteriorando il senso di sicurezza percepito dai cittadini. Ma sarebbe sbagliato considerare il "D.A.Spo. urbano", isolandolo dal contesto della norma che lo ha introdotto nel nostro Paese (decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14).
Il provvedimento legislativo, infatti, affida ai patti per l'attuazione della sicurezza urbana, sottoscritti tra Prefetto e Sindaco ("anche tenendo conto di eventuali indicazioni o osservazioni acquisite da associazioni di categoria comparativamente più rappresentative"), l'individuazione degli interventi più idonei, in relazione alla specificità dei contesti, per la sicurezza urbana.
Tra gli obiettivi assegnati ai suddetti patti centrale, a mio giudizio, è la "promozione dell'inclusione, della protezione e della solidarietà sociale mediante azioni e progetti per l'eliminazione di fattori di marginalità, anche valorizzando la collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato sociale, in coerenza con le finalità del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale".
Obiettivo pienamente coerente con le competenze amministrative comunali, che opportunamente va ad integrare quelli relativi alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, alla promozione e alla tutela della legalità, alla promozione del rispetto del decoro urbano, che sono obiettivi più pertinenti all'operatività delle forze dell'ordine con una strumentazione che comprende anche il "D.A.Spo. urbano".
Ed è in questo contesto che va inquadrata la mia dichiarazione rilasciata al quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno", con la quale ho dato atto che il D.Ac.Ur. è un segnale della presenza su questo terreno da parte dello Stato. In termini conclusivi, pertanto, confermo la piena disponibilità personale e dei partiti che mi sostengono ad avviare un confronto aperto e onesto su queste delicate tematiche, partendo dalla oggettiva prospettiva che non esistono ricette semplici e strumenti in grado da soli di risolvere i problemi della sicurezza urbana, che rischiano di rimanere tali se non si interviene in modo integrato alle radici del disagio sociale nelle sue molteplici accezioni».