La bara di Paolo Caprio
La bara di Paolo Caprio
Cronaca

Don Paolo Candeloro su omicidio Caprio: «Deve scuoterci dentro»

Intensa omelia durante il rito funebre officiato nella Basilica dei Santi Medici

Commozione e grande dolore ai funerali di Paolo Caprio, celebrati ieri pomeriggio, 8 settembre, nel Santuario dei Santi Medici a Bitonto.

Il 41enne è stato ucciso sabato notte, colpito al volto da tre pugni e dopo aver sbattuto la testa a terra. Dell'omicidio è accusato il 20enne Fabio Giampalmo.

Durante una intensa omelia, don Paolo Candeloro, parroco di Sant'Andrea, ha voluto scuotere le coscienze di una città che non può girarsi dall'altra parte e continuare a fare finta che tutto possa continuare come prima.

«La morte di Paolo oggi ci interpella - ha detto il sacerdote -. Questa morte ci deve fare interrogare sul tipo di vita che stiamo vivendo, se ci stiamo sforzando nelle nostre esistenze di vivere gesti concreti di bene e di verità».

Don Paolo ha quindi esortato tutti i fedeli presenti a perseguire la strada maestra dell'amore: «Ci dobbiamo impegnare - ha proseguito il parroco - a perseguire il Bene, non la cattiveria, la violenza. La morte di Paolo ancora oggi ci chiede questo, ci chiede di cambiare il nostro modo di vivere».

E sull'indifferenza forse il frammento di omelia più importante per una comunità spesso impaurita, qualche volta involontariamente complice di alcuni atteggiamenti: «Non possiamo restare indifferenti - ha ammonito don Paolo - Dobbiamo credere che dentro di noi ci sia del bene e dobbiamo tirarlo fuori. È una morte che deve scuoterci dentro - ha tuonato il prete -, è una morte che non ci deve far perdere tempo, perché non posso fare domani ciò che potevo fare oggi, come uomo, come cittadino, come cristiano».

Poi la parte forse più diretta, più forte: «Abbiamo nel cuore la vicenda di Anna Rosa Tarantino e Paolo si aggiunge alla lista. Ma ora basta! - ha evidenziato don Paolo -. Abbiamo bisogno di fare gesti concreti, basta con questo modo di vivere», ha concluso invitando tutti i cittadini a portare in loro il seme della speranza di un domani differente.

"Ne usciremo migliori", si era detto allo scoppiare della pandemia, lo scorso anno. Non solo Bitonto non ne è uscita migliore, ma conserva ancora nel suo tessuto sociale germi di violenza e prevaricazione che finiscono periodicamente e puntualmente per relegarla al ruolo di "città difficile" nelle cronache nazionali. E non se ne può davvero più.

Ai cari di Paolo, agli amici ed a chi gli ha voluto bene, vada il cordoglio della nostra redazione.
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