Cronaca
Il diktat del procuratore Giannella: «Prima i fatti di sangue, poi i clan di Bitonto»
Dopo il blitz contro i Conte, ecco la spallata ai Cipriano che aveva ormai esteso i propri tentacoli anche a Palo del Colle
Bitonto - martedì 5 luglio 2022
8.37
l centro storico di Bitonto è desolatamente vuoto. Le strade che portano nel cuore del clan Cipriano - colpito ai suoi vertici dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Marco Galesi - sono deserte.
I luoghi, però, continuano a parlare con chiarezza per chi vuole capire: questo era il regno del presunto capo clan Francesco Colasuonno, di 35 anni, arrestato con altre 24 persone (c'è anche un collaboratore di giustizia, Giuseppe Casadibari, mentre sono 43 gli indagati, nda) perché ritenute responsabili di ipotesi di reato pesantissime: associazione per delinquere dedita al traffico e alla commercializzazione al dettaglio di ogni tipo di sostanza stupefacente con detenzione di armi e avvalendosi di metodo mafioso.
«Con l'operazione "Porta Robustina", perché ricorda la località in cui venne creata la piazza di spaccio che fu la ragione principale che scatenò il conflitto con il clan Conte, si chiude il cerchio sul clan Cipriano», ha detto il procuratore aggiunto, Francesco Giannella. «Abbiamo agito su una duplice direttrice: prima sui fatti di sangue, quindi autori e mandanti, perché creavano più allarme sociale, poi sulla ricostruzione complessa dell'intera organizzazione».
La Polizia di Stato, il 21 febbraio, s'è occupata del clan Conte, quest'ultima operazione, invece, è stata condotta dai Carabinieri tra Bitonto, Palo del Colle e Cassano delle Murge, oltre a cinque regioni italiane. L'attività investigativa, coordinata dai pubblici ministeri antimafia Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, è nata nel 2017 dopo l'omicidio dell'albanese Edvin Sadiku, avvenuto a Binetto il 4 febbraio di quell'anno nel contesto dello spaccio di droga, ed è proseguito, il 31 dicembre, con l'omicidio dell'anziana sarta Anna Rosa Tarantino il 31 dicembre, uccisa durante un inseguimento tra pusher dei due gruppi criminali rivali.
È stata, e forse lo è ancora, una famiglia importante quella dei Cipriano, uscita dalla sfera protettiva degli Strisciuglio per avvicinarsi a quella dei Parisi, che si sarebbe imposta nella città vecchia di Bitonto, così come è scritto nell'ordinanza «con modalità tipiche della minaccia mafiosa» («in quanto poste in essere in maniera eclatante, in pieno giorno, in zone frequentate da gente, anche avvalendosi di azioni armate») e con «finalità palesemente intimidatorie» («in quanto idonee a mirate a esercitare nelle vittime, appartenenti al clan rivale in conflitto, una particolare coartazione psicologica e uno stato di assoggettamento dovuti alla capacità dell'azione commessa di evocare l'esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della valenza criminale del reato commesso»).
Da alcuni anni, inoltre, la famiglia bitontina avrebbe esteso i propri tentacoli anche fuori dalla propria città: a Palo, Grumo Appula, Binetto e Cassano, città di Ottavio Di Cillo, di 42 anni, ritenuto dagli inquirenti in affari con il clan mafioso Parisi di Bari e soprattutto il vero canale di rifornimento della cocaina e dell'eroina su Bitonto e Palo del Colle.
A sostenere le fonti di prova raccolte negli anni, supportate da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte nelle 818 pagine della misura, anche i brogliacci contenenti le intercettazioni di ben undici collaboratori di giustizia «che hanno fornito una notevole mole di preziose informazioni di clan affiliati, ruoli attività svolte e modalità delle azioni». Sono serviti per ricostruire le modalità esecutive di un'associazione che domina il borgo antico di Bitonto.
Lo confermano i sequestri di circa 1 chilogrammo di marijuana, 500 grammi di hashish, 400 di cocaina e 90 di eroina eseguiti nel corso dell'indagine. Ma non è tutto. Gli inquirenti hanno anche contestato, a vario titolo, episodi di porto e di detenzione di armi, di estorsione con il metodo del cavallo di ritorno e diverse violazioni di obblighi inerenti la sorveglianza speciale.
Nel corso dell'attività, infine, sono state sequestrate anche una pistola semiautomatica modello 85 e circa un centinaio di cartucce di vario calibro.
I luoghi, però, continuano a parlare con chiarezza per chi vuole capire: questo era il regno del presunto capo clan Francesco Colasuonno, di 35 anni, arrestato con altre 24 persone (c'è anche un collaboratore di giustizia, Giuseppe Casadibari, mentre sono 43 gli indagati, nda) perché ritenute responsabili di ipotesi di reato pesantissime: associazione per delinquere dedita al traffico e alla commercializzazione al dettaglio di ogni tipo di sostanza stupefacente con detenzione di armi e avvalendosi di metodo mafioso.
«Con l'operazione "Porta Robustina", perché ricorda la località in cui venne creata la piazza di spaccio che fu la ragione principale che scatenò il conflitto con il clan Conte, si chiude il cerchio sul clan Cipriano», ha detto il procuratore aggiunto, Francesco Giannella. «Abbiamo agito su una duplice direttrice: prima sui fatti di sangue, quindi autori e mandanti, perché creavano più allarme sociale, poi sulla ricostruzione complessa dell'intera organizzazione».
La Polizia di Stato, il 21 febbraio, s'è occupata del clan Conte, quest'ultima operazione, invece, è stata condotta dai Carabinieri tra Bitonto, Palo del Colle e Cassano delle Murge, oltre a cinque regioni italiane. L'attività investigativa, coordinata dai pubblici ministeri antimafia Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, è nata nel 2017 dopo l'omicidio dell'albanese Edvin Sadiku, avvenuto a Binetto il 4 febbraio di quell'anno nel contesto dello spaccio di droga, ed è proseguito, il 31 dicembre, con l'omicidio dell'anziana sarta Anna Rosa Tarantino il 31 dicembre, uccisa durante un inseguimento tra pusher dei due gruppi criminali rivali.
È stata, e forse lo è ancora, una famiglia importante quella dei Cipriano, uscita dalla sfera protettiva degli Strisciuglio per avvicinarsi a quella dei Parisi, che si sarebbe imposta nella città vecchia di Bitonto, così come è scritto nell'ordinanza «con modalità tipiche della minaccia mafiosa» («in quanto poste in essere in maniera eclatante, in pieno giorno, in zone frequentate da gente, anche avvalendosi di azioni armate») e con «finalità palesemente intimidatorie» («in quanto idonee a mirate a esercitare nelle vittime, appartenenti al clan rivale in conflitto, una particolare coartazione psicologica e uno stato di assoggettamento dovuti alla capacità dell'azione commessa di evocare l'esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della valenza criminale del reato commesso»).
Da alcuni anni, inoltre, la famiglia bitontina avrebbe esteso i propri tentacoli anche fuori dalla propria città: a Palo, Grumo Appula, Binetto e Cassano, città di Ottavio Di Cillo, di 42 anni, ritenuto dagli inquirenti in affari con il clan mafioso Parisi di Bari e soprattutto il vero canale di rifornimento della cocaina e dell'eroina su Bitonto e Palo del Colle.
A sostenere le fonti di prova raccolte negli anni, supportate da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte nelle 818 pagine della misura, anche i brogliacci contenenti le intercettazioni di ben undici collaboratori di giustizia «che hanno fornito una notevole mole di preziose informazioni di clan affiliati, ruoli attività svolte e modalità delle azioni». Sono serviti per ricostruire le modalità esecutive di un'associazione che domina il borgo antico di Bitonto.
Lo confermano i sequestri di circa 1 chilogrammo di marijuana, 500 grammi di hashish, 400 di cocaina e 90 di eroina eseguiti nel corso dell'indagine. Ma non è tutto. Gli inquirenti hanno anche contestato, a vario titolo, episodi di porto e di detenzione di armi, di estorsione con il metodo del cavallo di ritorno e diverse violazioni di obblighi inerenti la sorveglianza speciale.
Nel corso dell'attività, infine, sono state sequestrate anche una pistola semiautomatica modello 85 e circa un centinaio di cartucce di vario calibro.