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Cronaca

«Il perno principale di una squadra sono i ragazzi». Così parlava il boss Cipriano

L'inchiesta ha documentato un'organizzazione con un esercito di giovani, ricompensati con 500 euro a settimana

La divergenza di vedute fra giovani e anziani è spesso alla base del conflitto generazionale, che non risparmia nemmeno le famiglie di mafia. Persino il presunto capo dei Cipriano, il 35enne Francesco Colasuonno, analizza l'atteggiamento dei più giovani del suo gruppo perché il loro comportamento rischia di ripercuotersi in maniera negativa su tutta la famiglia, azzerata all'alba di lunedì.

Fra i 25 arrestati, c'è anche Ottavio Di Cillo, 42enne di Cassano delle Murge, arrestato a poche ore dalle sue nozze. Domenica sera, per la serenata che precede le nozze, gli investigatori hanno acquisito video, pubblicati anche su Tik Tok, di una festa con fuochi d'artificio, cantante neomelodico e numerosi invitati. Ma torniamo ai giovani, il vero esercito dei Cipriano.

«Il perno principale di una squadra sono proprio i ragazzi - diceva il boss in un'intercettazione -. Io sono il cervello, ma il perno sono loro, se non stanno bene i ragazzi, per te si devono muovere? non si muovono proprio». Per il procuratore aggiunto Francesco Giannella «questo sta a significare che il ruolo dei ragazzi, delle pedine e dei picciotti è stato valorizzato non solo in un verso, ma anche in quello opposto: vanno gratificati i ragazzi, altrimenti non si muovono». La logica di un'organizzazione criminale con una mentalità lungimirante.

L'inchiesta ha documentato un'organizzazione di tipo verticistica, con un capo e la "manovalanza", ovvero giovani pusher e vedette, incaricati dell'attività di spaccio sul territorio, in particolare nei locali abbandonati del centro storico, organizzati su più turni e ricompensati con 500 euro a settimana.

A Bitonto, la criminalità, nonostante la forte azione repressiva, ha continuato negli anni ad avere una forte capacità attrattiva sulle giovani generazioni, non solo nel caso dei figli dei boss o di ragazzi provenienti da famiglie malavitose, ma anche quando queste fanno parte di un bacino più grande di reclutamento generale dal quale attingere manovalanza criminale, «anche se - ha detto Giannella - fra i ragazzi pusher non c'erano minorenni».

Sarà anche per questo motivo, oltre alla paralisi economica provocata dalla pandemia, che gli investigatori hanno registrato «un'espansione oltre la città proprio da parte del clan Cipriano che aveva articolazioni anche altrove». Non solo Bitonto, dunque, dove il gruppo avrebbe controllato il territorio «con modalità tipiche della minaccia mafiosa», ma anche Palo del Colle, Grumo Appula e Binetto.

In questi comuni, invece, i Cipriano avrebbero mutato la forma, non la sostanza. Alla solita piazza di spaccio si sarebbe sovrapposta una nuova forma di commercio, dinamica e liquida, capace di scivolare lungo le strade fra consegne a domicilio e volanti. La logistica del commercio, utilizzando anche le sim di cellulari intestate a insospettabili e gregari, sarebbe cambiata nel tempo, trasformandosi. Non solo giovani, fra il clan Cipriano.

Anche le donne avrebbero assunto, sempre più spesso, ruoli di rilievo, soprattutto in assenza dei mariti o dei figli rinchiusi in carcere, mantenendo le famiglie dei detenuti e fornendo anche assistenza legale.
  • Clan Cipriano Bitonto
  • Francesco Colasuonno
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