Vita di città
Infetta e abbandonata a Bitonto: «Il Covid19 non è la vera malattia»
La vicenda di una famiglia colpita dal virus, ignorata da alcune istituzioni e 'salvata' da altre
Bitonto - mercoledì 25 marzo 2020
10.32
Il virus che si insinua fra gli affetti familiari, l'indifferenza delle istituzioni sanitarie, il dramma dell'isolamento anche da parte delle associazioni che si facevano vanto di assistere le famiglie della città, l'interesse finale di altre associazioni ed enti pubblici, realmente interessati alla situazione, che alla fine hanno fornito il sostegno di cui c'era necessità.
È una storia nella storia quella raccontata a Bitonto da Gaetano De Gennaro che ha voluto rivelare ai giornali la vicenda della sua famiglia, colpita dal Covid19 e che per ottenere l'assistenza che le sarebbe spettata di diritto ha dovuto passare una trafila tutt'altro che regolare.
«Lunedi 16 marzo – spiega l'uomo - a seguito di sintomi e di febbre avvertiti da mia madre fummo costretti a far intervenire il 118, per paura che il virus avesse attecchito proprio su di lei, ma dopo l'intervento dei sanitari ci fu categoricamente escluso una infezione da Covid-19 raccomandandoci di farla rimanere in casa e avviare una cura per una semplice influenza […] Durante i giorni successivi i sintomi non davano cenno ad un miglioramento tanto che nella notte dello scorso sabato intervenne nuovamente il servizio del 118 che con nuovo personale sanitario si accorse del probabile contagio e celermente chiesero di ricoverala e sottoporla a tampone. Il tanto famigerato tampone nella mattinata di domenica diede risultato positivo. Chiaramente procedemmo con l'osservanza delle direttive che nessuno ci aveva spiegato ma appreso dai media, mettendoci in quarantena fiduciaria e avvertendo chiunque avesse avuto contatto con il soggetto infetto, avvisando dell'accaduto la ASL da cui ricevemmo una sola risposta: "Attenda verremo a notificarle la quarantena". Siamo ancora in attesa».
Dopo aver provato a contattare senza riuscirci anche il sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio, pur comprendendo la situazione di emergenza di tutto il territorio, la famiglia si è però trovata con la situazione del coniuge della donna infetta letteralmente bloccato in casa per la quarantena e «rimasto da solo senza la possibilità di comprarsi i viveri necessari almeno per la sopravvivenza. La rete e le comunicazioni cittadine indicavano associazioni di volontariato che svolgevano il servizio gratuito di consegna dei generi di prima necessità per situazioni di disagio e sicuramente questa lo era. Decidemmo di chiamare il numero indicato spiegando la situazione. In un primo momento sembrò non ci fosse nessun problema. Prontamente venimmo contattati da una responsabile della Associazione ANPI di Bitonto a cui fu spiegata la situazione e raccomandato di prendere tutte le precauzioni in quanto poteva essere a contatto con un probabile infetto. A quel punto la responsabile si rifiutò dando come motivazione la pericolosità a dir suo di un contatto con un probabile contagiato, rimandando alla valutazione di altri. Di qua la disperazione non avendo possibilità di far recapitare la spesa a mio padre».
A venire in aiuto della famiglia, alla fine, saranno altre associazioni e il comune di Bitonto, attraverso i delegati del primo cittadino.
«Fortunatamente – prosegue il racconto di De gennaro - con l'ausilio di un mio parente, il reale interessamento dell'Assessore Gaetano De Palma, la disponibilità di un reale e concreto volontariato da parte della associazione L'Anattroccolo, siamo riusciti a far consegnare la spesa a mio padre. Diffidate da associazioni che svolgono volontariato solo per mera visibilità e che alla prima necessità straordinaria scappano».
La storia diventa assurda quando, dopo aver rispettato ogni dettame imposto, pur senza alcuna spiegazione da parte della struttura sanitaria che avrebbe dovuto farlo, pur dopo l'indifferenza ricevuta, al danno per la famiglia De Gennario si è aggiunta anche la beffa della gogna mediatica.
Di qui la denuncia contro la «gente pronta alla caccia all'untore, con tanto di appellativi "merde" a persone che hanno seguito le indicazioni ufficiali della ASL. Comprendiamo la psicosi, comprendiamo tutto, ma attenzione: la questione sta sfuggendo di mano. Il dato reale è che il servizio di monitoraggio dei casi di infezione non funziona. E c'è anche necessità di individuare chi svolge opera di falso volontariato. Questo solo per una migliore organizzazione delle associazioni che il volontariato lo conoscono e lo praticano invece a fondo, senza spaventarsi davanti le difficoltà».
«Chi si è espresso in modo in proprio su facebook – è il monito finale di De Gennaro – dovrebbe evitare di offendere la discrezione e la sensibilità delle persone senza alcun motivo. Non è stata la nostra famiglia a diffondere il covid-19 sulla terra e cerchiamo di esserci vicini nei momenti di difficoltà. Solo così andrà tutto bene».
È una storia nella storia quella raccontata a Bitonto da Gaetano De Gennaro che ha voluto rivelare ai giornali la vicenda della sua famiglia, colpita dal Covid19 e che per ottenere l'assistenza che le sarebbe spettata di diritto ha dovuto passare una trafila tutt'altro che regolare.
«Lunedi 16 marzo – spiega l'uomo - a seguito di sintomi e di febbre avvertiti da mia madre fummo costretti a far intervenire il 118, per paura che il virus avesse attecchito proprio su di lei, ma dopo l'intervento dei sanitari ci fu categoricamente escluso una infezione da Covid-19 raccomandandoci di farla rimanere in casa e avviare una cura per una semplice influenza […] Durante i giorni successivi i sintomi non davano cenno ad un miglioramento tanto che nella notte dello scorso sabato intervenne nuovamente il servizio del 118 che con nuovo personale sanitario si accorse del probabile contagio e celermente chiesero di ricoverala e sottoporla a tampone. Il tanto famigerato tampone nella mattinata di domenica diede risultato positivo. Chiaramente procedemmo con l'osservanza delle direttive che nessuno ci aveva spiegato ma appreso dai media, mettendoci in quarantena fiduciaria e avvertendo chiunque avesse avuto contatto con il soggetto infetto, avvisando dell'accaduto la ASL da cui ricevemmo una sola risposta: "Attenda verremo a notificarle la quarantena". Siamo ancora in attesa».
Dopo aver provato a contattare senza riuscirci anche il sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio, pur comprendendo la situazione di emergenza di tutto il territorio, la famiglia si è però trovata con la situazione del coniuge della donna infetta letteralmente bloccato in casa per la quarantena e «rimasto da solo senza la possibilità di comprarsi i viveri necessari almeno per la sopravvivenza. La rete e le comunicazioni cittadine indicavano associazioni di volontariato che svolgevano il servizio gratuito di consegna dei generi di prima necessità per situazioni di disagio e sicuramente questa lo era. Decidemmo di chiamare il numero indicato spiegando la situazione. In un primo momento sembrò non ci fosse nessun problema. Prontamente venimmo contattati da una responsabile della Associazione ANPI di Bitonto a cui fu spiegata la situazione e raccomandato di prendere tutte le precauzioni in quanto poteva essere a contatto con un probabile infetto. A quel punto la responsabile si rifiutò dando come motivazione la pericolosità a dir suo di un contatto con un probabile contagiato, rimandando alla valutazione di altri. Di qua la disperazione non avendo possibilità di far recapitare la spesa a mio padre».
A venire in aiuto della famiglia, alla fine, saranno altre associazioni e il comune di Bitonto, attraverso i delegati del primo cittadino.
«Fortunatamente – prosegue il racconto di De gennaro - con l'ausilio di un mio parente, il reale interessamento dell'Assessore Gaetano De Palma, la disponibilità di un reale e concreto volontariato da parte della associazione L'Anattroccolo, siamo riusciti a far consegnare la spesa a mio padre. Diffidate da associazioni che svolgono volontariato solo per mera visibilità e che alla prima necessità straordinaria scappano».
La storia diventa assurda quando, dopo aver rispettato ogni dettame imposto, pur senza alcuna spiegazione da parte della struttura sanitaria che avrebbe dovuto farlo, pur dopo l'indifferenza ricevuta, al danno per la famiglia De Gennario si è aggiunta anche la beffa della gogna mediatica.
Di qui la denuncia contro la «gente pronta alla caccia all'untore, con tanto di appellativi "merde" a persone che hanno seguito le indicazioni ufficiali della ASL. Comprendiamo la psicosi, comprendiamo tutto, ma attenzione: la questione sta sfuggendo di mano. Il dato reale è che il servizio di monitoraggio dei casi di infezione non funziona. E c'è anche necessità di individuare chi svolge opera di falso volontariato. Questo solo per una migliore organizzazione delle associazioni che il volontariato lo conoscono e lo praticano invece a fondo, senza spaventarsi davanti le difficoltà».
«Chi si è espresso in modo in proprio su facebook – è il monito finale di De Gennaro – dovrebbe evitare di offendere la discrezione e la sensibilità delle persone senza alcun motivo. Non è stata la nostra famiglia a diffondere il covid-19 sulla terra e cerchiamo di esserci vicini nei momenti di difficoltà. Solo così andrà tutto bene».