null
L'Addolorata e il Cristo Morto della chiesa di S. Michele a Bitonto tornano all'antico splendore
Terminato il restauro delle due statue lignee antiche di secoli
Bitonto - mercoledì 2 ottobre 2019
12.41
Una è stata attribuita alla prestigiosa bottega napoletana di Francesco Cittarelli e realizzata quasi due secoli fa; l'altra, molto più antica, potrebbe essere stata portata a compimento da un'altra celebre bottega, quella degli Altieri, ad Altamura e di anni potrebbe averne anche più di trecento. Entrambe però hanno recuperato il loro antico splendore grazie al restauro appena completato. Nuova vita per le due statue lignee custodite nella chiesa di Santa Maria delle Marteri, nell'omonima via del centro storico di Bitonto, oggi consacrata a San Michele Arcangelo, che sono tornate ad avere il loro originale aspetto, non più offeso dai segni del tempo.
A renderlo noto è stata proprio la Confraternita di San Michele, che ha voluto ringraziare Dino Fioriello «per l'accurato restauro delle sculture lignee dell'Addolorata e del Cristo morto. Il suo minuzioso lavoro di recupero ha reso possibile il ritorno al loro antico splendore».
La storia delle due statue di legno è davvero molto antica e a riannodarne i fili è stato il professor Nicola Pice.
«Difficile poter dire con certezza chi possa essere stato l'autore delle due sculture lignee – ha detto Pice descrivendo le statue - nel caso dell'Addolorata forse non si sbaglierebbe di troppo nell'attribuire l'opera alla bottega napoletana di Francesco Citarelli o magari al suo allievo Pedace, che al gusto neoclassico agganciava una cromia smorzata dall'intervento delle sbiaccature, senza sottrarsi all'influsso della tradizione delle figure lignee da presepe, specie nell'accentuazione della interpretazione veristica dei tratti somatici (naso greco, occhi chiari ad ala di gabbiano, capigliatura ben dettagliata, viso largo e con zigomi alti) in uno al rifiuto della staticità della figurazione. Difatti questa scultura lignea, sotto il segno di un manierismo neoclassico, si lascia caratterizzare da una sobria ed elegante inclinazione del capo, dal gesto delle mani congiunte, come spesso è nella rappresentazione della Vergine Maria, dalla dolcezza dello sguardo e l'amabilità di un sorriso appena abbozzato, non patetico né in preda ad uno spasimo (come è tipico della scultura settecentesca dell'Addolorata), ma pieno di grazia, con il capo lievemente reclinato a destra, come in confidente atteggiamento di ascolto del suo orante, Lei, sempre la "piena di grazia", ricolma dell'amore di Dio, pur nella sofferenza del Figlio perduto».
Importante anche la genesi della seconda statua, molto più antica, che per la particolare conformazione degli arti, per molti potrebbe essere stata concepita originariamente per essere collocata su un crocifisso.
Per Pice si tratta in ogni caso «di una scultura lignea di ottima fattura collocabile alla fine del seicento è quella del Cristo sanguinolento deposto dalla croce, un Cristo che sorprende non poco per l'accurata resa naturalistica dei particolari e la sua notevole intensità drammatica. Segnato dal rigor mortis, con il capo reclino all'ingiù, le gambe non stese, ma arcuate come nel Cristo crocifisso, il braccio destro penzolante con la mano rattrappita, mentre il braccio sinistro poggia piegato sul ventre. L'accentuato naturalismo del volto sofferente e macilento, la folta capigliatura a balze e con profondi intagli ben disegnati, gli occhi infossati con l'arcata sopraciliare alta, gli zigomi pronunciati, le labbra appena dischiuse che lasciano intravedere la lingua e l'arcata superiore della dentatura, la barba bipartita, l'accurata forma delle pieghe del perizoma sono tutti elementi che, a mio parere, orientano per l'attribuzione dell'opera alla bottega degli Altieri. Difatti la forte accentuazione naturalistica che si scorge nelle mani vibranti attraversate da vene e nervi pulsanti, di contro al volto levigato, l'espressione e il pathos di questa scultura trovano immediati riscontri nelle sculture lignee realizzate nella bottega degli Altieri, il cui capostipite Filippo nacque ad Altamura nel 1646, mentre il figlio Mastro Carlo Cinzio muore nel 1729. L'attribuzione a tale bottega resta naturalmente un'ipotesi suggestiva, ma con molta probabilità di non sbagliare».
A renderlo noto è stata proprio la Confraternita di San Michele, che ha voluto ringraziare Dino Fioriello «per l'accurato restauro delle sculture lignee dell'Addolorata e del Cristo morto. Il suo minuzioso lavoro di recupero ha reso possibile il ritorno al loro antico splendore».
La storia delle due statue di legno è davvero molto antica e a riannodarne i fili è stato il professor Nicola Pice.
«Difficile poter dire con certezza chi possa essere stato l'autore delle due sculture lignee – ha detto Pice descrivendo le statue - nel caso dell'Addolorata forse non si sbaglierebbe di troppo nell'attribuire l'opera alla bottega napoletana di Francesco Citarelli o magari al suo allievo Pedace, che al gusto neoclassico agganciava una cromia smorzata dall'intervento delle sbiaccature, senza sottrarsi all'influsso della tradizione delle figure lignee da presepe, specie nell'accentuazione della interpretazione veristica dei tratti somatici (naso greco, occhi chiari ad ala di gabbiano, capigliatura ben dettagliata, viso largo e con zigomi alti) in uno al rifiuto della staticità della figurazione. Difatti questa scultura lignea, sotto il segno di un manierismo neoclassico, si lascia caratterizzare da una sobria ed elegante inclinazione del capo, dal gesto delle mani congiunte, come spesso è nella rappresentazione della Vergine Maria, dalla dolcezza dello sguardo e l'amabilità di un sorriso appena abbozzato, non patetico né in preda ad uno spasimo (come è tipico della scultura settecentesca dell'Addolorata), ma pieno di grazia, con il capo lievemente reclinato a destra, come in confidente atteggiamento di ascolto del suo orante, Lei, sempre la "piena di grazia", ricolma dell'amore di Dio, pur nella sofferenza del Figlio perduto».
Importante anche la genesi della seconda statua, molto più antica, che per la particolare conformazione degli arti, per molti potrebbe essere stata concepita originariamente per essere collocata su un crocifisso.
Per Pice si tratta in ogni caso «di una scultura lignea di ottima fattura collocabile alla fine del seicento è quella del Cristo sanguinolento deposto dalla croce, un Cristo che sorprende non poco per l'accurata resa naturalistica dei particolari e la sua notevole intensità drammatica. Segnato dal rigor mortis, con il capo reclino all'ingiù, le gambe non stese, ma arcuate come nel Cristo crocifisso, il braccio destro penzolante con la mano rattrappita, mentre il braccio sinistro poggia piegato sul ventre. L'accentuato naturalismo del volto sofferente e macilento, la folta capigliatura a balze e con profondi intagli ben disegnati, gli occhi infossati con l'arcata sopraciliare alta, gli zigomi pronunciati, le labbra appena dischiuse che lasciano intravedere la lingua e l'arcata superiore della dentatura, la barba bipartita, l'accurata forma delle pieghe del perizoma sono tutti elementi che, a mio parere, orientano per l'attribuzione dell'opera alla bottega degli Altieri. Difatti la forte accentuazione naturalistica che si scorge nelle mani vibranti attraversate da vene e nervi pulsanti, di contro al volto levigato, l'espressione e il pathos di questa scultura trovano immediati riscontri nelle sculture lignee realizzate nella bottega degli Altieri, il cui capostipite Filippo nacque ad Altamura nel 1646, mentre il figlio Mastro Carlo Cinzio muore nel 1729. L'attribuzione a tale bottega resta naturalmente un'ipotesi suggestiva, ma con molta probabilità di non sbagliare».