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Enti locali

La cooperativa che si occupa dei migranti del Maria Cristina reagisce alle accuse

«Attaccati e lasciati soli» nonostante la proposta di assumere i lavoratori dell'ASP e altre 20 persone

Impegnano circa 25 persone in pianta stabile ed hanno annunciato di voler assumere altre 30 persone con un progetto di rilancio che potrebbe letteralmente "salvare" l'Istituto Maria Cristina e i tanti lavoratori a rischio licenziamento e in attesa da mesi di decine di stipendi arretrati, ma la città non li vuole. Il motivo? Sono lo staff della cooperativa sociale individuata attraverso le procedure della Prefettura per attivare negli spazi dell'Azienda di Servizi alla Persona un progetto di prima accoglienza per i migranti. E la cooperativa "Costruiamo insieme", adesso, minaccia anche di andare altrove a portare la sua idea di accoglienza, con tutto l'indotto lavorativo che ha creato e che promette di ampliare. Il motivo sono le «travisazioni e errate interpretazioni» da parte della comunità e di alcune istituzioni del lavoro svolto all'interno dell'ASP, che aveva chiesto loro di elaborare una proposta progettuale di rilancio del Maria Cristina.

«Costruiamo Insieme non è alla ricerca di altre strutture né ha nei suoi progetti di crescita la logica dell'occupazione di spazi, che qualcuno vuole far passare come una operazione volta ad approfittare del disastro prodotto nel passato, all'interno del Maria Cristina di Savoia - tengono a specificare i responsabili - la Cooperativa ha solo risposto ad un invito dell'ASP a presentare proposte progettuali finalizzate al rilancio della struttura chiedendo una esposizione economica notevole a fronte della situazione strutturale determinata dallo stato di abbandono decennale di parti dell'Istituto».

Non ha di certo contribuito ad alleggerire il clima la falsa notizia, diffusa alcuni giorni fa, di un'aggressione con annessa violenza sessuale ai danni di una 16enne da parte di un uomo di colore – subito individuato dalla folla come uno degli ospiti del CAS – poi rivelatasi una bufala inventata dalla ragazzina per marinare la scuola.
La cooperativa tiene invece a precisare che «Costruiamo Insieme paga un canone di locazione che, aggiunto alle utenze, è pari a circa 120mila euro/anno per gli spazi nei quali è allocato il CAS di Bitonto, non del "Maria Cristina" come qualcuno ha sostenuto per fingere di essere impegnato sul settore dell'accoglienza e ha risposto ufficialmente alla richiesta pubblica dell'ASP proponendo un investimento di 200mila euro/anno per canoni di locazione per la riqualificazione e recupero di spazi in stato di abbandono e la ricollocazione di 30 unità lavorative fra personale dell'ASP in regime di distacco e personale da assumere sul territorio bitontino».
La richiesta è allora ad evitare di cercare a tutti i costi «il "mostro" che si alimenta di un business tutto presunto ed immaginario», con tanto di «attacchi ingiustificati e ingiustificabili (che però servono a fare notizia)», e iniziare a lavorare insieme per «allontanare pubblicamente ed in maniera ufficiale "fantasmi" utilizzati in maniera palesemente strumentale durante l'ultima campagna elettorale per le Amministrative e che sembrano tornare nell'imminenza della campagna elettorale per eleggere il nuovo Parlamento».

«A fronte di operatori economici che abbandonano il territorio, di potenziali investitori che preferiscono andare altrove – spiegano ancora dalla cooperativa - Costruiamo Insieme ha portato sul tavolo dell'Amministrazione bitontina la piena disponibilità a concertare una operazione di recupero e di rilancio del "Maria Cristina"».


«Fa specie e indigna – stigmatizzano i responsabili della cooperativa - che rappresentanti delle Istituzioni (Parlamentari, Consiglieri comunali o attivisti di movimenti politici) che, a differenza del cittadino comune dovrebbero mostrare un maggiore senso di responsabilità, probabilmente privi di argomenti altri da spendere, utilizzino questo argomento per strappare un pezzettino di visibilità che potrebbero guadagnarsi affrontando le questioni reali che affliggono il Paese».

Il rischio che la cooperativa decida di andare ad operare altrove è tutt'altro che remoto. «Non abbiamo alcun obbligo per continuare ad operare su un territorio che comincia a sembrarci ostile – specificano - visto il silenzio che ancora ci circonda. Se è vero, come ci è stato più volte detto a parole, che siamo potenzialmente una risorsa forse è arrivato il momento che qualcuno ufficializzi, in maniera palese, questa sua convinzione al solo fine di dare forza ad un percorso che, fin dall'inizio abbiamo immaginato dentro un ambito di condivisione. Un percorso che speriamo possa continuare a patto che ci siano le condizioni per guardare ad un futuro di lunga durata».
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