La Psicologa Francesca Cuoccio
La Psicologa Francesca Cuoccio
Attualità

La psicologia diventa social: il progetto di Francesca Cuoccio

La pagina Instagram che aiuta a comprendere meglio se stessi

Negli ultimi anni gli italiani ricercano sempre più la figura dello psicologo, 4 italiani su 10 hanno dichiarato di affidarsi a specialisti della salute mentale e soprattutto nell'ultimo anno la percentuale di cittadini che ha avuto la necessità di ricorrere all'analisi è passata dal 40% al 62%, lo ha dichiarato sanitainformazione.it.

Nonostante questo aumento molti trattano la psicologia con scetticismo, per questo la giovane dottoressa bitontina Francesca Cuoccio, laureata in Psicologia Clinica a Padova ha aperto un'originale pagina Instagram (@francescacuoccio_psicologa): colorata, accattivante e ricca di contenuti interessantissimi, per coinvolgere gli utenti e fare giusta informazione.
Francesca è iscritta all'Albo degli Psicologi della Puglia e attualmente frequenta il secondo anno dell'IIPR, la Scuola di specializzazione sistemico- familiare di Roma e contemporaneamente affianca una psicoterapeuta del consultorio di Bitonto per il percorso di tirocinio formativo di scuola. Per comprendere meglio il suo progetto BitontoViva l'ha intervistata.

Come può un argomento tanto complesso diventare social?
«La psicologia è tanto complessa, ma penso ci sia e ci debba essere un modo per renderla fruibile a tutti. Ecco, rendendola "social" sto provando a fare questo. Ho pensato che Instagram potesse esserne un valido veicolo, considerando che lo si usa ormai da tutti come metodo di ozio. All'inizio non ne ero convinta, c'è sempre il timore di sminuire questo tipo di professione, che va trattata con estrema delicatezza. Banalizzare la psicologia accade spesso; vedo tante pagine di psicologia che sono uno "spaccio" di aforismi, frasi da bacio perugina, frasi di circostanza che non fanno altro che alimentare concezioni sbagliate. Ma ne vedo anche tante altre che sono una continua ispirazione per me. Se esiste ancora (e probabilmente esisterà sempre) chi pensa che "tutti possano essere un po' psicologi" è perché probabilmente siamo noi professionisti i primi a farlo credere! Non li biasimo. La giusta informazione è importante: l'idea di informare per creare cambiamento, anche minimo, è lo scopo della mia pagina.».

La tua pagina Instagram è ricca di spunti e di riflessioni interessanti. Oltretutto è anche molto colorata. Quale risposta hai avuto dagli utenti?
«Leggere deve essere un piacere, deve "stuzzicare gli occhi". È facile annoiarsi leggendo post lunghi, tanto più su un social nato per essere "immagine". Ho pensato che utilizzare colori pastello e qualche sticker floreale potesse rendere i miei post più "appetibili", oltre che esteticamente riconoscibili. Mi piace l'idea che il taglio che ho dato alla pagina mi contraddistingua e che possa stimolare e coinvolgere chi mi segue. Dagli utenti ho avuto tanto riscontro positivo: son state apprezzate la chiarezza dei contenuti, la grafica, la semplicità e l'utilità della pagina, e ne sono tanto felice. Mi appaga sapere che si possa arrivare a tutti con un linguaggio semplice e tecnico allo stesso tempo. Mi appaga ancor più quando la gente mi ringrazia per questo, condivide i miei post, ma soprattutto crede in quello che scrivo e cerco di diffondere.».

Spesso la figura dello psicologo sconta stereotipi e pregiudizi, non veri. Come eliminarli?
«Eliminarli attraverso l'informazione, divulgare quanto più si possa. È importante chiarire quale sia il percorso professionale di uno psicologo e quanti anni ci vogliono per diventarlo, ma è importante soprattutto raccontare alle persone che son finiti i tempi del "ci va solo chi è matto". Si può andare in terapia per tanti motivi e nessuno è mai banale, perché ognuno è diverso e ha una propria storia. E poi la psicologia non si occupa solo di malessere, questo è un altro stereotipo legato all'idea che l'attività dello psicologo sia solo quella clinica. In realtà la psicologia investe tutta la vita della persona: la nutrizione, il design, il lavoro, il marketing, le neuroscienze, la società, la scuola…ogni professionista si specializza in una o più aree su cui si aggiorna continuamente per poter essere al passo con i tempi, con le innovazioni, con le scoperte scientifiche. Ormai è una professione trasversale.».

Quanto è importante conoscere se stessi?
«È importante per capire quali dinamiche interne ci muovono e perché ci muovono. È importante conoscere la propria storia (personale familiare relazionale), le proprie emozioni, saperle gestire e dar loro un significato. È importante soprattutto elaborare, per andare avanti ed esserne consapevoli. Ecco, credo che conoscere se stessi serva proprio a questo, ad essere consapevoli».

Perché non bisogna avere timore di aprirsi con un professionista?
«Perché un professionista non è un amico, è una figura specializzata nel settore. Un professionista è, e deve essere, esterno ai fatti per meglio conoscerti e aiutarti. Lo psicologo non dà la soluzione ai problemi, ne propone una lettura differente e dà al paziente gli strumenti per comprendere e gestire quelli futuri. Aiuta a conoscere meglio se stessi, per ricollegarmi alla domanda precedente. Non bisogna aver timore perché ciò che accade in seduta rimane in seduta. La stanza di terapia è lo "spazio sicuro" per eccellenza: tutto (o quasi) è concesso, non esiste giudizio, non esiste direttività, non esistono emozioni da dissimulare»

Quando hai capito che volevi fare la psicologa e quindi aiutare gli altri?
«Con tutta sincerità non c'è stato un momento in cui l'ho capito, semplicemente ho pensato che sarebbe stato uno dei pochi mestieri in cui non ci si annoia mai, in cui ogni giorno è diverso dall'altro, in cui evolvi insieme al paziente. È una costante scoperta e crescita e il percorso di specializzazione che sto facendo ora me ne sta dando la piena conferma. Dopo il liceo si è spesso molto spaesati, a meno che non si abbiano le idee ben chiare. Mi sono iscritta a Psicologia mossa da curiosità ed è stato l'unico test che ho provato. Ho iniziato a frequentare le lezioni e con i costanti tirocini ho capito che poteva essere il mio lavoro. È un percorso molto difficile e logorante per certi versi, se non perseveri sei fuori. E poi si, mi ha sempre affascinato tutto ciò che riguarda la comunicazione: è la natura dei legami, la base di ogni cosa».

Tra le persone che hai aiutato, qual è il caso che più ti è rimasto a cuore?
Il caso di una ragazza bulimica, di una sensibilità rara. Un giorno scendeva le scale verso i distributori automatici di cibo per fare un'abbuffata, ma mi incrociò e mortificata mi lasciò i suoi soldi così che li custodissi io. In quel momento ho capito che pian piano stava guarendo e soprattutto che si stava fidando di me. Ogni tanto mi scrive e mi aggiorna sulla sua vita. Non c'è cosa più bella.».
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