Cronaca
Omicidio Caprio, pena definitiva: Giampalmo condannato a 21 anni
La Cassazione ha confermato la decisione per l'assassinio del 40enne avvenuto nel 2021. L'ex pugile lo colpì a pugni per futili motivi
Bitonto - sabato 11 gennaio 2025
8.07
I giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione, giovedì, hanno confermato la condanna a 21 anni di reclusione nei confronti di Fabio Giampalmo, il 23enne di Bitonto a processo per l'omicidio di Paolo Caprio, ucciso a pugni davanti al bar della stazione di servizio Dill's di Bitonto poco più di quattro anni fa.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza emessa prima dalla Corte d'Assise di Bari il 12 giugno 2023 e successivamente dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari un anno dopo, rigettando la richiesta dei difensori di Giampalmo (e della stessa Procura Generale) di riqualificare il fatto come omicidio preterintenzionale. Quella notte, Giampalmo colpì Caprio con «una raffica letale di pugni» in pieno volto e al capo, come scritto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado.
I giudici d'appello, nella sentenza confermata giovedì dalla Cassazione, hanno rilevato «l'allarmante capacità a delinquere» di Giampalmo, considerato «soggetto particolarmente esperto nell'arte del combattimento» che «decideva di aggredire improvvisamente una vittima ignara di dovere subire, senza alcuna precedente discussione, dei colpi micidiali». Giampalmo non avrebbe mostrato «alcuna forma di resipiscenza», agendo «con la lucidità» e «non comune spregiudicatezza».
«La ragione che ha portato l'imputato ad aggredire il Caprio era banale» e l'unica colpa della vittima sarebbe stata quella «di sedersi alle spalle delle compagne di Giampalmo», condannato al risarcimento dei danni per i familiari della vittima costituiti parte civile, difesi dagli avvocati Massimo Chiusolo e Rossana Fallacara.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza emessa prima dalla Corte d'Assise di Bari il 12 giugno 2023 e successivamente dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari un anno dopo, rigettando la richiesta dei difensori di Giampalmo (e della stessa Procura Generale) di riqualificare il fatto come omicidio preterintenzionale. Quella notte, Giampalmo colpì Caprio con «una raffica letale di pugni» in pieno volto e al capo, come scritto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado.
I giudici d'appello, nella sentenza confermata giovedì dalla Cassazione, hanno rilevato «l'allarmante capacità a delinquere» di Giampalmo, considerato «soggetto particolarmente esperto nell'arte del combattimento» che «decideva di aggredire improvvisamente una vittima ignara di dovere subire, senza alcuna precedente discussione, dei colpi micidiali». Giampalmo non avrebbe mostrato «alcuna forma di resipiscenza», agendo «con la lucidità» e «non comune spregiudicatezza».
«La ragione che ha portato l'imputato ad aggredire il Caprio era banale» e l'unica colpa della vittima sarebbe stata quella «di sedersi alle spalle delle compagne di Giampalmo», condannato al risarcimento dei danni per i familiari della vittima costituiti parte civile, difesi dagli avvocati Massimo Chiusolo e Rossana Fallacara.