Cronaca
Guerra tra clan a Bitonto, tre arresti. Accusati degli omicidi Napoli e Dellino
In manette Giuseppe Digiacomantonio, Salvatore Ficarelli e Giosuè Perrelli, condannati a pene comprese fra i 20 e i 17 anni
Bitonto - lunedì 19 dicembre 2022
12.44
A distanza di 15 anni dai fatti - era l'estate del 2007 - la giustizia presenta il conto al 33enne Giuseppe Digiacomantonio, al 36enne Salvatore Ficarelli e al 41enne Giosuè Perrelli, condannati in via definitiva a pene comprese fra i 20 e i 17 anni di reclusione per due omicidi e un tentato omicidio di mafia commessi a Bitonto.
I Carabinieri hanno arrestato i tre, affiliati al clan Strisciuglio, eseguendo altrettanti ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale della Corte d'Appello del capoluogo, perché accusati del delitto di Vito Napoli del clan Conte. Ma non solo: sono i responsabili del tentato omicidio di Domenico Conte, dell'omicidio e del successivo occultamento del cadavere di Giuseppe Dellino, per la lotta alla supremazia tra il clan barese degli Strisciuglio e quello bitontino dei Conte-Cassano.
«Nel 2006-2007 avevamo sotto controllo più di una decina di zone - raccontò Arturo Amore, luogotenente degli Strisciuglio a Bitonto, divenuto collaboratore di giustizia -. Ci mancava solo Bitonto dove c'era il clan Conte molto forte sia militarmente che economicamente. E allora bisognava trovare una squadra di killer da mandare lì». Ma nell'agguato che gli fu teso, il 20 luglio 2007 in via Amendolagine, Conte rimase illeso e fu ucciso a colpi di mitra il suo fido guardaspalle Napoli.
I quattro a bordo dell'auto erano Digiacomantonio e Ficarelli, Giuseppe Ladisa (morto suicida nel carcere di San Severo nel 2009) e Giuseppe Dellino alla guida a cui, però, toccherà una triste sorte pochi giorni dopo. Il 29enne fu considerato dal gruppo inaffidabile e debole anche perché malato di sclerosi multipla. È Amore a chiudere il cerchio sulla storia. «Gli voglio bene - le sue parole -, però se viene preso ha proprio la volontà di andare a collaborare con la giustizia, a dire i fatti».
Dellino fu portato nelle campagne di Bitonto, in un casolare a Palombaio, e brutalmente ucciso con un colpo di pistola alla testa per mano di Perrelli, diventato l'uomo di fiducia del boss. Con l'aiuto di Digiacomantonio si occupò di occultare il corpo, gettandolo in un pozzo. Per anni è stato un caso di lupara bianca, finché i suoi resti furono ritrovati il 13 luglio 2013. Il corpo fu riconosciuto dagli occhiali da vista, dall'abbigliamento e dalla degenerazione ossea causata alla malattia.
A Digiacomantonio (era ai domiciliari a Bitonto), è stata inflitta una condanna a 20 anni, mentre a Ficarelli, recluso nel carcere di Spoleto, la pena inflitta è di 19 anni e 4 mesi. Infine Perrelli dovrà scontare una condanna di 17 anni: è stato scovato in un'abitazione di Cassano, dove si era rifugiato per sottrarsi alla cattura.
I Carabinieri hanno arrestato i tre, affiliati al clan Strisciuglio, eseguendo altrettanti ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale della Corte d'Appello del capoluogo, perché accusati del delitto di Vito Napoli del clan Conte. Ma non solo: sono i responsabili del tentato omicidio di Domenico Conte, dell'omicidio e del successivo occultamento del cadavere di Giuseppe Dellino, per la lotta alla supremazia tra il clan barese degli Strisciuglio e quello bitontino dei Conte-Cassano.
«Nel 2006-2007 avevamo sotto controllo più di una decina di zone - raccontò Arturo Amore, luogotenente degli Strisciuglio a Bitonto, divenuto collaboratore di giustizia -. Ci mancava solo Bitonto dove c'era il clan Conte molto forte sia militarmente che economicamente. E allora bisognava trovare una squadra di killer da mandare lì». Ma nell'agguato che gli fu teso, il 20 luglio 2007 in via Amendolagine, Conte rimase illeso e fu ucciso a colpi di mitra il suo fido guardaspalle Napoli.
I quattro a bordo dell'auto erano Digiacomantonio e Ficarelli, Giuseppe Ladisa (morto suicida nel carcere di San Severo nel 2009) e Giuseppe Dellino alla guida a cui, però, toccherà una triste sorte pochi giorni dopo. Il 29enne fu considerato dal gruppo inaffidabile e debole anche perché malato di sclerosi multipla. È Amore a chiudere il cerchio sulla storia. «Gli voglio bene - le sue parole -, però se viene preso ha proprio la volontà di andare a collaborare con la giustizia, a dire i fatti».
Dellino fu portato nelle campagne di Bitonto, in un casolare a Palombaio, e brutalmente ucciso con un colpo di pistola alla testa per mano di Perrelli, diventato l'uomo di fiducia del boss. Con l'aiuto di Digiacomantonio si occupò di occultare il corpo, gettandolo in un pozzo. Per anni è stato un caso di lupara bianca, finché i suoi resti furono ritrovati il 13 luglio 2013. Il corpo fu riconosciuto dagli occhiali da vista, dall'abbigliamento e dalla degenerazione ossea causata alla malattia.
A Digiacomantonio (era ai domiciliari a Bitonto), è stata inflitta una condanna a 20 anni, mentre a Ficarelli, recluso nel carcere di Spoleto, la pena inflitta è di 19 anni e 4 mesi. Infine Perrelli dovrà scontare una condanna di 17 anni: è stato scovato in un'abitazione di Cassano, dove si era rifugiato per sottrarsi alla cattura.