
Cronaca
Omicidio Tarantino, annullata la condanna a Conte. Ora un nuovo processo
Il boss fu condannato a 20 anni di reclusione. I giudici capitolini hanno annullato con rinvio anche la sentenza a carico di D'Elia
Bitonto - venerdì 7 marzo 2025
10.04
Si dovrà celebrare un nuovo processo d'appello per stabilire le responsabilità di Domenico Conte e di Alessandro D'Elia. Ieri, infatti, la quinta sezione penale della Cassazione ha nuovamente annullato le condanne a 20 anni per l'omicidio di Anna Rosa Tarantino e il tentato delitto di Giuseppe Casadibari, avvenuti nel 2017.
Si tratta della seconda volta in tre anni che la Suprema Corte interviene sulla vicenda: anche la precedente sentenza di secondo grado - sempre di condanna a 20 anni per entrambi - era stata annullata con rinvio, ma i giudici baresi l'avevano riconfermata. Questa volta, proprio come tre anni prima, la Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Dario Vannetiello (per il boss Conte) e Giuseppe Giulitto (per D'Elia), rinviando il giudizio ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Bari.
Vannetiello, subentrato a Giulia Bongiorno nella difesa di Conte, e Giulitto nei loro ricorsi hanno in particolare fatto leva sulle contraddizioni delle dichiarazioni dei tre collaboratori di giustizia (Michele Sabba, Rocco Papaleo, condannato a 13 anni e 8 mesi, e Vito Antonio Tarullo) che, nel processo, hanno tirato in ballo Conte e D'Elia: i giudici, secondo Giulitto, rimarcarono nelle loro dichiarazioni «delle macroscopiche incongruenze che riguardavano il nucleo essenziale del racconto».
I fatti risalgono al 30 dicembre 2017: Conte fu ritenuto il mandante dell'agguato in cui fu uccisa l'anziana sarta, mentre D'Elia avrebbe dato ai sicari il messaggio del boss. E anche sul fatto che il cellulare che - dalle dichiarazioni dei pentiti - sarebbe stato usato da Conte per parlare con D'Elia, ritenuto l'intermediario, quella mattina avesse agganciato numerose celle telefoniche, «in varie aree di Bitonto», ha raccontato Giulitto, nonostante Conte quella mattina fosse rimasto a casa.
«Appare indubbio - ha scritto in una nota l'avvocato Vannetiello - che il secondo annullamento partorito dalla Suprema Corte costituisce una sensibile elisione del teorema accusatorio che aveva individuato in Conte il mandante dell'azione omicidiaria, la quale aveva raggiunto, per un errore dei sicari, anche l'innocente Anna Rosa Tarantino». L'omicidio fu causato dalla faida tra i clan Cipriano e Conte in corso in quegli anni. E quella stessa mattina ci furono altri due agguati tra i clan.
Nel terzo rimase uccisa per errore Anna Rosa Tarantino. Otto anni più tardi, e dopo due sentenze di annullamento con rinvio da parte della Cassazione, sarà per la seconda volta instaurato un processo di merito, dinanzi ai giudici della Corte d'Appello di Bari. Le motivazioni saranno rese note entro il termine di 90 giorni.
Si tratta della seconda volta in tre anni che la Suprema Corte interviene sulla vicenda: anche la precedente sentenza di secondo grado - sempre di condanna a 20 anni per entrambi - era stata annullata con rinvio, ma i giudici baresi l'avevano riconfermata. Questa volta, proprio come tre anni prima, la Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Dario Vannetiello (per il boss Conte) e Giuseppe Giulitto (per D'Elia), rinviando il giudizio ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Bari.
Vannetiello, subentrato a Giulia Bongiorno nella difesa di Conte, e Giulitto nei loro ricorsi hanno in particolare fatto leva sulle contraddizioni delle dichiarazioni dei tre collaboratori di giustizia (Michele Sabba, Rocco Papaleo, condannato a 13 anni e 8 mesi, e Vito Antonio Tarullo) che, nel processo, hanno tirato in ballo Conte e D'Elia: i giudici, secondo Giulitto, rimarcarono nelle loro dichiarazioni «delle macroscopiche incongruenze che riguardavano il nucleo essenziale del racconto».
I fatti risalgono al 30 dicembre 2017: Conte fu ritenuto il mandante dell'agguato in cui fu uccisa l'anziana sarta, mentre D'Elia avrebbe dato ai sicari il messaggio del boss. E anche sul fatto che il cellulare che - dalle dichiarazioni dei pentiti - sarebbe stato usato da Conte per parlare con D'Elia, ritenuto l'intermediario, quella mattina avesse agganciato numerose celle telefoniche, «in varie aree di Bitonto», ha raccontato Giulitto, nonostante Conte quella mattina fosse rimasto a casa.
«Appare indubbio - ha scritto in una nota l'avvocato Vannetiello - che il secondo annullamento partorito dalla Suprema Corte costituisce una sensibile elisione del teorema accusatorio che aveva individuato in Conte il mandante dell'azione omicidiaria, la quale aveva raggiunto, per un errore dei sicari, anche l'innocente Anna Rosa Tarantino». L'omicidio fu causato dalla faida tra i clan Cipriano e Conte in corso in quegli anni. E quella stessa mattina ci furono altri due agguati tra i clan.
Nel terzo rimase uccisa per errore Anna Rosa Tarantino. Otto anni più tardi, e dopo due sentenze di annullamento con rinvio da parte della Cassazione, sarà per la seconda volta instaurato un processo di merito, dinanzi ai giudici della Corte d'Appello di Bari. Le motivazioni saranno rese note entro il termine di 90 giorni.