Cultura, Eventi e Spettacolo
Porta Baresana: anche gli ambienti interni accessibili ai visitatori
La proposta arriva dall'ex sindaco e presidente del Comitato Feste Patronali Nicola Pice
Bitonto - lunedì 11 febbraio 2019
08.00
Eliminare le tracce di umidità con un reale e organico intervento di restauro e permettere ai visitatori di poter ammirare la bellezza di un capolavoro di architettura militare in piedi da secoli anche dall'interno. È la proposta che arriva dall'ex sindaco di Bitonto, nonché presidente del Comitato Feste Patronali e della Fondazione De Palo Ungaro, Nicola Pice.
«Sarebbe davvero utopico – è la domanda del professore bitontino - pensare di rendere agibile questo spazio di straordinario impatto, una volta eliminate le tracce di umidità con adeguati interventi di impermeabilizzazione, e rendere possibile l'accesso, ovviamente da disciplinare per gruppi di cittadini e turisti interessati a visitare l'interno della Porta? Ne conseguirebbe la conoscenza di un tempo storico della nostra città e la fruizione di un punto di osservazione della città che si rivelerebbe un polo di attrazione turistica, cui accedere dietro pagamento di un biglietto, co la gestione affidata ai giovani del servizio civile».
I motivi sono presto spiegati. Per Nicola Pice, che è anche consigliere del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, è «davvero sorprendente lo straordinario impianto dell'interno del piano superiore di Porta Baresana. La costruzione della porta attuale risale al 1671, quando fu addossata a quella medievale, in parte visibile posteriormente, e accostata ad una torre quattrocentesca che faceva parte di una precedente cinta muraria. Tale datazione spiegherebbe l'originario stemma asburgico posto sulla fronte (sono ancor oggi leggibili i serti di foglie che lo circoscrivevano), con sottostante data, distribuita in due registri, artatamente oscurata poi quando tale stemma fu sostituito da quello sabaudo dopo l'unificazione d'Italia».
«Nel 1811 – continua il racconto di Pice - il Comune decise il restauro della porta seicentesca su progetto redatto dall'architetto Gimma, un progetto che tra l'altro meglio definiva l'intervento nel piano interno: "una stanza per abitazione sul comparto dell'androne, con una cucinetta sopra la porzione del corpo di guardia… e tra il pavimento di questo secondo piano e la copertura del corpo di guardia sarà formato altro compreso sotto la cucinetta per discendere dalla medesima ad uso e comodo della citata abitazione … il pavimento di stanza e cucinetta ad astrico … il lavoro coll'otto dente anche di pietra viva delle mostre delle porte dei cantoni degli scalini della lumaca". La scala a chiocciola ("gli scalini della lumaca") permette l'accesso a questi interni: in uno di essi si intravede la leva che movimentava la porta per la sua apertura e chiusura ed una finestra con vista sulla piazza, mentre nei vani laterali si aprono le due finestrelle per l'incavo dei quadranti degli orologi rivolti a mezzogiorno e a settentrione, realizzati nel maggio del 1836 dal barese Girolamo Vitucci, "montati a tre registri uno pel cammino, il secondo per le ore, il terzo per li quarti, con il registro del cammino a tre rotaggi, cioè della ruota maestra, della ruota corona e della serpentina, in ottone fuso e tornito, quello dei quarti a due rotaggi … due leve con corrispondenti braccioli di comunicazione fra la macchina ed i martelli della campana"».
Gli spazi in questione, assicura Pice, seppur angusti, permettono di essere visitati in piccoli gruppi di turisti, che potrebbero apprezzare la bellezza del monumento da una prospettiva completamente diversa, rimasta "segreta" a quasi tutti per secoli.
«Sarebbe davvero utopico – è la domanda del professore bitontino - pensare di rendere agibile questo spazio di straordinario impatto, una volta eliminate le tracce di umidità con adeguati interventi di impermeabilizzazione, e rendere possibile l'accesso, ovviamente da disciplinare per gruppi di cittadini e turisti interessati a visitare l'interno della Porta? Ne conseguirebbe la conoscenza di un tempo storico della nostra città e la fruizione di un punto di osservazione della città che si rivelerebbe un polo di attrazione turistica, cui accedere dietro pagamento di un biglietto, co la gestione affidata ai giovani del servizio civile».
I motivi sono presto spiegati. Per Nicola Pice, che è anche consigliere del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, è «davvero sorprendente lo straordinario impianto dell'interno del piano superiore di Porta Baresana. La costruzione della porta attuale risale al 1671, quando fu addossata a quella medievale, in parte visibile posteriormente, e accostata ad una torre quattrocentesca che faceva parte di una precedente cinta muraria. Tale datazione spiegherebbe l'originario stemma asburgico posto sulla fronte (sono ancor oggi leggibili i serti di foglie che lo circoscrivevano), con sottostante data, distribuita in due registri, artatamente oscurata poi quando tale stemma fu sostituito da quello sabaudo dopo l'unificazione d'Italia».
«Nel 1811 – continua il racconto di Pice - il Comune decise il restauro della porta seicentesca su progetto redatto dall'architetto Gimma, un progetto che tra l'altro meglio definiva l'intervento nel piano interno: "una stanza per abitazione sul comparto dell'androne, con una cucinetta sopra la porzione del corpo di guardia… e tra il pavimento di questo secondo piano e la copertura del corpo di guardia sarà formato altro compreso sotto la cucinetta per discendere dalla medesima ad uso e comodo della citata abitazione … il pavimento di stanza e cucinetta ad astrico … il lavoro coll'otto dente anche di pietra viva delle mostre delle porte dei cantoni degli scalini della lumaca". La scala a chiocciola ("gli scalini della lumaca") permette l'accesso a questi interni: in uno di essi si intravede la leva che movimentava la porta per la sua apertura e chiusura ed una finestra con vista sulla piazza, mentre nei vani laterali si aprono le due finestrelle per l'incavo dei quadranti degli orologi rivolti a mezzogiorno e a settentrione, realizzati nel maggio del 1836 dal barese Girolamo Vitucci, "montati a tre registri uno pel cammino, il secondo per le ore, il terzo per li quarti, con il registro del cammino a tre rotaggi, cioè della ruota maestra, della ruota corona e della serpentina, in ottone fuso e tornito, quello dei quarti a due rotaggi … due leve con corrispondenti braccioli di comunicazione fra la macchina ed i martelli della campana"».
Gli spazi in questione, assicura Pice, seppur angusti, permettono di essere visitati in piccoli gruppi di turisti, che potrebbero apprezzare la bellezza del monumento da una prospettiva completamente diversa, rimasta "segreta" a quasi tutti per secoli.