Cronaca
Processo agenzie di Rating: i giudici danno ragione al pm bitontino Michele Ruggiero
«Intrecci tra azionisti, manager, analisti in un'ottica di sicuro pregiudizio per l'Italia»
Bitonto - venerdì 29 settembre 2017
10.23
Gli imputati sono stati assolti, ma il tentativo dei testimoni di sviare le indagini e l'intenzione di azionisti, manager e analisti di danneggiare per motivi politici ed economici l'Italia è accertato. È questo il verdetto del processo per il declassamento di due "gradini" del rating sovrano dell'Italia del 2012 a carico di Standard & Poors curato dal pubblico ministero bitontino Michele Ruggiero.
La sentenza del tribunale ha infatti evidenziato «i profili di incompetenza degli analisti e di quelli del debito sovrano in particolare: gli stessi profili di criticità evidenziati da Pierdicchi (all'epoca dei fatti AD di S&P Italia, ndr) al presidente mondiale di S&P, Deven Sharma» emersi in un'intercettazione telefonica. Sharma "è dunque consapevole della inadeguatezza degli analisti del debito sovrano". Lo scrive il Tribunale di Trani assolvendo gli imputati
Le motivazioni sull'esito del processo per manipolazione del mercato nei confronti di analisti e manager di S&P sul declassamento di due notch dell'Italia (da A a BBB+) del 2012, conclusosi il 30 marzo scorso con l'assoluzione di tutti gli imputati, «hanno fatto emergere» gli «intrecci tra azionisti, manager, analisti, dirigenti del Tesoro, banche di affari e agenzie di rating», ma non ha «consentito di delinearne in maniera definitiva i confini proprio per la 'reticenza' manifestata da alcuni testi». Secondo i giudici del Tribunale di Trani, i testimoni avrebbero dovuto avere, invece, «il dovere - si legge nelle 315 pagine della sentenza riprese dall'Ansa - di fornire una più ampia e sincera collaborazione, frenata o da interessi personali o da interessi di natura politica in un chiaro tentativo di frammentare le singole condotte, ostacolando l'accertamento dell'elemento soggettivo del reato e, ancor prima, ostacolando la riconduzione a un disegno unitario di tutte le condotte, anche di quelle antecedenti all'azione del rating del 13 gennaio 2012, in un'ottica di sicuro pregiudizio per l'Italia, descritto dalla dirigente del debito pubblico Maria Cannata».
«In un contesto di velata, ma sostanziale, reticenza - annota il Tribunale - dettata da interessi di natura personale commisti a compiacenza nei confronti di S&P, di cui hanno tratto vantaggi per la loro carriera, si collocano le testimonianze della general manager Maria Pierdicchi (all'epoca dei fatti AD per l'Italia dell'agenzia di rating, ndr) e dell'analista bancario Renato Panichi».
La sentenza del tribunale ha infatti evidenziato «i profili di incompetenza degli analisti e di quelli del debito sovrano in particolare: gli stessi profili di criticità evidenziati da Pierdicchi (all'epoca dei fatti AD di S&P Italia, ndr) al presidente mondiale di S&P, Deven Sharma» emersi in un'intercettazione telefonica. Sharma "è dunque consapevole della inadeguatezza degli analisti del debito sovrano". Lo scrive il Tribunale di Trani assolvendo gli imputati
Le motivazioni sull'esito del processo per manipolazione del mercato nei confronti di analisti e manager di S&P sul declassamento di due notch dell'Italia (da A a BBB+) del 2012, conclusosi il 30 marzo scorso con l'assoluzione di tutti gli imputati, «hanno fatto emergere» gli «intrecci tra azionisti, manager, analisti, dirigenti del Tesoro, banche di affari e agenzie di rating», ma non ha «consentito di delinearne in maniera definitiva i confini proprio per la 'reticenza' manifestata da alcuni testi». Secondo i giudici del Tribunale di Trani, i testimoni avrebbero dovuto avere, invece, «il dovere - si legge nelle 315 pagine della sentenza riprese dall'Ansa - di fornire una più ampia e sincera collaborazione, frenata o da interessi personali o da interessi di natura politica in un chiaro tentativo di frammentare le singole condotte, ostacolando l'accertamento dell'elemento soggettivo del reato e, ancor prima, ostacolando la riconduzione a un disegno unitario di tutte le condotte, anche di quelle antecedenti all'azione del rating del 13 gennaio 2012, in un'ottica di sicuro pregiudizio per l'Italia, descritto dalla dirigente del debito pubblico Maria Cannata».
«In un contesto di velata, ma sostanziale, reticenza - annota il Tribunale - dettata da interessi di natura personale commisti a compiacenza nei confronti di S&P, di cui hanno tratto vantaggi per la loro carriera, si collocano le testimonianze della general manager Maria Pierdicchi (all'epoca dei fatti AD per l'Italia dell'agenzia di rating, ndr) e dell'analista bancario Renato Panichi».