Cultura, Eventi e Spettacolo
Stasera a Bitonto in scena il Miles Gloriosus di Plauto
Al teatro Traetta l'opera della regista Marinella Anaclerio
Bitonto - venerdì 10 gennaio 2020
9.38
Stasera alle 21 al Teatro Traetta di Bitonto, per la stagione 2019_2020 del Comune di Bitonto in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, sarà in scena il Miles Gloriosus di Plauto, tradotto e diretto da Marinella Anaclerio, con l'affiatato cast composto da Flavio Albanese, Stella Addario, Valentina Bonafoni Claudio Castrogiovanni, Loris Leoci, Tony Marzolla, Luigi Moretti, Dino Parrotta, Alessia Raccichini la scena di Pino Pipoli, i costumi di Stefania Cempini e il disegno luci di Mauro Marasà.
Lo spettacolo, si avvale di una nuova traduzione della celebre opera plautina ad opera della stessa regista Marinella Anaclerio, il cui valore è stato riconosciuto ed apprezzato anche in ambito universitario. Lo spettacolo ha debuttato nell'estate del 2018 al Festival di Velia e ha partecipato con grande successo di pubblico e critica allo storico Festival plautino di Sarsina
Marinella Anaclerio ed Antonella Carone, grazie al lavoro sul Miles, hanno partecipato, in qualità di relatrici, per ben due edizioni al Convegno Internazionale - Ludi Plautini Sarsinates – organizzato dall'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
«Pirgopolinice è un fantastico sbruffone – spiega la Anaclerio parlando dell'opera - un gioioso pavone, esagerato spudorato vitale. La distanza tra ciò che è e ciò che crede di essere è tale da irritare profondamente chiunque abbia un po' di buon senso. Ci sono tempi in cui un personaggio come il suo, perfino sulla scena è troppo, risulta distante da qualsiasi possibilità di riflesso nella realtà, senza dunque il mordente necessario per far scattare nello spettatore quel meccanismo di godimento nel veder messo in ridicolo un vizio che subisce. Ci sono tempi invece ahimè in cui la realtà supera di gran lunga la favola e il povero Pirgopolinice è un ritratto a tinte forti di ben più consapevoli e colpevoli vantoni... In una Efeso simile all'originale quanto l'ambientazione di certi western spaghetti al far west, si consuma la tragicomica truffa di un gruppo di sfaccendati di vario genere ai danni di un soldato che ha due debolezze: le donne, meglio se sposate, ed essere adulato. Ha una divisa, dunque un potere, e molti soldi, che dispensa generosamente per soddisfare questi peccatucci. Do ut des. Normale. Perché tutti dunque lo odiano? Ha rapito e tiene segregata una giovane meretrice, e non fa altro che millantare meriti ed imprese. Tutti fingono simpatia e perfino amore per lui per aver qualcosa in più di ciò che gli spetta, tutti pronti a godere nell'improvvisare vere e proprie recite in favore del credulo pavone, ma pavoneggiandosi a loro volta della loro abilità nel sostenere il ruolo stabilito: l'amico fidato, il servo fedele, il vicino premuroso, la fidanzata amorevole e così via. Così la strada diventa scena e il teatro da mezzo diventa fine e le parole di Giulietta si mescolano a quelle di Ofelia in un pout pourry da serata d'onore. Ne risulta una gara tra attori consumati dove l'unico spettatore pagante in conclusione, viene imbrogliato, derubato e malmenato. L'eccesso è sempre un vizio...a prescindere dal contesto. Non si può certo definire Plauto un moralista di quelli che per punire il vizio chiama in causa la virtù, semmai un cinico commediante, che da commediante racconta di gente che non vedendo in giro molti ideali per cui valga la pena essere coerenti, cerca di sopravvivere e divertirsi, e forse anche di vendicarsi un po' di essere costretta a recitare per vivere...Ed è questo piacere dell'attore, questo gusto per la citazione teatrale, sempre in agguato nel testo, che ha comportato per me il principale obbiettivo nel costruire il gioco scenico. Insomma, una commedia adatta ai tempi di grandi commedianti in cui viviamo. La struttura linguistica delle commedie plautine è incredibilmente varia: parti in prosa, recitativi ed "arie" i cantica appunto, dei quali le partiture sono andate perdute. Ho cercato di rendere tale ricchezza lavorando ad una traduzione drammaturgica, cioè una traduzione che fosse già una proposta di regia, forzando in alcuni casi l'assetto di un personaggio in funzione della resa generale del testo».
Lo spettacolo, si avvale di una nuova traduzione della celebre opera plautina ad opera della stessa regista Marinella Anaclerio, il cui valore è stato riconosciuto ed apprezzato anche in ambito universitario. Lo spettacolo ha debuttato nell'estate del 2018 al Festival di Velia e ha partecipato con grande successo di pubblico e critica allo storico Festival plautino di Sarsina
Marinella Anaclerio ed Antonella Carone, grazie al lavoro sul Miles, hanno partecipato, in qualità di relatrici, per ben due edizioni al Convegno Internazionale - Ludi Plautini Sarsinates – organizzato dall'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
«Pirgopolinice è un fantastico sbruffone – spiega la Anaclerio parlando dell'opera - un gioioso pavone, esagerato spudorato vitale. La distanza tra ciò che è e ciò che crede di essere è tale da irritare profondamente chiunque abbia un po' di buon senso. Ci sono tempi in cui un personaggio come il suo, perfino sulla scena è troppo, risulta distante da qualsiasi possibilità di riflesso nella realtà, senza dunque il mordente necessario per far scattare nello spettatore quel meccanismo di godimento nel veder messo in ridicolo un vizio che subisce. Ci sono tempi invece ahimè in cui la realtà supera di gran lunga la favola e il povero Pirgopolinice è un ritratto a tinte forti di ben più consapevoli e colpevoli vantoni... In una Efeso simile all'originale quanto l'ambientazione di certi western spaghetti al far west, si consuma la tragicomica truffa di un gruppo di sfaccendati di vario genere ai danni di un soldato che ha due debolezze: le donne, meglio se sposate, ed essere adulato. Ha una divisa, dunque un potere, e molti soldi, che dispensa generosamente per soddisfare questi peccatucci. Do ut des. Normale. Perché tutti dunque lo odiano? Ha rapito e tiene segregata una giovane meretrice, e non fa altro che millantare meriti ed imprese. Tutti fingono simpatia e perfino amore per lui per aver qualcosa in più di ciò che gli spetta, tutti pronti a godere nell'improvvisare vere e proprie recite in favore del credulo pavone, ma pavoneggiandosi a loro volta della loro abilità nel sostenere il ruolo stabilito: l'amico fidato, il servo fedele, il vicino premuroso, la fidanzata amorevole e così via. Così la strada diventa scena e il teatro da mezzo diventa fine e le parole di Giulietta si mescolano a quelle di Ofelia in un pout pourry da serata d'onore. Ne risulta una gara tra attori consumati dove l'unico spettatore pagante in conclusione, viene imbrogliato, derubato e malmenato. L'eccesso è sempre un vizio...a prescindere dal contesto. Non si può certo definire Plauto un moralista di quelli che per punire il vizio chiama in causa la virtù, semmai un cinico commediante, che da commediante racconta di gente che non vedendo in giro molti ideali per cui valga la pena essere coerenti, cerca di sopravvivere e divertirsi, e forse anche di vendicarsi un po' di essere costretta a recitare per vivere...Ed è questo piacere dell'attore, questo gusto per la citazione teatrale, sempre in agguato nel testo, che ha comportato per me il principale obbiettivo nel costruire il gioco scenico. Insomma, una commedia adatta ai tempi di grandi commedianti in cui viviamo. La struttura linguistica delle commedie plautine è incredibilmente varia: parti in prosa, recitativi ed "arie" i cantica appunto, dei quali le partiture sono andate perdute. Ho cercato di rendere tale ricchezza lavorando ad una traduzione drammaturgica, cioè una traduzione che fosse già una proposta di regia, forzando in alcuni casi l'assetto di un personaggio in funzione della resa generale del testo».