Cronaca
Tesoro di Devanna, gli eredi: «Nessuna indagine, nessun sequestro»
In una nota, gli avvocati Coletti e Somma puntano a «ristabilire la verità dei fatti e riabilitare la figura del professore, grande mecenate e appassionato d'arte»
Bitonto - domenica 24 luglio 2022
13.28
Un comunicato stampa «necessario e opportuno» che ha l'obiettivo di «rassegnare alcune precisazioni in ordine alla verità degli accadimenti narrati, ripristinando la verità storica degli stessi, e al fine di offrire della persona del professor Mino Devanna e delle attività dallo stesso svolte, una lettura vera ed onesta».
Gli eredi del professor "Mino" non ci stanno e in merito alle notizie diffuse dalla Guardia di Finanza e dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale il 21 luglio scorso, relative ai reperti rivenuti nell'abitazione dello stesso Devanna a seguito della sua morte avvenuta a Bitonto il 30 luglio dello scorso anno, i fratelli ed eredi del professore hanno dato mandato agli avvocati Michele Coletti e Damiano Somma di diffondere un comunicato stampa di precisazioni.
«Nessuno dei nostri assistiti e rappresentati - si legge nella nota - risulta sottoposto a indagini di natura penale. Alcun provvedimento di sequestro è ancora in essere, trattandosi di vicenda definita mesi orsono con un provvedimento di restituzione dei beni agli aventi diritto. Le modalità attraverso le quali sono state riportate dagli organi di stampa, notizie afferenti assunti "ritrovamenti di tesori nascosti e occultati a Enti e/o privati", al di là degli elementi sensazionalistici che si sono voluti inferire nei confronti dei lettori, risultano essere non vere e prive di fondamento.
Invero, gli eredi nostri assistiti, subito dopo l'apertura del testamento, in ossequio alle ultime volontà del professor Devanna che ricordava e raccomandava loro la destinazione dei numerosi reperti artistici (quadri e reperti archeologici) presso musei statali e/o istituti, con l'obbligo di curarne la loro esposizione al pubblico, con particolare riferimento ad un reperto rimasto ancora imballato e di cui quindi si sconosceva la identità, raccomandava che lo stesso venisse riportato al posto "dove gli spetta" senza precisare altro.
Gli eredi conseguentemente informavano di tanto la locale sezione della Guardia di Finanza di Bitonto, che interessava tutti gli altri Enti preposti. Dopo gli opportuni approfondimenti, liberato il reperto dagli imballaggi, si scopriva che lo stesso era costituito da una statua lignea del 1300 raffigurante la "Madonna in trono col bambino" già presente presso la Chiesa di Sant'Egidio Abate di Cerqueto (frazione di Fano Adriano in provincia di Teramo).
Successivamente gli eredi Devanna si rendevano altresì disponibili acché gli organi interessati visionassero tutti i reperti oggetto del lascito testamentario, ivi compresi 231 reperti archeologici, precisando che gli stessi erano stati già catalogati, da oltre vent'anni, dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Taranto e detenuti presso l'abitazione del Devanna su autorizzazione dello stesso Ente.
Nel corso delle operazioni di verifica, interpellata dai Devanna, interveniva anche la dottoressa Ceci, responsabile degli Uffici della Soprintendenza di Taranto, che confermava quanto innanzi rassegnato.
A seguito delle operazioni di verifica e riscontro dei reperti, si riscontrava che soltanto 7 di essi, a fronte di circa 300 analizzati, appartenevano a privati. Seguiva quindi, come detto innanzi, un provvedimento di dissequestro di tutti gli altri reperti, lasciati sempre e comunque in affidamento degli eredi Devanna.
Questi i fatti accaduti che, oltre ad essere stati definiti nel pieno rispetto delle procedure e della normativa posta a presidio e tutela dei beni, non giustificano le infondate asserzioni, valutazioni e affermazioni comparse sugli organi di stampa con evidente pregiudizio per la figura del professor Devanna.
Mino Devanna è stato solo e soltanto un grande mecenate e soprattutto un grande appassionato di arte, di valori artistici, della "bellezza culturale", che nella lunga esperienza di vita gli hanno consentito di raccogliere, sì innumerevoli reperti artistici ma solo per destinarli giammai a profitto personale, bensì a enti pubblici, al fine di consentire a tutti di poterli ammirare e "godere" della loro intrinseca bellezza.
Trattare il professor Devanna, così come è stato fatto, sia pure attraverso artificiose ed indirette valutazioni, come "un rigattiere qualunque", è un fatto che oltre ad offendere la verità storica, infligge un immeritato pregiudizio alla personalità umana e culturale che ha sempre animato la vita del professor Devanna, giammai giustificata da sentimenti lucrativi bensì stigmatizzata dalla esclusiva volontà di consegnare (gratuitamente) a tutti la possibilità di apprezzare i grandi tesori artistici del nostro Paese, ed in particolare di quelli di cui, nella sua veste e multiforme attività professionale, era venuto in possesso.
È necessario, quindi, che gli stessi organi di informazione si facciano carico, oltre che di ristabilire la verità dei fatti, anche di "riabilitare" la figura del professor Devanna che, a differenza di molti altri, si è distinto, non già per un accaparramento indiscriminato di opere, reperti e valori artistici a fini di arricchimento personale, bensì per aver donato tutto quanto raccolto nelle due attività a Enti e Istituzioni pubbliche;
Si pensi in particolare alla Galleria Nazionale della Puglia "Devanna", unica nel sud Italia (che senza le cospicue donazioni dello stesso non sarebbe esistita) e soprattutto alle perentorie dichiarazioni scolpite nella parte finale del suo testamento: "Lascio alla Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna, sita in Bitonto alla piazza Cavour, tutti i dipinti ed i reperti archeologici contenuti nella mia abitazione con l'obbligo di curare la loro esposizione al pubblico"».
Gli eredi del professor "Mino" non ci stanno e in merito alle notizie diffuse dalla Guardia di Finanza e dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale il 21 luglio scorso, relative ai reperti rivenuti nell'abitazione dello stesso Devanna a seguito della sua morte avvenuta a Bitonto il 30 luglio dello scorso anno, i fratelli ed eredi del professore hanno dato mandato agli avvocati Michele Coletti e Damiano Somma di diffondere un comunicato stampa di precisazioni.
«Nessuno dei nostri assistiti e rappresentati - si legge nella nota - risulta sottoposto a indagini di natura penale. Alcun provvedimento di sequestro è ancora in essere, trattandosi di vicenda definita mesi orsono con un provvedimento di restituzione dei beni agli aventi diritto. Le modalità attraverso le quali sono state riportate dagli organi di stampa, notizie afferenti assunti "ritrovamenti di tesori nascosti e occultati a Enti e/o privati", al di là degli elementi sensazionalistici che si sono voluti inferire nei confronti dei lettori, risultano essere non vere e prive di fondamento.
Invero, gli eredi nostri assistiti, subito dopo l'apertura del testamento, in ossequio alle ultime volontà del professor Devanna che ricordava e raccomandava loro la destinazione dei numerosi reperti artistici (quadri e reperti archeologici) presso musei statali e/o istituti, con l'obbligo di curarne la loro esposizione al pubblico, con particolare riferimento ad un reperto rimasto ancora imballato e di cui quindi si sconosceva la identità, raccomandava che lo stesso venisse riportato al posto "dove gli spetta" senza precisare altro.
Gli eredi conseguentemente informavano di tanto la locale sezione della Guardia di Finanza di Bitonto, che interessava tutti gli altri Enti preposti. Dopo gli opportuni approfondimenti, liberato il reperto dagli imballaggi, si scopriva che lo stesso era costituito da una statua lignea del 1300 raffigurante la "Madonna in trono col bambino" già presente presso la Chiesa di Sant'Egidio Abate di Cerqueto (frazione di Fano Adriano in provincia di Teramo).
Successivamente gli eredi Devanna si rendevano altresì disponibili acché gli organi interessati visionassero tutti i reperti oggetto del lascito testamentario, ivi compresi 231 reperti archeologici, precisando che gli stessi erano stati già catalogati, da oltre vent'anni, dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Taranto e detenuti presso l'abitazione del Devanna su autorizzazione dello stesso Ente.
Nel corso delle operazioni di verifica, interpellata dai Devanna, interveniva anche la dottoressa Ceci, responsabile degli Uffici della Soprintendenza di Taranto, che confermava quanto innanzi rassegnato.
A seguito delle operazioni di verifica e riscontro dei reperti, si riscontrava che soltanto 7 di essi, a fronte di circa 300 analizzati, appartenevano a privati. Seguiva quindi, come detto innanzi, un provvedimento di dissequestro di tutti gli altri reperti, lasciati sempre e comunque in affidamento degli eredi Devanna.
Questi i fatti accaduti che, oltre ad essere stati definiti nel pieno rispetto delle procedure e della normativa posta a presidio e tutela dei beni, non giustificano le infondate asserzioni, valutazioni e affermazioni comparse sugli organi di stampa con evidente pregiudizio per la figura del professor Devanna.
Mino Devanna è stato solo e soltanto un grande mecenate e soprattutto un grande appassionato di arte, di valori artistici, della "bellezza culturale", che nella lunga esperienza di vita gli hanno consentito di raccogliere, sì innumerevoli reperti artistici ma solo per destinarli giammai a profitto personale, bensì a enti pubblici, al fine di consentire a tutti di poterli ammirare e "godere" della loro intrinseca bellezza.
Trattare il professor Devanna, così come è stato fatto, sia pure attraverso artificiose ed indirette valutazioni, come "un rigattiere qualunque", è un fatto che oltre ad offendere la verità storica, infligge un immeritato pregiudizio alla personalità umana e culturale che ha sempre animato la vita del professor Devanna, giammai giustificata da sentimenti lucrativi bensì stigmatizzata dalla esclusiva volontà di consegnare (gratuitamente) a tutti la possibilità di apprezzare i grandi tesori artistici del nostro Paese, ed in particolare di quelli di cui, nella sua veste e multiforme attività professionale, era venuto in possesso.
È necessario, quindi, che gli stessi organi di informazione si facciano carico, oltre che di ristabilire la verità dei fatti, anche di "riabilitare" la figura del professor Devanna che, a differenza di molti altri, si è distinto, non già per un accaparramento indiscriminato di opere, reperti e valori artistici a fini di arricchimento personale, bensì per aver donato tutto quanto raccolto nelle due attività a Enti e Istituzioni pubbliche;
Si pensi in particolare alla Galleria Nazionale della Puglia "Devanna", unica nel sud Italia (che senza le cospicue donazioni dello stesso non sarebbe esistita) e soprattutto alle perentorie dichiarazioni scolpite nella parte finale del suo testamento: "Lascio alla Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna, sita in Bitonto alla piazza Cavour, tutti i dipinti ed i reperti archeologici contenuti nella mia abitazione con l'obbligo di curare la loro esposizione al pubblico"».