Territorio e Ambiente
Verde pubblico a Bitonto: è allarme per i lecci delle frazioni
Le condizioni degli alberi peggiorano costantemente. I residenti chiedono interventi urgenti
Bitonto - giovedì 3 settembre 2020
10.10
Custodi preziosi e silenziosi di un secolo di vita comune che adesso rischiano di chiudere per sempre i loro occhi rivolti da sempre sulle piazze simbolo di Mariotto e Palombaio. È il destino cui sembrano andare incontro diversi lecci di piazza Roma e piazza Milite Ignoto, la cui chioma continua a rinsecchire nonostante le proteste di quanti frequentano questi due importanti spazi comuni.
L'ultima denuncia arriva da Mariotto, attraverso uno dei residenti della frazione, Michele De Palma.
«La grande Piazza di Mariotto – spiega De Palma rispolverando la storia di quegli alberi - era un enorme spazio vuoto con un grande avvallamento centrale nel quale per 7-8 mesi all'anno si raccoglieva l'acqua piovana, un vero laghetto che, diventando stagnante, era un pericolo per la salute dei paesani. Nel 1920 il Consiglio Comunale di Bitonto deliberò di livellare e sistemare questo enorme spazio. Per tre mesi tutti i traini del paese e i disoccupati furono adibiti al trasporto di pietre recuperati nella contrada di Marazzid. Finito il livellamento anche con riporto di terreno, qualcuno ebbe un'idea: perché tutt'intorno non ci piantiamo tre belle file di alberi? Furono scelti i lecci della famiglia delle querce, tipica pianta del nostro territorio. Ogni famiglia adottò una pianta e la curò amorevolmente con acqua e letame finchè non diventò adulta e rigogliosa».
«Oggi le abbiamo ereditate noi – sottolinea De Palma - dobbiamo averne cura perché ognuno di questi alberi ci ricorda i nostri padri e i padri dei nostri padri. Se i lecci della piazza potessero parlare ci racconterebbero un secolo di storia di Mariotto. Ci parlerebbero delle nascite e delle morti annunciati nella piazza; degli odi e degli amori nati allo loro ombra; dei cortei matrimoniali e di quelli funebri nella grande strada adiacente. Ci parlerebbero di quelli che non ci sono più e di quelli andati via, quelli che ogni tanto ritornano e quelli che non siederanno più sulle panche all'ombra degli alberi».
«Oggi osservano silenziosi i bambini – prosegue il residente di Mariotto - che si divertono sulle giostrine, quelli che diventeranno gli uomini di domani, e fanno ombra a quegli uomini che domani non ci saranno più. Ma oggi la morte aleggia su alcuni di quei lecci; una malattia che dagli alberi ammalati rischia di estendersi a quelli sani; una pandemia vegetale che preannuncia la morte. Guai se quegli alberi ammalati dovessero morire! Con loro morirebbero i ricordi dei nostri avi; dei nostri padri e dei padri dei nostri padri. La loro morte cancellerebbe un secolo di storia!».
L'ultima denuncia arriva da Mariotto, attraverso uno dei residenti della frazione, Michele De Palma.
«La grande Piazza di Mariotto – spiega De Palma rispolverando la storia di quegli alberi - era un enorme spazio vuoto con un grande avvallamento centrale nel quale per 7-8 mesi all'anno si raccoglieva l'acqua piovana, un vero laghetto che, diventando stagnante, era un pericolo per la salute dei paesani. Nel 1920 il Consiglio Comunale di Bitonto deliberò di livellare e sistemare questo enorme spazio. Per tre mesi tutti i traini del paese e i disoccupati furono adibiti al trasporto di pietre recuperati nella contrada di Marazzid. Finito il livellamento anche con riporto di terreno, qualcuno ebbe un'idea: perché tutt'intorno non ci piantiamo tre belle file di alberi? Furono scelti i lecci della famiglia delle querce, tipica pianta del nostro territorio. Ogni famiglia adottò una pianta e la curò amorevolmente con acqua e letame finchè non diventò adulta e rigogliosa».
«Oggi le abbiamo ereditate noi – sottolinea De Palma - dobbiamo averne cura perché ognuno di questi alberi ci ricorda i nostri padri e i padri dei nostri padri. Se i lecci della piazza potessero parlare ci racconterebbero un secolo di storia di Mariotto. Ci parlerebbero delle nascite e delle morti annunciati nella piazza; degli odi e degli amori nati allo loro ombra; dei cortei matrimoniali e di quelli funebri nella grande strada adiacente. Ci parlerebbero di quelli che non ci sono più e di quelli andati via, quelli che ogni tanto ritornano e quelli che non siederanno più sulle panche all'ombra degli alberi».
«Oggi osservano silenziosi i bambini – prosegue il residente di Mariotto - che si divertono sulle giostrine, quelli che diventeranno gli uomini di domani, e fanno ombra a quegli uomini che domani non ci saranno più. Ma oggi la morte aleggia su alcuni di quei lecci; una malattia che dagli alberi ammalati rischia di estendersi a quelli sani; una pandemia vegetale che preannuncia la morte. Guai se quegli alberi ammalati dovessero morire! Con loro morirebbero i ricordi dei nostri avi; dei nostri padri e dei padri dei nostri padri. La loro morte cancellerebbe un secolo di storia!».